Lonigo (Lonìgo in veneto) è un comune italiano di 16 005 abitanti[2] della provincia di Vicenza in Veneto. È il centro di riferimento della cosiddetta "Area Berica" in quanto sorge ai piedi dei Monti Berici, oltre ad essere il centro più popoloso della parte meridionale della provincia.
Citato nel 1046 come Leonicus e più tardi anche come Lunico, il toponimo è un prediale derivato dal personale latinoLeo con l'aggiunta del suffisso -īcus che indica appartenenza[5].
In passato erano diffuse numerose paraetimologie: alcuni lo hanno messo in relazione alla Luna, altri con la famiglia romana dei Leonici de' Flavii, altri ancora con il segno zodiacale del Leone sotto il quale sarebbe iniziata la costruzione del castello[6][5].
Storia
Epoca antica e Medioevo
Il territorio del Comune di Lonigo fu abitato, fin dalla preistoria, da genti paleovenete come sembrano confermare i reperti archeologici rinvenuti nei pressi di Alonte.
Nel II secolo a.C. popolazioni venete in parte romanizzate, probabilmente, frequentarono questi luoghi, mentre, sempre nello stesso periodo, è certa la presenza di coloni romani, dimostrata dalle lapidi ritrovate in località Casalino e Colombaron. Il primo stanziamento di una popolazione permanente dovrebbe risalire al II secolo a.C. tra le località di Santa Marina e San Tomà.
Quando, alla fine del IX secolo, a causa delle prime scorrerie degli Ungari, l'abitato tra Santa Marina e San Tomà fu distrutto, parte della popolazione si rifugiò a Bagnolo e parte si insediò nel centro di Lonigo, dove fu costruita una fortificazione nei pressi del Duomo e di Villa Mugna; forse, però, era qualcosa di più di una semplice barriera a protezione della chiesa e degli inermi, ma un vero e proprio castello costruito per i Malacappella[7]. Quest'ipotesi è sostenuta dal fatto che l'antica pieve di san Cristoforo, interna al castello, esercitava la sua giurisdizione solo nello stretto ambito cittadino e nel XIV secolo non aveva ancora cappelle dipendenti, il che dimostra che era di origine gentilizia.
Il castello dei Malacappella venne inizialmente detto "Calmano" (da callis magnus), ma più tardi, in epoca veneziana, venne semplicemente chiamato "Castellazzo" (o "Castellaccio"): come risulta dalle antiche cronache, era certamente di dimensioni cospicue, disponeva di ampio fossato circostante, di ponte levatoio e di numerose "canipae"[8] sotterranee in grado di assicurare la sussistenza per lunghi periodi a più di 3 500 persone. Anche se molto probabilmente sopraelevate e rinforzate in epoca scaligera, del castello dovevano far parte anche le due torri che tuttora esistono davanti e dietro al Duomo[9].
Nel X secolo per la prima volta, viene utilizzato il nome di Lonigo (nella forma latina Leunicus) in un atto notarile rogato a Verona il 2 novembre 926.
Negli anni successivi compaiono in atti notarili, notizie di compravendite di terreni avvenute in Leunigus o di persone residenti in Leunigus o in castro Leunico.
Verso la fine dell'XI secolo la città di Vicenza acquistò il territorio di Lonigo e lo mantenne, nonostante le continue contese tra Guelfi e Ghibellini, nelle quali fu spesso coinvolto il castello.
Nel 1266 — alcuni anni dopo la morte di Ezzelino III da Romano — come Vicenza anche Lonigo fu soggiogata da Padova e nel 1311 dagli Scaligeri che avevano sconfitto i padovani (il castello di Lonigo subì ancora gravi danni nel 1312, a guerra non finita, nel corso di un ennesimo attacco dei padovani). Tali eventi e l'importanza che tutta la zona rivestiva sotto il profilo militare indussero Cangrande della Scala a restaurare il castello e a cingere con forti mura tutto il borgo. In quest'epoca Lonigo divenne dunque una città murata, e poté così meglio resistere ai reiterati attacchi dei Carraresi, che ripresero negli ultimi decenni del Trecento. Fu anche sede del Vicariato civile che, oltre a Lonigo, comprendeva anche i territori di Alonte e Sarego[9]; nel 1387, come tutto il territorio vicentino, fu sottomesso alla signoria di Gian Galeazzo Visconti.
Le lotte e le incertezze, conseguenti alla morte di Gian Galeazzo Visconti nel 1402, finirono con l'intervento della Repubblica di Venezia, che estese la sua influenza a tutta la terraferma veneta. L'8 aprile 1404, con il famoso "Patto di dedizione", Lonigo legò, per quattro secoli, il suo destino a quello della Repubblica di San Marco.
Epoca moderna e contemporanea
Sotto il governo della Serenissima, Lonigo, premiata per la sua fedeltà, fu una podestaria autonoma, privilegio condiviso nel vicentino con la sola città murata di Marostica. Questo benevolo trattamento che Venezia riservava ai Leoniceni causò però un profondo attrito con Vicenza, che vedeva compromessa la propria autorità, in realtà l'autorità delle famiglie aristocratiche vicentine, dalle quali uscivano tutti i vicari territoriali, non venne mai pregiudicata mentre il podestà veniva nominato direttamente dalla Dominante.
La disputa divenne rovente nel 1410 quando i Vicentini pretesero il contributo dei Leoniceni per l'escavazione "fovee burgi Pusterla"; si sentirono rispondere "necesse esse reparari Rocham et Zintam et foveam dicte zinte terre Leonici" e che per il restauro di tali opere fortificate Vicenza doveva dare un contributo in favore di Lonigo detraendolo dai proventi derivanti dalle condanne. Fortunatamente i Veneziani gettarono subito acqua sul fuoco e con una sua ducale dell'11 aprile il doge Michele Steno stabilì che i predetti proventi fossero adoperati per le fortificazioni vicentine e che, se qualche cosa fosse sopravvanzato, "expendatur in laboreriis et reparationibus Leonici". La questione fu poi ripresa nel 1441 e una nuova ducale stabili che "le riparazioni delle fortificazioni di Lonigo si faranno per due terzi a spese di quel Comune e per un terzo col ricavato delle condanne di Vicenza"[9].
La rovina del castello e delle mura di Lonigo ebbe inizio nel 1435 quando la città fu assediata ed occupata dalle truppe di Francesco Sforza e Nicolò Piccinino; altri danni, con la distruzione di buona parte delle mura, intervennero dal 1509 al 1517, all'epoca della guerra della Lega di Cambrai. A causa della peste del 1630 il paese perse addirittura la metà dei suoi abitanti.
Sotto il governo austriaco, Lonigo conobbe un periodo di notevole prosperità e nel 1833 fu insignita da S.M. Apostolica l'Imperatore d'Austria Francesco I del titolo di Città. L'Ottocento fu il secolo di maggior splendore economico per Lonigo; sotto la spinta del principe Giovanelli e delle più importanti famiglie, si affermò l'industria, in particolare quella della seta che, accanto alla ricca agricoltura, fecero di Lonigo la piccola capitale del Basso Vicentino.
Nel 2013, a seguito dell'emergenza Pfas in Veneto[11], il Comune di Lonigo diventa l'epicentro[12] della Zona Rossa della grande contaminazione chimica causata dalla Miteni di Trissino.
Simboli
Lo stemma comunale è stato riconosciuto con decreto del capo del governo del 22 aprile 1929.[13]
«D'azzurro, al leone d'oro, sostenente con la branca destra anteriore un crescente montante figurato d'argento. Ornamenti esteriori da Comune.»
Il gonfalone, concesso con regio decreto del 24 dicembre 1928[13], è un drappo di azzurro.
«Cittadina situata in posizione strategica per i comandi germanici, durante l'ultimo conflitto mondiale subì violenti bombardamenti che provocarono numerosi morti, tra cui molti bambini, e gravissime distruzioni. La popolazione sopportò con ammirevole spirito di sacrificio ed amor patrio le avversità della guerra. 1943/1945 - Lonigo (VI)» — 17 aprile 2012[14]
Finito di restaurare nel 1993, ospita concerti, opere liriche, opere teatrali.
Altro
Palazzo Pisani
Torri dell'Antico Castello
Chiesa Vecchia
Ippodromo comunale
Polmone verde della città, anno di impianto alberato 1868, chiamato così perché si svolgeva l'antica Fiera dei Cavalli, dal 1986 divenuta fiera campionaria. Vi si svolgevano annualmente periodiche manifestazioni ed anche campionati e finali mondiali di speedway. Ora, a tale attività sportiva, è stata approntata in una apposita pista in via Santa Marina.
La facciata della villa domina la pianura. Il settore centrale è racchiuso da due torrette piuttosto basse. All'interno i due grandi locali a fianco dell'ingresso, illuminati da vetrate, erano usati come serra per fiori e piante. Salendo lo scalone si giunge al piano nobile, dove un ballatoio separa le due ali della villa.
A sinistra si trova la sala della musica o sala della principessa. Nel soffitto è presente un affresco eseguito da Mosè Bianchi, che raffigura Flora sorretta da una densa nube e circondata da amorini.
Il salone d'onore o salone da ballo è considerato il cuore della villa perché qui si svolgevano i ricevimenti organizzati dai principi. Mosè Bianchi divise il soffitto in tre ovati: nel primo viene rappresentato il Trionfo della Pace, nel secondo il Trionfo della Gloria e nel terzo l'Allegoria della Guerra. Un elemento di spicco del salone è il monumentale caminetto, proveniente da un palazzo Contarini di Venezia e risalente al Cinquecento.
Nella biblioteca del principe a capeggiare sul soffitto è il dipinto di Bianchi che raffigura i due personaggi danteschi Paolo e Francesca. Nella stanza è rimasta al suo posto la libreria in legno di ciliegio che conteneva i libri dei principi.
Altri ambienti di rappresentanza sono la sala da pranzo, o sala delle sei porte, la sala degli stucchi, la sala di conversazione e la sala da fumo.
La maestosa scalea è opera di Gaetano Balzaretti, così come il parco e il giardino che circondano la villa.
Opera del 1542 di Andrea Palladio, inserita dal 1996 nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO assieme alle altre ville palladiane del Veneto.
Santuario di Santa Maria dei Miracoli, in frazione Madonna
Fu dei Benedettini prima e degli Olivetani poi. Si tratta di una cappella affiancata nel 1488-1501 da una chiesa gotica con facciatina lombardesca; vi si venera un'immagine miracolosa della Vergine di fronte alla quale è una raccolta di tavolette votive; la cappella si apre nella chiesa ornata di grandi affreschi barocchi. La cappella con l'immagine della Vergine, decorata con notevoli stucchi barocchi, è preceduta da un'iconostasi sormontata dalle statue dei quattro dottori della Chiesa. Annesso alla chiesa c'è anche un museo con numerosi preziosi antichi ex voto.[15][16][17]
Complesso di San Daniele
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Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2020 la popolazione straniera residente era di 2 583 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano:
Lonigo è un polo di rilievo nell'agroalimentare: vi ha infatti sede l'Istituto di genetica e sperimentazione agraria Nazareno Strampelli; inoltre il territorio comunale rientra nella zona di produzione della DOPprosciutto Veneto Berico-Euganeo.
Eventi
Le manifestazioni storicamente di maggior rilievo sono le fiere: la più antica è la fiera di San Giacomo, attestata dal 1100, che ha luogo il 25 luglio; vi è poi la fiera di marzo, la cui prima edizione si tenne il 25 marzo 1486. Entrambe si focalizzano sull'agroalimentare[19].
Il folklore religioso si esprime invece nella via crucis che il venerdì santo viene celebrata per le strade cittadine, partendo dal convento dei Frati Minori per arrivare al Duomo. Molto sentita è anche la festa di Sant'Antonio, celebrata il 13 giugno con lo sfilamento in processione dell'effigie consacrata.
Geografia antropica
Frazioni
Almisano
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Bagnolo
Nel Medioevo vi sorse un fortilizio, come attestato sia da cronisti vicentini che da veronesi, i quali lo definiscono oggetto di aspre contese tra Vicenza e Verona. Appare verosimile che esso sorgesse nell'area occupata nel XIV secolo dalla domus dominicalis dei nobili Nogarola, sostituita poi nel Cinquecento dalla palladiana Villa Pisani[20][21].
L'origine del castello è ignota, ma dalla sua presumibile ubicazione si può pensare ad una fortificazione fatta erigere dai Malacappella a metà strada tra Lonigo e Cologna, quindi al centro del territorio di loro giurisdizione comitale. Secondo il cronista dell'epoca Gerardo Maurisio, il castello fu distrutto nel 1236 da Ezzelino III da Romano[22] che, secondo il Barbarano, in tale impresa sarebbe stato aiutato dai Malacappella, imparentati con il conte Alberto Maltraversi di Vicenza, cognato di Ezzelino[21].
Non sembra, però, che nel 1236 Ezzelino abbia completamente distrutto il castello; appena quattro anni dopo, infatti, mentre anche Lonigo e Pojana Maggiore si arrendevano al tiranno, Bagnolo fu nuovamente preso e questa volta il castello venne spianato[21][23].
Madonna
Nella frazione Madonna si trova il Santuario di Santa Maria dei Miracoli e il monumento ai Caduti del 1922, opera dello scultore E. Caldana
Monticello
A Monticello, durante il Medioevo, vi era certamente un castello: le cronache dell'epoca e alcuni documenti del XV secolo ricordano spesso la ora castelli e associano sempre il castello alla chiesa, probabilmente perché la genesi del maniero è da ricondursi all'incastellamento - cioè alla fortificazione della chiesa - nel X secolo o perché la chiesa sorse sulle rovine del castello una volta che questo fu distrutto nel XIII[24].
Se l'origine di questo castello non è nota, sono invece note la famiglia che lo possedeva e l'epoca della sua distruzione, entrambe descritte - seppure nel Quattrocento - dal Pagliarino nella sua Cronica: «... fu posseduto longo tempo dalla nobile famiglia de' Monticelli... e fu distrutto da Eccelino, essendo stato questo castello sempre inimico del popolo vicentino» (III, 162). Sempre secondo il Pagliarino, la storia della suddetta famiglia de' Monticelli si concluse subito dopo tragicamente perché «... fu da lui (Eccelino) estinta mentre teneva la signoria di Verona, percioché mandò li soldati padovani a far prigioni Monte et Attaldo et posti in ferri se li fece condurre avanti, alli quali nell'anno 1253 fece troncare il capo» (I, 44). I documenti successivi all'epoca ezzeliniana non parlano più del castello e tutto lascia credere che dopo i fatti citati esso non sia più stato ricostruito.
Nella frazione di Monticello di Lonigo è presente una chiesa dedicata a Sant'Apollinare, collocata su un piazzale che sovrasta la pianura e le piccole valli in direzione Lonigo.
La stazione di Lonigo è una fermata ferroviaria posta sulla linea Milano-Venezia, servita dalle corse regionali svolte da Trenitalia nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Veneto. La stazione è lontana 5 km dal centro e si trova in località Locara (VR).
A causa della relativa distanza dal centro cittadino, nel 1882 la stessa fu collegata con un'apposita diramazione della tranvia San Bonifacio-Lonigo-Cologna Veneta, che aveva fermate anche a San Giovanni e presso l'ippodromo, oltre che nel centro cittadino. Alla chiusura di questa, nel 1937, la diramazione fu riconvertita nella ferrovia Lonigo-Lonigo Città, in esercizio fra il 1951 e il 1965.
^ab Carla Marcato, Lonigo, in Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Milano, Garzanti, 1996, p. 361, ISBN88-11-30500-4.
^Cenni storici, su comune.lonigo.vi.it. URL consultato il 31 agosto 2022 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2009).
^I Malacappella erano un ramo della potentissima famiglia dei conti Maltraversi ed estendeva la sua giurisdizione su Lonigo e su Cologna. Canova, 1979, p. 93
^Le "canipae" (da cui il dialettale caneve) erano locali adatti alla conservazione dei vini, delle verdure, della frutta, delle biade e dei prodotti commestibili in genere
^Nicolò Leoniceno 1428-1524. Un umanista veneto nella storia della medicina, Atti del Convegno in Lonigo per il 590º anniversario della nascita, Vicenza, Contro, 2019.
^Tra gli ex voto c'è uno stendardo ottomano del 1765 che ricorda la liberazione dai Turchi Ottomani della località di Signo in Croazia ad opera della flotta della Repubblica di Venezia guidata dall'ammiraglio Angelo Emo.
^Guida d'Italia, Veneto, Touring Club Italiano, 1969, pag. 264
^Fiera di Lonigo, su comune.lonigo.vi.it (archiviato dall'url originale il 16 febbraio 2012).
^A sud della Villa sono ancora visibili delle rovine precedenti all'epoca della sua costruzione: potrebbe addirittura trattarsi dei resti di un muro perimetrale del castello, demolito per usare il materiale nelle successive costruzioni, la domus e la e Villa
^Nel 1236 Ezzelino III il Tiranno, ormai signore incontrastato di Vicenza oltre che di Verona, «con la parte a lui più intrinseca e favorevole, prese il castello di Bagnolo, lo distrusse et condusse gli huomini prigioni a Vicenza» (I, 47)
^Di ciò dà conferma il Pagliarino che afferma testualmente: «Ezzelino nel 1240 lo fece distruggere» (111, 163)
^Canova, 1979, pp. 109-10, che propende per la seconda ipotesi
Parrocchia di Lonigo, La fabbrica del duomo di Lonigo: notizie e documenti per il centenario della posa della prima pietra, 24 giugno 1877, Lonigo, 1977
Carleto Camporiondo, Storia de Lonigo e del vicariato, Lonigo, Crivellato, 1943
Antonio Canova e Giovanni Mantese, I castelli medievali del vicentino, Vicenza, Accademia Olimpica, 1979.
Luigi Casella (a cura di), Lonigo, Almisano, Bagnolo e Madonna: i nomi delle vie, delle strade e delle piazze : ricerca toponomastico-storica, Lonigo, 2011
Quirino Ferron, La fiera cavalli di Lonigo, Lonigo, Contro Riccardo, 2013
Silvano Franchetti, Monticello di Lonigo: la gente, i luoghi, i ricordi, Centro studi berici, 2006
Emilio Garon, Lonigo: cent'anni in cartolina, Riccardo Contro, Lonigo, 2009
G. Maccagnan ... [et al.], S. Maria dei miracoli di Lonigo: guida storico-artistica, Lonigo, 1986
Egidio Mazzadi, Lonigo nella storia, Lonigo, Comune, 1989
Arturo Pomello, Storia di Lonigo: con cenni storici sui comuni del distretto, Lonigo, tipografia Gio. Gaspari, 1886
Claudio Portinari, Il borgo di Lonigo, Sossano, Giovani editori, 1993
Ermenegildo Reato, Lonigo e il suo Duomo (1895-1995): una comunità in cammino fra "storia" e "memoria", Sossano, Giovani editori, 1995