Molti prodotti ittici hanno dimostrato di contenere quantità variabili di metalli pesanti, in particolare mercurio e sostanze inquinanti liposolubili da inquinamento delle acque. Il mercurio è noto per la sua facilità di bioaccumulazione anche negli esseri umani, in conseguenza del bioaccumulo nei pesci e frutti di mare di cui si nutrono le popolazioni umane, cagionando avvelenamento da mercurio. Il mercurio è pericoloso sia per ecosistemi naturali che umani, perché è un metallo noto per essere altamente tossico, in particolare a causa della sua capacità di danneggiare il sistema nervoso centrale.[3] Negli ecosistemi marini controllati dall'uomo, costruiti solitamente per la produzione commerciale delle diverse specie di pesce, il mercurio sale sensibilmente attraverso la catena alimentare attraverso i pesci che consumano piccoli plancton, così come attraverso fonti non alimentari come i sedimenti dei fondali marini. La concentrazione di questo mercurio aumenta nei corpi dei pesci più grandi, e può essere misurata nei tessuti delle specie selezionate.[4]
La presenza di mercurio nel pesce può essere una particolare preoccupazione per la salute per le donne che sono o saranno incinte o che allattano, oltre che per i bambini[5].
Il consumo di pesce è di gran lunga la principale fonte di esposizione al mercurio connessa all'ingestione negli esseri umani e negli animali.[6] Il mercurio e il metilmercurio sono presenti solo in piccole concentrazioni nell'acqua di mare. Tuttavia all'inizio della catena alimentare essi sono assorbiti, di solito come metilmercurio, dalle alghe. Questa alga viene poi mangiata da pesci e altri organismi superiori nella catena alimentare. Il pesce assorbe efficientemente il metilmercurio, ma lo espelle molto lentamente.[7] Il metilmercurio è insolubile, e dunque non suscettibile ad essere escreto. Si accumula invece soprattutto nei visceri, ma anche nel tessuto muscolare.[8]
Ciò comporta un bioaccumulo di mercurio, cioè un accumulo nel tessuto adiposo dei successivi livelli trofici: zooplancton, piccoli nekton, pesci più grandi, e così via. Più vecchi tali pesci diventano, più mercurio potrebbe essere assorbito. Qualunque animale si nutra di questi pesci all'interno della catena alimentare consuma anche il più elevato livello di mercurio che i pesci hanno già accumulato. Questo processo spiega perché i pesci predatori come pesce spada o squalo o gli uccelli come il falco pescatore e le aquile hanno più alte concentrazioni di mercurio nel loro tessuto, rispetto a quelle che potrebbero risultare dalla semplice esposizione diretta. Le specie all'interno della catena alimentare possono accumulare concentrazioni di mercurio fino a dieci volte superiori rispetto alle specie che consumano. Questo processo è chiamato biomagnificazione. Ad esempio, l'aringa contiene livelli di mercurio in circa 0,1 parti per milione, mentre lo squalo contiene livelli di mercurio superiori a 1 parte per milione.[9]
* indica che solo il metilmercurio è stato analizzato (tutti gli altri risultati sono per il mercurio complessivo) n / a - dato non disponibile n / d - sotto il livello di rilevamento (0,01 ppm)
^Nicolò Carnimeo, Come è profondo il mare,Dal nostro inviato nella più grande discarica del pianeta, la plastica, il mercurio, il tritolo e il pesce che mangiamo, Chiarelettere, Milano, 2014 - ISBN 978-88-6190-178-0
^Croteau, M., S. N. Luoma, and A. R Stewart. 2005. Trophic transfer of metals along freshwater food webs: Evidence of cadmium biomagnification in nature. Limnol. Oceanogr. 50 (5): 1511-1519.
^EPA (U.S. Environmental Protection Agency). 1997. Mercury Study Report to Congress. Vol. IV: An Assessment of Exposure to Mercury in the United States . EPA-452/R-97-006. U.S. Environmental Protection Agency, Office of Air Quality Planning and Standards and Office of Research and Development.
^Il riferimento è specialmente al mercato Nordamericano, ma contempla specie provenienti da ogni parte del mondo.
^abI livelli trofici e le età massime, salvo diversa indicazione, saranno tratti dalle pagine di specie rilevanti sul Rainer Froese and Daniel Pauly (Eds) (2012) FishBase versione del gennaio 2012. Quando un gruppo ha più di una specie, viene utilizzata la media delle principali specie commerciali
(EN) Kidd K and Batchelar K, Mercury, in Wood CM, Farrell AP and Brauner CJ (a cura di), Homeostasis and Toxicology of Non-Essential Metals, Fish physiology, 31B, London, Academic Press, 2012, pp. 238-297, ISBN978-0-12-378634-0, SBNIT\ICCU\LO1\1386604.
(EN) Drash G., Horvath M. and Stoeppler M. et al., Mercury, in WE. Merian (a cura di), Metals and their compounds, Elements and their compounds in the environment: occurrence, analysis and biological relevance, vol. 2, 2ª ed., Weinheim, Wiley-VCH, 2004, pp. 931-1006, ISBN3-527-30459-2, SBNIT\ICCU\UBO\2598813.
Leccese C. et al., Il mercurio è un problema?, in Eurofishmarket, n. 10, Bologna, Eurofishmarket, novembre 2008, pp. 54-69. URL consultato il 28 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 27 aprile 2016).
Mengoli A., Metilmercurio nei prodotti della pesca, in Notiziario ittico, vol. 12, n. 1, Bologna, AUSL Bologna, Dipartimento di Sanità pubblica, 2007, pp. 1-2. URL consultato il 28 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 5 maggio 2016).
Cantarutti F. e Ballestrazzi R., La tossicità da HG derivante dal consumo di prodotti ittici, in Il progresso veterinario, LX, n. 4, Torino, Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Italiani, 15 aprile 2006, pp. 168-173, ISSN 1828-4213 (WC · ACNP). URL consultato il 28 aprile 2016.
(EN) Harris H. H., Pickering I. J. e George N. G., The chemical form of mercury in fish, in Science, vol. 301, n. 5637, Washington, American Association for the Advancement of Science, 2003, p. 1203, ISSN 1095-9203 (WC · ACNP). URL consultato il 28 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 6 gennaio 2017).
Ghidini S., Del Bono G. e Campanili G., Report: Livelli ed evoluzione di cadmio mercurio ed arsenico nei pesci dell’Alto Adriatico, in Annali della facoltà di medicina veterinaria. Università di Parma, vol. 20, Parma, Università di Parma, 2000, pp. 201-217, ISSN 0393-4802 (WC · ACNP).