Nel corso della carriera ha ricevuto sette candidature all'Oscar (cinque come miglior regista e due per il miglior film), rispettivamente per M*A*S*H, Nashville, I protagonisti, America oggi e Gosford Park. Nel 1996 gli è stato conferito il Leone d'oro alla carriera e nel 2006 l'Oscar alla carriera.
Biografia
Nato a Kansas City (Missouri) da famiglia borghese, padre di antenati tedeschi e la madre di inglesi ed irlandesi, nonché discendente dai primi coloni arrivati in Nordamerica, fu istruito in una scuola di gesuiti, esperienza che però lo portò ad allontanarsi dal cattolicesimo e professarsi ateo[2]. Frequentò l'accademia militare Wentworth a Lexington (Missouri), prima di arruolarsi nell'aeronautica come co-pilota di Consolidated B-24 Liberator.
I suoi primi lavori furono radiodrammi e sceneggiature scritti nel primo dopoguerra insieme all'amico George W. George. Nel 1948 la RKO acquistò la sceneggiatura di Squadra mobile '61 (Bodyguard), scritta da Altman in collaborazione con Richard Fleischer. Questo successo lo spinse a New York, dove tentò la carriera di scrittore, senza esito.
I primi successi
Ritornato a Kansas City, Altman trovò lavoro alla Calvin Company, per la quale girò, durante sei anni, una serie di documentari industriali, e fondò una propria compagnia, dopo aver ritentato senza successo nel 1950 la carriera hollywoodiana. Nel 1955 gli venne proposto il progetto di The Delinquents, che sceneggiò e diresse. Il film venne ritirato dallo stesso Altman, per nulla soddisfatto del risultato.
Arrivarono in quel periodo offerte per lavori televisivi. Alfred Hitchcock gli propose di dirigere episodi della sua serie Alfred Hitchcock presenta e questo gli procurò ingaggi anche nelle serie Bus Stop, Kombat, U.S. Marshal, The Crisis, Bonanza. Tuttavia il suo stile di regia finiva per scontrarsi di volta in volta con la produzione, causando sistematici licenziamenti. Le cause di discordia erano quelle che lo resero famoso: il fatto che Altman cambiasse continuamente le battute, l'overlapping, o le battute anticonformiste e dissacranti nei confronti di esercito, religione e istituzioni.
Nel 1956 l'amico George gli propose un progetto autofinanziato per un documentario su James Dean, morto l'anno prima. Il risultato fu un fiasco, nonostante la distribuzione da parte della Warner e l'impegno dei due nella realizzazione. Altman ottenne fama internazionale nel 1970 con M*A*S*H, grazie al quale si aggiudicò la Palma d'oro al Festival di Cannes. A questo fece seguito nel 1975 Nashville, un altro successo di pubblico. In quattro anni produsse sei film per diverse case di produzione (Warner Bros., MGM, United Artists): Anche gli uccelli uccidono, I compari, Images, Il lungo addio, Gang, California Poker. Sebbene il livello qualitativo dei progetti fosse mediamente molto alto, essi risultarono troppo ostici per il pubblico: anche il progetto più riuscito, Il lungo addio, fu un insuccesso nelle sale.
L'esperienza teatrale
La scarsa popolarità nelle sale rese difficile ad Altman trovare produttori: negli anni ottanta, quindi, si dedicò a produzioni teatrali a basso costo. Nonostante ciò, egli non serbò rancore nei confronti delle Major e dichiarò che semplicemente avevano interessi diversi dai suoi. Tuttavia il teatro non era il mezzo con cui si esprimeva meglio, in quanto la sua regia si affidava molto ai particolari ambigui nello svolgimento delle trame, particolari a cui era difficile dar risalto in teatro, data la distanza fra spettatori e palcoscenico. Altman trovò nel cinema su modello teatrale il connubio ideale tra le due arti, che si manifestò in Streamers, dove l'azione si svolge per tutta la durata all'interno di una camerata, o Secret Honor, dove si assiste ad un monologo di Richard Nixon.
Nei film di questo decennio Altman ritrovò lo spirito per la coralità di M*A*S*H e Nashville arricchito da più di vent'anni d'esperienza sul set, esperienza che rese possibile Gosford Park, un affresco della società aristocratica inglese nel periodo tra le due guerre mondiali, con quasi cinquanta interpreti in ruoli diversi. America Oggi delineava invece un affresco dell'America anni novanta in pieno boom economico. La fortuna di Cookie si presentava come un ironico e affettuoso ritratto di una cittadina del sud degli Stati Uniti e
Radio America, dopo trentun anni riproponeva, attualizzandola, una nuova Nashville. Epilogo e sintesi agrodolce della sua carriera, chiudeva il sipario con la sua solita euforia melanconica, sempre pronta ad affrontare l'imprevisto senza esitazioni.
Il 21 marzo 2006 ricevette l'Oscar alla carriera: in tale occasione rivelò di essere stato sottoposto, una decina d'anni prima, a trapianto di cuore. Morì il 20 novembre 2006, all'età di 81 anni, per complicazioni derivanti da una forma di leucemia.[3]