Il territorio si estende su 799 km² ed è suddiviso in 45 parrocchie, raggruppate in 5 zone pastorali, di cui tre ad Andria e una ciascuno a Minervino e a Canosa.
Storia
Non vi sono notizie sulla primitiva diffusione del cristianesimo ad Andria. Secondo la tradizione petrina, comune a molte diocesi della Puglia, la chiesa sarebbe stata fondata dall'apostolosan Pietro nel suo viaggio da Antiochia a Roma. Tradizioni locali hanno anticipato la fondazione della diocesi al V secolo, con un presunto vescovo Richardus anglicus, riferibile piuttosto al santo vescovo del XII secolo.
«Prime attestazioni di una presenza cristiana nel territorio andriese si rintracciano in riferimenti documentari che parlano del locus Andre come distretto arcipretale dotato di ecclesia baptismalis con il compito di amministrazione dei sacramenti e con benefici come il diritto di decima, sotto la giurisdizione episcopale di Trani, sin dal IX-X secolo».[1] È certo che la diocesi non è precedente al 1063; in quest'anno in una bolla di papa Alessandro II all'arcivescovo Bisanzio di Trani, Andria compare tra i possedimenti del metropolita tranese.[2]
Il primo vescovo documentato di Andria è Leone, il cui nome compare in un atto di donazione al monastero di Santo Stefano ad rivum maris del 1137; nel 1143 intervenne alla traslazione delle reliquie di san Nicola Pellegrino a Trani; l'anno successivo è tra i firmatari di un altro atto di donazione della chiesa dei Santi Nicandro e Marziano. Dopo Leone, la seconda metà del XII secolo è segnata dall'episcopato di san Riccardo. Dalla fine del secolo, è documentata la suffraganeità di Andria all'arcidiocesi di Trani; la diocesi comprendeva solo la città episcopale e il territorio circostante.
Nel 1438, con il "ritrovamento" del corpo di san Riccardo, si sviluppò la devozione a questo santo vescovo, contestualmente dichiarato patrono della città. Dal 1452 al 1479 la diocesi fu unita in persona episcopi alla diocesi di Montepeloso, l'attuale città di Irsina.
Nel XVI secolo lo sviluppo urbanistico della città favorì la costruzione di diversi edifici religiosi, tra cui il monastero delle benedettine (1563), distrutto in epoca fascista, il monastero e la basilica dei benedettini (1576), il santuario di Santa Maria dell'Altomare. Le decisioni del concilio di Trento tardarono ad essere attuate in diocesi; per esempio, il seminario vescovile fu istituito solo nel 1705 ad opera del vescovo Andrea Ariani. «Alla fine del 1700 le statistiche riportano la presenza di 140 sacerdoti, 151 monaci e fratelli laici, 58 monache e converse, per un totale di 349 religiosi, su circa 13 mila abitanti».[1]
Il Novecento ha visto l'episcopato di Giuseppe Di Donna (1940-1952), missionario in Madagascar, di cui è in corso la causa di beatificazione;[3] «la carità pastorale e l'infaticabile azione di pacificazione sociale negli anni duri dello scontro ideologico del dopoguerra ne fanno una delle figure più significative della Chiesa diocesana nel Novecento».[1]
^Secondo Lanzoni, questo vescovo non sarebbe che un raddoppiamento del santo vescovo del XII secolo. Inoltre un vescovo con un nome anglosassone nella Puglia romana del V secolo è evidentemente anacronistico.
^Questo vescovo, ignoto a Ughelli e non documentato da altre fonti, è inserito nella cronotassi di Andria da Cappelletti e da Gams, in base ad una indicazione riportata negli Annales Camaldulenses (Venezia 1762, tomo 3, p. 84), che riferiscono della morte il 22 agosto di Gregorio, sancti Andrii episcopus.
^Tradizioni locali inseriscono nella cronotassi di Andria anche i vescovi Matteo (1097), Desidio (1102) e Ilderico (1126), non documentati storicamente. Cronotassi iconografia e araldica dell'Episcopato pugliese, Regione Puglia 1984, p. 89.
^Rafael Lazcano, Episcopologio agustiniano, Agustiniana, Guadarrama (Madrid) 2014, vol. I, p. 489-490.
^Gams inserisce i vescovi Egidio (1322) e Giacomo (1345). Secondo Eubel (Hierarchia catholica, I, p. 89, nota 1) questi due vescovi sono da eliminare dalla cronotassi di Andria, in quanto nella bolla di nomina di Giovanni di Alessandria si dice espressamente che la sede di Andria era vacante per la morte di Domenico. Domenico è citato vivente in un atto notarile del 1343 presso la Biblioteca Diocesana di Andria (cfr. Quaderni della Biblioteca Diocesana, n. 1 Aprile 2001, p. 16)
^Dopo Giovanni III, Ughelli inserisce i vescovi Nicola († 1376) e il successore Benedetto da Negroponte (Italia sacra, col. 926). Questi due vescovi erano in realtà vescovi latini della diocesi di Andro nell'Egeo (Eubel, Hierarchia catholica, I, p. 90, nota 3).
^Avendo aderito all'obbedienza avignonese, venne deposto e successivamente nominato vescovo di Viterbo dall'antipapa Clemente VII (1390). Lazcano, o. c., pp. 492-493.