L'abbazia di Montevergine venne fondata da Guglielmo da Vercelli nel 1119[2]; la chiesa costruita dal santo venne solennemente consacrata nel 1124 da Giovanni, vescovo di Avellino.[3] Lo stesso vescovo, nel mese di maggio 1126 concesse al monastero verginiano e alle sue dipendenze l'esenzione dalla giurisdizione dei vescovi avellinesi[4], privilegio confermato dai successori Roberto nel 1133[5] e Guglielmo nel 1185[6]. Più importanti furono le bolle pontificie che eressero l'istituzione in abbazia nulliusimmediatamente soggetta alla Santa Sede, estendendo l'esenzione già concessa dai vescovi avellinesi a tutte le dipendenze presenti nelle altre diocesi: si conoscono le bolle dei papi Alessandro III (1161-1173), Lucio III (1181-1185), Celestino III (1197), Innocenzo III (1209),[7]Alessandro IV (1261) e Urbano IV (1264).[8]
In poco tempo, grazie anche alla munificenza di re e imperatori, l'abbazia ampliò i propri possedimenti. «Ben presto alle dipendenze del monastero di Montevergine sorsero molti altri monasteri, sviluppandosi in tal modo la Congregazione verginiana. I secoli XII-XIV segnarono il massimo splendore di questo istituto: papi, re, principi e grandi feudatari fecero a gara nell'arricchire Montevergine chi di beni spirituali, chi di munifici doni, chi di larghi feudi e di protezione sovrana.»[9]
A questo periodo di splendore e grandezza seguì un periodo di decadenza, che coincise con la cessione dell'abbazia a cardinali che ressero l'istituzione in qualità di abati commendatari, spogliando e depauperando i beni e i possedimenti dell'abbazia. Nel 1515 il cardinale Luigi d'Aragona cedette la commenda agli amministratori dell'ospizio della Santissima Annunziata di Napoli.[10]
Questa situazione di declino ebbe termine il 27 agosto 1588 con il breve apostolicoDudum felicis recordationis di papa Sisto V che pose fine al regime della commenda, reintegrò l'abbazia e la Congregazione virginiana nella loro piena indipendenza, e restaurò tutti i loro privilegi ed esenzioni. Gli abati generali della Congregazione virginiana divennero contestualmente abati ordinari dell'abbazia nullius. «Dopo la commenda si aprì una fase di lenta e laboriosa rinascita, affidata ad abati di nomina triennale che cercarono di adeguare la cura pastorale alle prescrizioni tridentine».[8]
In questo compito gli abati si affidarono in particolare alla convocazione periodica di sinodi diocesani, per la gestione del santuario di Montevergine e delle parrocchie che ne dipendevano. Si conoscono diversi sinodi, tra cui quello celebrato il 19 giugno 1717 da Gallo Gallucci, abbate generali benedictine Congregationis Montis Virginis et Ordinario ejusdem dioecesis, e quello indetto nel mese di marzo 1829 dall'abate Raimondo Morales, a cui spettò il compito di restaurare l'abbazia dopo le soppressioni e gli incameramenti dell'epoca napoleonica.
«La pastorale nel XX secolo era una delle questioni più urgenti da affrontare, come dichiara la relazione conseguente alla visita apostolica del 1906. Il popolo era trascurato da un clero non all'altezza del suo compito, a sua volta trascurato dall'abate a vantaggio dei monaci, soprattutto per quanto riguardava la formazione. L'abate Ramiro Marcone aprì definitivamente il seminario nel 1919, costruì l'orfanotrofio "Maria Santissima di Montevergine" in Mercogliano e pose la prima pietra della nuova cattedrale, benedetta e aperta al culto nel 1961 dal successivo abate Tranfaglia; fondò la congregazione delle suore benedettine della Madonna di Montevergine, di diritto diocesano, che si occupava dell'orfanotrofio; istituì l'Azione Cattolica nel 1919.»[8]
È noto che all'interno dell'abbazia di Montevergine fu segretamente nascosta dal 1939 al 1946 la Sindone di Torino. Per un accordo fra Vittorio Emanuele III e papa Pio XII, la reliquia fu trasferita nel santuario, sia per proteggerla dai bombardamenti, sia per nasconderla ad Adolf Hitler che ne era ossessionato e che la voleva sottrarre.
Il 15 maggio 2005 con il decreto Montisvirginis venerabilis Abbatia della stessa Congregazione per i vescovi l'abbazia, pur conservando il privilegio della territorialità, ha ceduto la cura pastorale delle parrocchie alla diocesi di Avellino.[12]
Nel 2006 l'abate Tarcisio Giovanni Nazzaro ha dato le dimissioni a causa dei profondi dissesti finanziari che hanno scosso l'amministrazione del santuario.[13]
Cronotassi
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
Abati claustrali
Beato Alberto † (prima di agosto 1129 - dopo maggio 1142)[14]
Alferio † (prima di febbraio 1144/45 - dopo novembre 1160)[14]
Roberto I † (prima di aprile 1161 - dopo febbraio 1172)[14]
Beato Giovanni I † (prima di agosto 1172 - dopo gennaio 1191)[14]
Daniele † (prima di agosto 1191 - agosto 1196)[14]
Guglielmo de Cesare, Montevergine (Badia nullius), in Vincenzio d'Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie (nullius) del Regno delle Due Sicilie, Napoli, 1848, pp. 411–416
(LA) Breve Dudum felicis recordationis, in Bullarum diplomatum et privilegiorum Sanctorum Romanorum Pontificum Taurinensis editio, tomo IX, Torino, 1865, pp. 32–33