Venne edificata in età longobarda (VII-VIII secolo) per volere del duca Arechi II, dopo l'abbandono dei siti paleocristiani di San Leucio e San Pietro. Dedicata inizialmente ai Santi Giovanni e Paolo, fu intitolata a san Sabino il 7 settembre 1101, ad opera di papa Pasquale II, circa quattrocento anni dopo la traslazione delle spoglie del Santo nella cripta sottostante per mezzo del vescovo Pietro il 1º agosto di un anno imprecisato del secolo VIII. Fu riconosciuta come cattedrale nel 1916 da papa Benedetto XV[1].
Storia
Inizialmente la pianta della basilica era (ed è tuttora) a croce latina, coperta da cinque cupole basse a vela e un'abside (illuminata da tre finestre, la cui centrale è ricoperta da una vetrata raffigurante il patrono), chiaro esempio di stile romanico-bizantino: al di sotto del presbiterio si accedeva alla cripta, reliquiario del Santo. Le cinque volte poggiano su arcate sorrette da complessive diciotto colonne di marmi persichino, granito e cipollino: queste ultime (sei), con capitellicorinzi, furono recuperate da monumenti ormai devastati. Priva di affreschi e pavimentata con marmo bianco, la cattedrale giace a tre metri al di sotto della piazza dalla quale si accede.
Dopo il terremoto del 1851, la cattedrale rimase danneggiata: all'imponente opera di restauro proseguì un deciso ampliamento coordinato dall'architetto Federico Santacroce che già si occupò qualche anno prima della facciata della Cattedrale di Andria: venne allungato il "piede" della pianta a croce latina, ricostruita la facciata in tufo locale (con costruzione del campanile laterale, a tre livelli con torretta ottagonale sovrastata da cupolina semisferica[2]) con tre portali, ognuno dei quali in corrispondenza delle navate, a loro volta integrate da 8 cappelle nella zona più antica[3].
Nel 2005 è terminato il lungo restauro della chiesa, iniziato alla fine del XX secolo[4].
Descrizione
Arte e architettura
La cattedrale, nella quale si accede dopo una breve discesa, presenta sull'architrave centrale della costruzione ampliata il simbolo degli Altavilla. Le cappelle corrispondenti alla navata destra, intercomunicanti, contengono nell'ordine: una fonte battesimale, per ciò che riguarda la prima dall'ingresso; un altare e una tavola (affrescata da Luigi Liberato Buonvino) dedicati alla protettrice Madonna della Fonte la cui icona pervenne dopo la Prima Crociata nel paese dauno, nella seconda, nonché le porte bronzee dell'adiacente mausoleo di Boemondo; la statua lignea e una tela raffigurante sant'Alfonso Maria de' Liguori e il sepolcro del beato padre Antonio Maria Losito (1838-1917)[5] nella terza. Un crocifisso di legno di metà XX secolo, seguito da una recente scultura intagliata in un tronco d'albero dedicata a papa Giovanni Paolo II, anticipano l'ingresso alla sequenza di cappelle.
Sulla navata sinistra, invece, un simulacro di san Sabino in resina anticipa le tre cappelle seguenti: la prima contenente il tesoro, composto da reliquie, calici, crocifissi e un busto in argento del santo[6], chiusa da una grata di ferro; la seconda dedicata a sant'Antonio (ma con tela rappresentante san Francesco d'Assisi); la terza, dedicata invece a sant'Anna, contiene il sepolcro dell'arcivescovo di LecceFrancesco Minerva (1904-2004). Sul braccio sinistro della croce latina sono presenti altre due cappelle: quella del SS. Sacramento (frontale rispetto all'ingresso), contenente la statua del Sacro Cuore[7] e l'altra di san Giuseppe, all'estrema sinistra.
Il presbiterio presenta l'altare maggiore con ciborio, posto su una base di marmo con tre gradini, sormontato da un baldacchino sorretto da quattro colonne di marmo rosso con capitelli corinzi a piramide ottagonale a due sezioni sorrette complessivamente da 48 colonnine dello stesso marmo, molto simile a quello presente nella basilica di San Nicola di Bari.
Imponente è anche l'ambone di marmo attribuito ad Acceptus (XI secolo), poggiato su quattro colonne ottagonali. In cima al pulpito dell'ambone vi è un leggio a forma di aquila, sempre in marmo.
Nei pressi dell'abside è posto il seggio episcopale, opera presumibilmente di Romualdo e commissionato dal vescovo Ursone (tra il 1080 e il 1089): di ispirazione bizantina, la cattedra è poggiata su due elefanti stilizzati ed ha alla base una lastra in bassorilievo a rappresentare due aquile.
Nel 2015, durante dei lavori di ristrutturazione, si è ipotizzato che un dipinto (raffigurante San Guglielmo da Vercelli, San Benedetto e la Vergine Maria) la cui cornice indicava l'anno 1863 potrebbe essere in realtà molto più antico. Da ricerche archivistiche effettuate presso l'archivio di Montevergine è emerso che la tela potrebbe essere parte di un lascito legato a "possedimenti benedettini del Monastero di Montevergine a Canosa". Dal "Regesto delle Pergamene" (con estratti dei "Registri Angioini") del 1279 si fa menzione che vi erano alcune terre nel bosco di Canosa legate al Monastero di Montevergine.[9]
Note
^Nel transetto di destra alcune lapidi certificano la dedicazione della basilica a san Sabino e l'elevazione a cattedrale.
^Nel progetto iniziale ve n'erano due, pressoché identici, ma solo uno - quello di destra - fu realizzato.
^Di cui sei laterali e due in corrispondenza del braccio sinistro della croce della pianta.
^Devoto a sant'Alfonso, morto a Pagani nel 1917 e traslato nella Cattedrale il 9 aprile 1983.
^Datato 1767: precedentemente nella stessa cappella vi era un'antica scultura in oro raffigurante il santo, trafugata prima dai longobardi nell'VIII secolo - recuperata in breve tempo - poi da "mano ignota" il 10 novembre 1983 - la cui copia in resina è presente nella Basilica stessa.