Nel 2023 Cremonini ha preso una pausa discografica e ha affrontato un viaggio negli Stati Uniti, in particolar modo tra l'Alaska e le città di New York, Nashville, Memphis, Las Vegas e Los Angeles, oltre che nell'isola di Antigua.[6] Il viaggio ha ispirato il cantautore a scrivere e registrare nuovi brani musicali, annunciando il 5 novembre 2024 la pubblicazione del suo ottavo album in studio.[7][8]
Descrizione
Il progetto discografico si compone di dodici tracce, scritte e prodotte dallo stesso Cremonini con la collaborazione di Alessio Natalizia, Alessandro De Crescenzo, Alessandro Magnanini, Davide Petrella, i Meduza ed Elisa.[9][10] Gli arrangiamenti degli archi sono curati da Davide Rossi.[1] Il progetto è stato registrato pressoi Mille Galassie Studios di Bologna e i British Grove Studios di Londra, con la partecipazione di Mike Garson e Nick Patrick.[11][12] Cremonini ha raccontato il significato del progetto e la sua concezione in un'intervista a Billboard Italia:[13]
«Ho scoperto quello che volevo fare con Alaska Baby strada facendo, durante la sua realizzazione. Perché l’opera a volte è una sorta di stella polare che inizi a seguire e ti porta dove vuole lei. All’inizio non ti nascondo che pensavo che questo album fosse una sorta di atto finale, dopo aver fatto uscire una serie di singoli. Venivo da un album, La ragazza del futuro, che era molto concettuale, era nato durante la pandemia. Non aveva tanti riferimenti concettualmente costruiti nel tempo. Era un disco molto concreto, pragmatico. Invece Alaska Baby nel corso del tempo è diventato, in confronto al precedente, barocco, ricco di dettagli. È diventato gigantesco fra le mie mani. È vero, ci sono tanti riferimenti alla musica internazionale di oggi o comunque del recente passato. Ci sono sempre nella mia musica, non è cosa nuova. Come il fatto che io amo gli anni '70, mi conquistano sempre all’ascolto.»
In un'intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, Cremonini ha spiegato la scelta di collaborare con Elisa e il processo creativo dei brani inseriti nell'album:[14]
«Elisa è una divinità della musica italiana di cui andiamo orgogliosi. Una divinità che è una fortuna. Ho creato con Elisa un legame che va oltre un featuring e un incontro di voci. Il nostro feeling è nato sul palco del tour precedente, sviluppatosi mentre era in America, mentre era in Alaska quando mi ha chiesto di cantare una canzone insieme. L’abbiamo composta lungo il cammino fino a Bologna insieme. Credo che sia una delle poche artisti italiane che possa vantare di essere cantante, performer, produttrice, creativa, pensatrice, donna e quindi una grande fortuna. Credo sia competitiva a livello internazionale. Veramente provo un amore nei suoi confronti, un amore fortissimo.»
«Su uno sfondo bianco e minimale come la neve dell'Alaska, due sfere colorate si uniscono a formare un simbolo ispirato alla Tomba Brion dell'architetto e designer Carlo Scarpa, visualizzazione dell'incontro e dell'unione dei due opposti in un'unica anima. Le due sfere si fondono e i loro colori richiamano quelli delle aurore boreali, scelte come riferimento visivo da Cesare per donare al progetto un'identità che lo legasse fortemente al suo vissuto.»
Il progetto discografico è stato accompagnato dal documentario omonimo per la piattaforma Disney+.[18] Esso racconta il viaggio del cantautore in Alaska e la genesi e produzione dell'album.[19]
Gianni Sibilla di Rockol definisce l'album come «un'opera», in cui i brani «giocano con le strutture, i suoni, i generi, passando dal pop orchestrale all’elettronica con tutto quello che c’è in mezzo» e affronta «metaforicamente la ricerca di se stesso e la rinascita», mentre le collaborazioni risultano «spirituali».[1] Gianmarco Aimi di Rolling Stone Italia scrive che l'album «esplora temi come la rinascita, il coraggio di amare, il desiderio di andare oltre i propri limiti» con sonorità «brit pop, canzone d’autore, groove ipnotici alla Beck e ritornelli che omaggiano i The Beatles», apprezzando la scelta delle collaborazioni.[21]
Gianni Poglio di Panorama afferma che l'album tiene assieme «l'attitudine al groove, l'elettronica e le reminiscenze degli anni Settanta» ritenendo che «ritrae con efficacia il mestiere di artista».[2] Gian Marco Sandri del The Hollywood Reporter Roma, scrive che Alaska Baby sia «un lavoro composito con molte facce musicali», in cui si alternano brani in cui «il racconto è per istantanee, in altri brani le immagini mentali si mettono in movimento, diventano scene narrate». Il giornalista sottolinea il tema della «luce e buio, immagini metaforiche che ci fanno pensare alle parti luminose e oscure di ognuno di noi», riscontrabili nei brani Aurore Boreali, Dark Room e San Luca.[22]