Homo

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Homo
Comparazione dei crani
di Homo sapiens (a sinistra) e
di Homo neanderthalensis (a destra)
Intervallo geologico
Pleistocene - recente
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
SuperordineEuarchontoglires
(clade)Euarchonta
OrdinePrimates
SottordineHaplorrhini
InfraordineSimiiformes
ParvordineCatarrhini
SuperfamigliaHominoidea
FamigliaHominidae
SottofamigliaHomininae
TribùHominini
SottotribùHominina
GenereHomo
Linnaeus, 1758
Specie
Vedi testo
Distribuzione spaziale e temporale delle principali specie appartenenti al genere Homo.

Homo (Linnaeus, 1758), è un genere di primati della famiglia Hominidae, comprendente numerose specie estinte e un'unica esistente senza sottospecie: Homo sapiens, cioè l'essere umano moderno[1].

Fa la sua comparsa nel registro fossile presumibilmente circa 2,4 milioni di anni fa con Homo habilis, la specie più arcaica ascritta al genere. L'assegnazione di questa specie al genere Homo è dovuta alla presenza in un giacimento fossile, accanto ai resti craniali, di utensili in pietra risalenti al cosiddetto periodo Olduvaiano, datati all'inizio del Paleolitico inferiore. Tuttavia l'assegnazione è considerata piuttosto arbitraria da molti studiosi, che ritengono casuale la vicinanza di tali reperti. Inoltre molti fossili postcraniali assegnati ad Homo habilis sono di dubbia attribuzione.

Gli appartenenti al genere Homo mostrano un'accresciuta capacità cranica rispetto agli altri hominina (600 cm³ di Homo habilis contro 450 cm³ di Australopithecus garhi), con un aumento particolarmente significativo nei reperti databili a 600 000 anni fa (1200 cm³ in H. heidelbergensis). Al genere vengono ascritte una ventina di specie diverse, tutte estinte con l'eccezione di Homo sapiens. Fra esse Homo neanderthalensis, considerato l'ultima specie congenere sopravvissuta, scomparsa in un periodo collocato tra i 25 000 e i 30 000 anni fa[2]. Più recenti scoperte suggeriscono che un'altra specie, Homo floresiensis, potrebbe essere sopravvissuta fino a 12 000 anni fa[3].

Nel marzo 2010 l'analisi del DNA mitocondriale, eseguita sul resto di un dito ritrovato sui monti Altaj in Siberia, ha aperto la possibilità che sia esistita un'ulteriore specie, denominata Homo di Denisova[4][5]. Il DNA mitocondriale del Denisova risulta differente da quelli di Neanderthal e Sapiens[6].

Tassonomia

Il nome del genere deriva dal sostantivo latino homo, con il significato di essere umano, indipendentemente dal genere, derivato con tutta probabilità dalla radice protoindoeuropea *dhǵhem-, che significa terra.

Il nome Homo per indicare il genere venne utilizzato per la prima volta da Linneo nel suo Systema Naturae, quando ancora non si sapeva della possibile esistenza di altre specie umane e pertanto esso conteneva un'unica specie, Homo sapiens.

Linneo, in realtà, era inizialmente propenso ad ascrivere al genere anche le altre scimmie antropomorfe, in particolare le due specie di scimpanzé, cosa peraltro fatta sia nella prima stesura, edizione 1758, che nella seconda, come Homo troglodytes[7][8] e nella terza del 1771 come Homo lar[9]; tuttavia, in successive stesure del libro preferì classificare queste ultime come appartenenti a generi differenti, forse per non sollevare problemi di natura etica e, pertanto, avere problemi con la censura dell'epoca.

Attualmente è stimato che la linea umana si sia distaccata da quella degli scimpanzé circa cinque milioni di anni fa e da quella dei gorilla circa otto milioni di anni fa. Tuttavia, un cranio ominide rinvenuto in Ciad nel 2001, classificato come Sahelanthropus tchadensis, risale approssimativamente a sette milioni di anni fa, la qual cosa potrebbe indicare una divergenza precedente[10]; anche studi del 2009 su Ardipithecus ramidus portano a 5,4-7,4 milioni di anni la probabile divergenza. Queste minime differenze genetiche hanno portato alcuni scienziati, il più noto dei quali al vasto pubblico è Jared Diamond, a ipotizzare una riunificazione di uomini e scimpanzé sotto lo stesso genere Homo, come appunto nell'originale schema di Linneo. Ciò implicherebbe conseguentemente anche una revisione totale, almeno dei generi Pan, Ardipithecus, Kenyanthropus, Australopithecus e Homo.

Al genere vengono finora ascritte o proposte le seguenti specie:

Questioni aperte

L'effettivo status di specie per Homo antecessor, H. cepranensis, H. ergaster, H. floresiensis, H. georgicus, H. rhodesiensis e H. rudolfensis è tuttora oggetto di dibattito, così come la sussistenza della sottospecie H.idaltu. Tra i reperti problematici ricordiamo la calotta cranica OH 9.

H. heidelbergensis e H. neanderthalensis sono tra loro abbastanza vicine e in passato sono state da alcuni considerate come sottospecie dell'H. sapiens. Nel 2021 è stato proposto il nome Homo bodoensis per riunire in una unica specie H. heidelbergensis e H. rhodesiensis[13].

Homo sapiens e Homo neanderthalensis condividono il 30% di alleli derivati, il che starebbe a indicare un elevato flusso genico durante la separazione delle due popolazioni e, sempre su basi di impronta genetica, si ipotizzano ulteriori reincroci in epoche più recenti (vedi anche paragrafo successivo). In ogni caso, si dibatte variamente su quest'argomento, che, assieme al mistero della scomparsa della popolazione neandertaliana, è forse uno dei più controversi della scienza paleoantropologica.

Il Neanderthal

Nella scala evolutiva del genere Homo, una delle scoperte più importanti avvenne nel 1856, tre anni prima della pubblicazione de L'origine delle specie di Charles Darwin. Nella valle di Neander, situata presso l'attuale città di Düsseldorf, furono scoperte ossa umane sensibilmente differenti da quelle dell'uomo moderno. A questa prima segnalazione di Uomo di Neandertal ne sarebbero seguite altre ancora nel corso dell'Ottocento, dimostrando l'esistenza di una forma umana "europea" con caratteristiche scheletriche primitive[14].

Una delle scoperte chiave dell'analisi del genoma del Neanderthal è che esso condivide più varianti genetiche con i non-africani che con gli africani. Questa osservazione è in linea con due ipotesi alternative:

  1. l'incrocio tra i Neanderthal e gli esseri umani moderni è avvenuto dopo che gli umani moderni uscirono dall'Africa;
  2. la struttura delle popolazioni degli antenati di Neanderthal e di quelli degli esseri umani moderni erano in parte simili.

Queste ipotesi possono fare previsioni diverse sull'epoca dell'ultimo scambio di geni tra gli antenati di Neanderthal e gli umani moderni non africani. Gli autori stimano questo evento misurando il grado di linkage disequilibrium[15] tra il genoma degli attuali europei e trovano che l'ultimo flusso genico da Neanderthal agli europei si è verificato 37 000-86 000 anni fa (BP) e più probabilmente 47 000-65 000 anni fa. Ciò supporta l'ipotesi di un incrocio recente verificatosi quando gli esseri umani moderni, portatori delle tecnologie del Paleolitico superiore, incontrarono i Neanderthal a seguito della loro espansione fuori dall'Africa.

Tabella comparativa

I nomi delle specie in grassetto indicano l'esistenza di numerosi fossili.
Uomo di Neanderthal: ricostruzione
specie periodo
(milioni di anni fa)
luogo altezza (m) peso (kg) volume del cervello (cm³) fossili scoperta /
pubblicazione del nome
H. habilis 2,5–1,5 Africa 1,0–1,5 33–55 510 - 600 molti 1960/1964
H. rudolfensis
la sua appartenenza al genere Homo è incerta
1,9 Kenya       1 teschio 1972/1986
H. gautengensis
classificato anche come Homo habilis
1,9–0,6 Sudafrica 1   600 tre individui 2010/2010
H. ergaster
classificato anche come Homo erectus
1,8–1,3 Africa     700 - 850 molti 1975
H. erectus 1,7–0,07 Africa, Eurasia (Giava, Cina, India Caucaso) 1,8 60 900 - 1 100 molti 1891/1892
H. antecessor
classificato anche come Homo heidelbergensis
1,2–0,8 Spagna 1,75 90 1 000 2 siti 1997
H. cepranensis
un singolo fossile, forse di Homo erectus
0,9-0,35 Italia     1 000 1 teschio 1994/2003
H. heidelbergensis 0,6–0,35 Europa, Africa, Cina 1,8 90 1 100 - 1 400 molti 1908
H. rhodesiensis
classificato anche come Homo heidelbergensis
0,35–0,12 Zambia     1 300 molto pochi 1921
H. neanderthalensis 0,35–0,04 Europa, Asia occidentale 1,7 55–70 1 200 - 1 900 molti (1829)/1864
H. naledi 0,33-0,23 Sudafrica 1,5 45 450 15 individui 2013/2015
H. floresiensis
classificazione incerta
?–0,05 Indonesia 1,0 25 400 7 individui 2003/2004
H. tsaichangensis
forse Homo erectus
0,19-0,01 Taiwan       1 individuo prima del 2008/2015
H. sapiens
(uomo moderno)
0,2 presente Tutto il mondo 1,5–1,9 50–100 950 - 1 800 vivente —/1758
H. di Denisova 0,04 Russia       1 sito 2010
Gente della Grotta del Cervo Rosso
forse una sottospecie di Homo sapiens o un ibrido
0,0145-0,0115 Cina       molto pochi 2012

Note

  1. ^ Studi preliminari sul DNA del bonobo (Pan paniscus) suggerivano che fosse almeno al 95% uguale a quello di Homo sapiens, tanto che secondo alcuni scienziati dovrebbe essere riclassificato, insieme allo scimpanzé comune (Pan troglodytes), come membro del genere Homo: Homo paniscus, Homo sylvestris o Homo arboreus. Secondo altri è il termine Homo sapiens ad essere inadeguato e l'umanità andrebbe riclassificata sotto il genere Pan: Jeff Hecht, Chimps are human, gene study implies, in New Scientist, maggio 2003.; ugualmente, lo scimpanzé diverrebbe Homo troglodytes.
  2. ^ Duarte C, Maurício J, Pettitt PB, Souto P, Trinkaus E, van der Plicht H, Zilhão J, The early Upper Paleolithic human skeleton from the Abrigo do Lagar Velho (Portugal) and modern human emergence in Iberia, in Proceedings of the National Academy of Sciences, vol. 96, n. 13, giugno 1999, pp. 7604–9, DOI:10.1073/pnas.96.13.7604, PMC 22133, PMID 10377462. URL consultato il 16 maggio 2009.
  3. ^ Morwood, Soejono et al. 2004
  4. ^ David Brown, DNA from bone shows new human forerunner, and raises array of questions, in The Washington Post, 25 marzo 2010.
  5. ^ Johannes Krause, Qiaomei Fu, Jeffrey M. Good, Bence Viola, Michael V. Shunkov, Anatoli P. Derevianko e Svante Pääbo, The complete mitochondrial DNA genome of an unknown hominin from southern Siberia, in Nature, vol. 464, n. 7290, 2010, pp. 894–897, DOI:10.1038/nature08976, PMID 20336068.
  6. ^ Alla Katsnelson, New hominin found via mtDNA, collana The Scientist, 24 marzo 2010. URL consultato il 24 ottobre 2010 (archiviato dall'url originale il 27 maggio 2010).
  7. ^ p. 24 in Linnæus, C. 1758. Systema naturæ per regna tria naturæ, secundum classes, ordines, genera, species, cum characteribus, differentiis, synonymis, locis. Tomus I. Editio decima, reformata. – pp. [1–4], 1–824. Holmiæ. (Salvius).
  8. ^ p. 84 in Bontius, Historiæ naturalis & medicæ Indiæ Orientalis libri sex. I. 1658. – pp. 1–226, in: Piso, G.: De Indiæ Utriusque re naturali et medica libri quatuordecim. Quorum contenta pagina sequens exhibet. – pp. [1–22], 1–327 [= 329], [1–5], 1–39, 1–226. Amstelædami. (Elzevier).
  9. ^ p. 521 in Linné, C. a 1771. Archiviato il 30 settembre 2011 in Internet Archive. Mantissa plantarum altera generum editionis VI. et specierum editionis II. – pp. [1–7], 144–588. Holmiæ. (Salvius).
  10. ^ Brunet M, Guy F, Pilbeam D, Mackaye H, Likius A, Ahounta D, Beauvilain A, Blondel C, Bocherens H, Boisserie J, De Bonis L, Coppens Y, Dejax J, Denys C, Duringer P, Eisenmann V, Fanone G, Fronty P, Geraads D, Lehmann T, Lihoreau F, Louchart A, Mahamat A, Merceron G, Mouchelin G, Otero O, Pelaez Campomanes P, Ponce De Leon M, Rage J, Sapanet M, Schuster M, Sudre J, Tassy P, Valentin X, Vignaud P, Viriot L, Zazzo A, Zollikofer C, A new hominid from the Upper Miocene of Chad, Central Africa., in Nature, vol. 418, n. 6894, 2002, pp. 145-51, PMID 12110880.
  11. ^ Da alcuni biologi ascrivibile al genere Australopithecus.[senza fonte]
  12. ^ (EN) Lee R. Berger, Homo naledi, a new species of the genus Homo from the Dinaledi Chamber, South Africa, in eLife, eLife Sciences Publications, Ltd., 10 settembre 2015, DOI:10.7554/eLife.09560, ISSN 2050-084X (WC · ACNP). URL consultato il 10 settembre 2015.
  13. ^ (EN) Mirjana Roksandic, Predrag Radović e Xiu-Jie Wu, Resolving the “muddle in the middle”: The case for Homo bodoensis sp. nov., in Evolutionary Anthropology: Issues, News, and Reviews, n/a, n/a, DOI:10.1002/evan.21929. URL consultato il 30 ottobre 2021.
  14. ^ La Storia - ed-La Repubblica 2004
  15. ^ Anche definita "associazione allelica", avviene quando particolari alleli in due o più loci vicini mostrano associazione allelica se si verificano con frequenze significativamente diverse da quelle previste in base alle frequenze alleliche dei singoli.

Bibliografia

  • (EN) Colin Groves, Homo, in D.E. Wilson e D.M. Reeder (a cura di), Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.

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