La basilica prende il nome dal Broletto Vecchio, detto anche Brolo dell'Arcivescovo o Brolo di Sant'Ambrogio, prima sede del governo della città di cui si abbia traccia documentata, che ebbe questo ruolo durante il periodo dei comuni nel basso medioevo. Il Broletto Vecchio ha dato il nome al quartiere del Brolo, del quale fa parte la basilica di San Nazario in Brolo. Il Broletto Vecchio terminò questa funzione nel 1251, quando la sede municipale venne trasferita presso il Palazzo della Ragione, che è infatti anche conosciuto con il nome di Broletto Nuovo. Il Broletto Vecchio fu poi ristrutturato trasformandosi in Palazzo Reale[2].
Con sant'Ambrogio iniziò infatti un programma di costruzione di basiliche dedicate alle varie categorie di santi: una basilica per i profeti (la basilica prophetarum, in seguito ridenominata basilica di San Dionigi), una per gli apostoli (la basilica apostolorum, che poi prese il nome di basilica di San Nazaro in Brolo), una per i martiri (la basilica martyrum, che divenne in seguito la basilica di Sant'Ambrogio), una per le vergini (la basilica virginum, ridenominata poi basilica di San Simpliciano). Erano infatti dedicate ciascuna ad una diversa famiglia di santi, dato che non esisteva ancora l'usanza di intitolare le chiese a un solo santo. Queste quattro basiliche sono conosciute con il nome di "basiliche ambrosiane".
Dell'intero colonnato della Via Porticata sono giunti sino a noi uno dei capitelli dei portici (l'unico della Via Porticata che è sopravvissuto ai secoli), che è stato incorporato nella basilica di San Nazaro in Brolo, e quattro colonne, che sono state in seguito collocate sul retro dell'abside della basilica citata, esternamente all'edificio[6].
Nel 395 o 396[4], il 10 maggio secondo un'antica tradizione, Ambrogio traslò nella basilica apostolorum le reliquie del martire Nazaro creando l'abside maggiore; il corpo del santo fu deposto al centro di essa in un loculo sotterraneo (dove nel 1579san Carlo Borromeo lo ritrovò, traslandolo nel nuovo altare controriformato)[1]. Questa parte della basilica fu probabilmente rivestita con i marmi libici donati, come ricorda un'iscrizione, in seguito ad un voto dalla nipote dell'imperatore Teodosio I, Serena, moglie di Stilicone, generale tutore dell'imperatore Onorio, che provvide ad abbellire anche il resto della basilica.
Nel IV secolo sant'Ambrogio forse seppellì sotto l'altare anche le reliquie degli apostoliGiovanni, Andrea e Tommaso, o forse quelle di Pietro e Paolo[1]. Il reliquiario che potrebbe aver contenuto queste reliquie, in argento e finemente cesellato, è ora esposto presso il Museo diocesano di Milano[1]. Nel V secolo[4] attorno all'altare apostolico vennero deposti, in sarcofagi di pietra, i corpi di alcuni vescovi milanesi successori di sant'Ambrogio, per rafforzare il collegamento tra l'autorità vescovile milanese e gli apostoli. Nei secoli successivi, fino all'Alto Medioevo, si affermò l'uso funerario, in particolare vescovile, della basilica.
Il rifacimento in stile romanico e le successive modifiche
Il 30 marzo 1075[4] un rovinoso incendio danneggiò gravemente la basilica, che viene ricostruita in forme romaniche, con copertura a volte, cupola ottagonale, tiburio, grandi absidi anche sui bracci laterali e con torre campanaria. Promotore della ricostruzione fu probabilmente il vescovo Anselmo III da Rho, che vi viene seppellito nel 1093. Fu in questi secoli che la chiesa prese il nome basilica di San Nazaro in Brolo abbandonando l'antica denominazione basilica apostolorum.
La basilica prende il nome dal Broletto Vecchio, detto anche Brolo dell'Arcivescovo o Brolo di Sant'Ambrogio, prima sede del governo della città di cui si abbia traccia documentata, che ebbe questo ruolo durante il periodo dei comuni nel basso medioevo. Il Broletto Vecchio ha dato il nome al quartiere del Brolo, del quale fa parte la basilica di San Nazario in Brolo. Il Broletto Vecchio terminò questa funzione nel 1251, quando la sede municipale venne trasferita presso il Palazzo della Ragione, che è infatti anche conosciuto con il nome di Broletto Nuovo. Il Broletto Vecchio fu poi demolito per poter permettere la costruzione di Palazzo Reale.
Nel XVI secolo vennero eretti[4], in forme rinascimentalibramantesche, il Mausoleo Trivulzio davanti all'ingresso, che coprì l'originale facciata della basilica cambiandone radicalmente l'aspetto, e la cappella di Santa Caterina sul lato sinistro. Nel 1567san Carlo Borromeo costruì un nuovo altare maggiorecontroriformato (modificato poi nel XVIII secolo), demolendo l'altare paleocristiano che era sotto la cupola all'incrocio dei bracci (la cui posizione fu ripristinata nel 1971 in seguito al Concilio Vaticano II), e quello di San Nazaro, che era addossato all'abside.
La basilica fu oggetto[4] di numerose trasformazioni nel XVII e XVIII secolo. Il cardinal Federico Borromeo fece costruire una nuova sagrestia e rinnovò la cappella di San Matroniano, che si trova nel braccio destro. In seguito, nel braccio sinistro, venne realizzato nel 1751 da Carlo Giuseppe Merlo l'altare di San Arderico o Ulderico[7] e vennero affrescati coro e cupola. Le parti interne vennero infine rinnovate tra il 1828 e 1832 in forme neoclassiche.
La riscoperta ed il ripristino di parte delle forme originarie[4]paleocristiane e romaniche sotto ai "camuffamenti" barocchi e neoclassici si deve ai lavori avviati nel 1938 dal Comitato Restauri Monumenti di Milano, condotti dall'architetto e sacerdote Enrico Villa, a cui si devono le forme attuali della basilica, ricostruite sulla base delle antiche murature rimesse in luce. Con qualche interruzione, i lavori si conclusero nel 1986.
Nei primi anni settanta del XX secolo[4] vennero eseguiti scavi archeologici e sondaggi che hanno consentito di ricostruire la pianta paleocristiana della basilica, oltre che la terminazione dei bracci laterali e il rapporto con la citata Via Porticata romana sulla quale si affacciava la basilica. Si sono recuperati importanti reperti di epoca romana e paleocristiana ed è stata resa visitabile l'area archeologica sotterranea[6].
Pianta della basilica
I resti paleocristiani
Interno della basilica
All'interno della basilica[4] sono conservate quattro epigrafipaleocristiane. Quelle di Ambrogio e Serena, nel presbiterio, testimoniano la fondazione della basilica da parte di Ambrogio, quella del vescovo Glicerio (nel transetto sinistro) e del medico Dioscoro (nel transetto destro, dove è visibile la pavimentazione originale) sono di carattere funerario. A lato dell'altare moderno vi sono i resti dei basamenti delle colonne del triforium paleocristiano, ovvero dei tre accessi che davano verso i tre bracci della basilica posti di fronte all'ingresso (i due laterali e il braccio dietro l'altare)[1]. Sono giunti sino a noi anche i resti del pavimento paleocristiano del braccio orientale, realizzato con tecnica opus sectile[1].
Lapidarium
Il lapidarium[4] occupa il locale dell'antica sagrestia romanica. Sono esposti numerosi frammenti di epigrafi funerarie paleocristiane databili tra il IV e il VI secolo. In una vetrina sono presentati i reperti dalla tomba di Arderico, che fu vescovo di Milano dal 936 al 948: oltre a un anello d'oro e uno d'argento e al puntale di bastone pastorale, è visibile un piccolo crocifisso che è una rara testimonianza dell'artigiano altomedioevale. Nel lapidarium è esposta una parete della "Tomba del Pavone", dipinta tra il VII e l'VIII secolo. Fu scoperta nel 1948 a destra dell'altare moderno e non è accessibile al pubblico.
Area archeologica esterna
Testimonianze del cimitero[4] che si sviluppò in adiacenza alla basilica si trovano nella zona esterna all'abside romanica, ben visibile anche dal retrostante largo Francesco Richini e prospiciente il lato occidentale della quattrocentesca Ca' Granda, che sorge non lontano. La basilica sorgeva in una zona funeraria romana, ma attrasse numerose sepolture, sia all'interno sia all'esterno della chiesa, nella speranza che le reliquie degli apostoli e del martireNazaro potessero intercedere "per contatto" per le anime dei defunti. Esternamente sono anche visibili i resti del muro del braccio orientale della basilica paleocristiana: si riconosce dall'accostamento opus spicatum dei mattoni[1].
Sotterranei
Dal 2012 è possibile vedere diverse murature originarie dell'epoca di Ambrogio alte anche 13 metri sulla cui base è stato possibile ricostruire la pianta cruciforme della basilica paleocristiana, che era provvista di bracci rettilinei terminanti con esedre semicircolari[1]. Nei diversi vani sono esposti anche are votive, cippi funerari, anfore e laterizi romani ritrovati durante gli scavi. È interessante notare che alcuni sarcofagi romani in serizzo furono svuotati e reimpiegati nelle murature della basilica. Sono anche presenti i resti della cappella di san Lino, realizzata dopo l'epoca paleocristiana, in pieno Medioevo, sui resti della sagrestia paleocristiana del IV-V secolo[1].
Nei sotterranei si trovano anche resti di ambienti di servizio risalenti al V-VI secolo e rinvenimenti d'epoca romana antecedenti alla realizzazione della basilica[1]. Sono anche presenti i resti delle fondazioni di una delle absidi del transetto orientale della basilica paleocristiana[1]. Nei sotterranei sono anche state trovate raffigurazioni ad affresco dell'iconografia cristiana, come la morte e la risurrezione di Gesù, rese, rispettivamente, con una croce e un kantharos, che risalgono al VII-VIII secolo[1].
All'esterno la basilica di San Nazaro in Brolo si presenta con un doppio prospetto. Il prospetto principale, che dà sull'omonima piazza, è costituito dalla severa mole della facciata del Mausoleo Trivulzio. Essa, esternamente a pianta quadrata, presenta un paramento murario in mattoni rossi ed è suddiviso in due ordini sovrapposti da un cornicione, con lesenemarmoreetuscaniche in quello inferiore e ioniche in quello superiore, rimasto incompiuto. In basso, si apre l'unico portale che dà accesso alla basilica, con timpano triangolare marmoreo, affiancato da due porte murate.
Sopra di esso, un bassorilievo raffigura al centro lo stemma Trivulzio, affiancato da due putti che sorreggono gli stemmi Colleoni (a sinistra) e Gonzaga (a destra), in onore delle casate di due delle mogli dei Trivulzio. Al centro dell'ordine superiore si apre una bifora. La cappella è sormontata da una lanternaottagonale.
Il secondo prospetto della chiesa, cioè quello che dà su largo Francesco Richini, è costituito dalla testata del transetto sinistro, ovvero da una grande abside. Essa è decorata lungo il bordo superiore da una serie di archetti pensili a tutto sesto, mentre nella fascia centrale, in basso, vi è un grande portale murato avente un piccolo protiro sorretto da due esili colonne. Di fianco all'abside del transetto sinistro si trova la cappella di Santa Caterina, opera di Antonio da Lonate (1456-1541), che la costruì su ispirazione delle opere del Bramante e che è caratterizzata da una cupola con tamburo cilindrico e copertura conica.
Visione d'insieme della facciata della basilica
Bassorilievo in facciata
Esterno del transetto sinistro
Esterno della cappella di Santa Caterina
La basilica
Alla basilica si accede tramite il portale che si trova sulla parete opposta all'ingresso del Mausoleo Trivulzio. L'impianto interno della basilica è costituito da una via di mezzo fra una croce latina e una croce greca: mentre la navata centrale (composta da due campate coperte da volta a crociera) misura circa 25 metri, gli altri tre bracci (uguali, composti ognuno da una campata e da un'abside) misurano circa 20 metri. Sulla controfacciata, sorretta da possenti mensole marmoree si trova la cantoria lignea barocca, in cui vi è un organosettecentesco; invece, lungo le pareti, sono disposte delle tele di vari autori raffiguranti alcuni santi e alcune scene della vita di Gesù.
All'interno dell'abside maggiore, sopraelevato di alcuni gradini rispetto al piano di calpestio della navata, si trova l'imponente altare maggiore, opera in stile barocco. Realizzato in marmi policromi (soprattutto in marmo nero), è costituito dall'altare, con paliottoaureo, dal tabernacolo e dal baldacchino sorretto da colonne corinzietortili, all'interno del quale si trova la statua in marmo bianco del Cristo Risorto. Alla destra dell'altare maggiore si trova un ambiente altomedievale detto cappella di San Lino, con resti di affreschi e sinopie. Nel transetto sinistro si trova l'altare di Sant'Arderico, le cui statue chiare risaltano sopra la pala d'altare in marmi scuri.
Il transetto destro conserva alcune opere artistiche importanti. Sul suo lato sinistro si trova la Crocifissione di Bonino da Campione: questo bassorilievo, databile nel XIV secolo, raffigura con estrema chiarezza e veridicità Cristo morto in croce con ai lati Maria sua madre e Giovanni apostolo ed evangelista inginocchiati. Sul suo lato destro, invece, è presente una tavola con l'Ultima Cena del vercellese Bernardino Lanino, allievo di Gaudenzio Ferrari, posta dopo la guerra nel 1948, ad un altare di stile razionalista, ma realizzata su commissione di Giovanni Andrea Annoni, priore della Confraternita del Corpus Domini o del Santissimo Sacramento, intorno al 1550, quando il pittore aveva appena terminato la decorazione dell'oratorio di Santa Caterina presso la chiesa. La pala, una derivazione da quella di medesimo soggetto, del 1545-46, di Gaudenzio Ferrari per Santa Maria della Passione è stata restaurata nel 2021.[9]
L'interno della basilica è preceduto dal Mausoleo Trivulzio, chiamato anche cappella Trivulzio, particolare opera architettonica di Bartolomeo Suardi, detto Bramantino, costruita sull'area dell'antico quadriportico della basilica romanica. Il mausoleo, ideato per accogliere le spoglie della famiglia Trivulzio, è a pianta ottagonale e presenta una decorazione suddivisa in tre fasce orizzontali sovrapposte.
La rilevanza dell'opera architettonica del Bramantino, probabilmente ispirata alla vicina cappella di Sant'Aquilino, situata nella parte destra della basilica di San Lorenzo, è dovuta al fatto che l'estrema sobrietà e l'essenziale eleganza del mausoleo anticipano le esigenze di austerità dell'epoca della controriforma. Tale intenzione di solennità e di semplicità è dimostrata dall'iscrizione posta sotto all'arca di Gian Giacomo Trivulzio:
(LA)
«Qui nunquam quievit, quiescit. Tace.»
(IT)
«Colui che non ebbe mai requie, ora riposa. Tu fa' silenzio!»
(Iscrizione sotto l'arca di Gian Giacomo Trivulzio il grande)
L'ambiente, a pianta rettangolare e coperto da una cupola semisferica su cui si aprono alcune finestre a forma di piccoli rosoni, custodisce due opere: la statua dell'Addolorata sull'altare e un affresco raffigurante il Martirio di santa Caterina d'Alessandria, opera di Bernardino Lanino (1548-1549; fu realizzato in collaborazione con Giovan Battista della Cerva), che ricopre interamente una strombatura ad arco a tutto sesto sulla parete sinistra della cappella.
Esso si articola in più scene: al centro è raffigurata la scena del miracolo della ruota, a sinistra, dall'alto, Caterina che cerca di convertire l'imperatore romano e il processo a Caterina; a destra, dall'alto, la decapitazione di Caterina e la sua morte. Lungo la parete destra, sopra la porta che collega la cappella all'esterno, si trova una vetrata policroma dipinta opera di Luca da Leida raffigurante Scene della vita di Santa Caterina d'Alessandria.
Lo strumento ingloba i precedenti strumenti di Costanzo Antegnati (secolo XVI) e dei Maroni Biroldi (secolo XVIII). La facciata è dei Biroldi.
Lo strumento è a trasmissione integralmente meccanica e la sua consolle è a finestra, con due tastiere di 61 note ciascuna con prima ottava cromatica estesa e pedaliera di 27 note. I registri sono azionati da manette a scorrimento laterale poste su due colonne alla destra (Grand'Organo e Pedale) e alla sinistra (Espressivo) delle tastiere.
L'organo è racchiuso all'interno di una cassa lignea scolpita e dipinta. Il prospetto si articola in tre campi divisi da parastecorinzie sulle quali sono dipinti strumenti musicali; al di sopra di esse vi è un cornicione sormontato dalla scultura di una cetra. La mostra è composta da canne del registro principale disposte in tre cuspidi con bocche a mitria allineate orizzontalmente. La canna centrale corrisponde al Fa1 del Principale di 16 piedi.
Organo del transetto
Nel braccio destro del transetto, a pavimento, si trova l'organo a canneMascioniopus 1007, costruito nel 1977.
Lo strumento è a trasmissione elettrica, con 24 registri, dei quali 6 reali e 18 ottenuti in trasmissione e prolungamento. La consolle è rivolta verso l'altare, appoggiata al corpo d'organo, ed ha due tastiere di 58 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 30 note; i registri sono azionati da placchette a bilico poste sopra la seconda tastiera.
L'organo è racchiuso all'interno di una cassa lignea di fattura geometrica. Questa si articola in due corpi, ciascuno con una propria mostra formata da canne del registro principale disposte ad ala con bocche a mitria allineate orizzontalmente. Sul retro della cassa, al di fuori di essa, vi sono, guardando dal retro, a destra le canne lignee del Bordone 16' e a sinistra le prime 12 canne lignee di principale.
L'organo è racchiuso all'interno di una cassa lignea sobriamente decorata con intagli e dorature. Al centro vi è la mostra, composta da 25 canne di flauto disposte in cuspide unica con bocche a mitria allineate orizzontalmente, affiancata da due coppie di lesenetuscaniche.
^abcdefghijk Valeria Gerli, Basilica dei Santi Apostoli e Nazaro Maggiore - Guida al percorso archeologico, Milano, Parrocchia dei SS. Apostoli e San Nazaro Maggiore, 2014, ISBN978-88-6535-104-8.
^Paola Strada, Bernardino Lanino, Ultima Cena, in La Fragilità e la Forza. Antonello da Messina, Bellini, Carpaccio, Giulio Romano, Boccioni, Manet, 200 capolavori restaurati, XIX edizione di Restituzioni.Tesori d'arte restaurati, catalogo di mostra, Milano, 2022, pagg. 550 - 563.
Bibliografia
Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Laura Tettamanzi, Romanico in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1981.