Nacque a Cesena il 1º aprile 1885,[1] figlio di Alessandro e Cleofe Pasini, e si arruolò nel Regio Esercito ottenendo il grado di sottotenente nel 1905. Promosso al grado di tenente nel 1911, quando si trovava presso il Collegio Militare di Napoli, l'anno successivo partì per la Cirenaica,[1] combattendo in seno al 93°Reggimentofanteria. Ritornò in Patria nel corso del 1914 con la promozione al grado di capitano, assegnato al 18º Reggimento fanteria.[1]
Dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, il 10 giugno 1940, mantenne il comando della divisione, che il 14 marzo 1941 fu imbarcata per raggiungere l'Albania[5] per partecipare agli scontri conclusivi della campagna di Grecia.[5] Dopo la sconfitta dell'esercito greco nell'aprile dello stesso anno, egli fu trasferito[5] sul fronte nordafricano,[6] assegnato al comando del XXI Corpo d'armata.[6] Durante la campagna africana fu inoltre uno degli uomini di fiducia[7] di Erwin Rommel[7] e capo di Delease (l'emanazione del Comando Supremo Italiano in Africa Settentrionale), fino al suo rimpatrio il 14 ottobre 1942. A quell'epoca risultava decorato con una quarta Medaglia d'argento e una terza di Bronzo al valor militare, e con il titolo di Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia, ed era stato promosso al grado di Generale di corpo d'armata in data 20 febbraio dello stesso anno.
Il 26 ottobre 1942 riassunse[8] il comando del XXI Corpo d'armata,[9] su esplicita richiesta del generale Rommel,[10] nell'imminenza della seconda battaglia di El Alamein.[4] Dopo la sconfitta dell'armata italo-tedesca rimase a comandare le unità superstiti del suo corpo d'armata fino ai primi mesi del 1943,[9] quando in seguito alla ormai inevitabile perdita del fronte nordafricano, fu evacuato in Italia.
Dal 21 febbraio 1943 fu destinato al comando della 1ª armata. Dal 28 febbraio ritornò a Roma a disposizione del ministero della guerra e dal 15 marzo comandò il XIX Corpo d'armata a Bolzano,[11] e durante l'invasione dell'Italia,[12] trasferitosi col suo comando a Napoli, assicurò la difesa costiera della Campania fino a che, il 2 settembre cedette il comando del XIX corpo d'armata al generale Riccardo Pentimalli. Navarini dall'11 settembre 1943,[12] a seguito dell'armistizio di Cassibile,[12] cogliendo il momento di disordine creatosi a seguito dell'armistizio, riuscì a fuggire e a raggiungere il Nord Italia, dove si unì alle forze del neonato esercito[13] della Repubblica Sociale Italiana.[4] Dal 1944 divenne comandante del Centro di Addestramento Unità Speciali[13] della RSI.[4] Dopo la fine della guerra, nell'aprile del 1945 fu sottoposto a procedimento di epurazione con la perdita del ruolo e del grado, ma già nel corso dello stesso anno tali provvedimenti vennero revocati.[4] Si spense a Merano il 22 marzo 1977.[4]
Nel 2021, una mostra allestita presso il Museo Villa Freischütz a Merano, ove Navarini visse, tematizzò il suo ruolo militare e politico nella guerra coloniale fascista in Africa Orientale Italiana. I curatori, Ariane Karbe e Hannes Obermair, esponendo un mantello etiope che faceva parte del lascito conservato presso il museo stesso, ne proponevano la restituzione[14].
«Al comando della sua compagnia, irrompeva in una trincea avversaria, sotto nutrito fuoco di fucilieria, mitragliatrici e artiglieria. Ne manteneva con opportune disposizioni il possesso , vi faceva dei prigionieri e ingaggiava una fiera lotta con altri numerosi nemici sopraggiunti, dando così prova di mirabile coraggio.» — Monte Sei Busi, 6 agosto 1916.
«Comandante interinale di un battaglione, con sagge disposizioni con ammirevole ardire e sangue freddo, portava le sue truppe all'attacco di trincee nemiche, conquistandole. Mentre poi, nella ripresa dell'azione, si esponeva per meglio rendersi conto della situazione, veniva gravemente ferito.» — Nova Vas, 15 settembre 1916.
«In tre giorni di aspra e dura lotta contro superiori forze nemiche, seppe guidare il suo battaglione con volontà tenace, abile perizia, fede incrollabile e indomito coraggio. Nobile esempio ai propri dipendenti nell'assalto, assolveva il compito affidatogli, mettendo in disordinata fuga il nemico, dopo avergli inflitte numerose perdite. Strenuo difensore della posizione conquistata, con decimate forze seppe resistere e ributtare i ripetuti e violentissimi contrattacchi nemici, continuando efficacemente alla nostra vittoria.» — Piave-Argine San Marco, 16-18 giugno 1918.
«Per l'esemplare calma, per l'alto ascendente e per il provato valore dimostrati in ripetute azioni di guerra alla testa del suo corpo d'armata.» — A.S. 1º agosto 1941-27 luglio 1942.
«Benche ferito ad un braccio, teneva ancora per qualche tempo il comando del proprio reparto seguitando, con grande forza di volontà, a incorare i dipendenti. Ancora convalescente e con la ferita non ben rimarginata, riprendeva il suo posto di combattimento, dando bello esempio di serena fermezza e valore.» — Sagrado, 29 luglio – Trincea delle Frasche (Carso), 4 settembre 1915.
«Primo fra tutti, condusse più volte il suo battaglione all'assalto, e nonostante le ingenti perdite, ottenne dai suoi soldati il maggior rendimento durante la lotta, dando bell'esempio di virtù militari.» — Sober Vertoiba Superiore, 19-21 agosto 1917.
«Benche ferito ad un braccio, teneva ancora per qualche tempo il comando del proprio reparto seguitando, con grande forza di volontà, a incorare i dipendenti. Ancora convalescente e con la ferita non ben rimarginata, riprendeva il suo posto di combattimento, dando bello esempio di serena fermezza e valore.» — Sagrado, 29 luglio – Trincea delle Frasche (Carso), 4 settembre 1915.
«Comandante di divisione in una fase offensiva, con azione rapida e decisa, si lanciava arditamente all'inseguimento del nemico, raggiungendolo e sostenendo con esso, vittoriosamente, aspri combattimenti. Organizzatore sapiente ed appassionato, faceva della sua divisione un blocco granitico e dimostrava anche in circostanze difficili, qualità eccellenti di capo risoluto e coraggioso.» — Fronte greco, 9-24 aprile 1941-XIX.
(EN) Charles D. Pettibone, The Organization and Order of Battle of Militaries in World War II. Vol. VI, Trafford Publishing, 2010, ISBN1-4269-4633-3.
Giuseppe Rocco, L'organizzazione militare della RSI: sul finire della seconda guerra mondiale, Milano, Greco & Greco Editori s.r.l., 1998, ISBN88-7980-173-2.
Periodici
Enzo Dal Pozzo, Vita esemplare dei nostri grandi soldati, in Il Carrista d'Italia, n. 176, Roma, Associazione Nazionale Carristi d'Italia, novembre 1993, pp. 14-16.