Il termine melone indica sia il frutto che la pianta stessa, a seconda dei contesti in cui viene utilizzato.
È largamente coltivata per i suoi frutti commestibili, dolci e profumati. Non tutte le varietà di meloni sono dolci: ad esempio, il melone serpentino è un melone non dolce, diffuso prevalentemente in Asia dalla Turchia al Giappone, di forma allungata e di sapore simile al cetriolo.
Origini
L'origine non è nota con certezza, secondo alcuni autori arriverebbe dall'Asia, nell'antica Persia secondo altri è di possibili origini africane dove meloni selvatici sono stati recentemente segnalati.[3]
Durante l'Impero Romano il melone si diffuse rapidamente (utilizzato però come verdura, servito in insalata) tanto che al tempo dell'imperatore Diocleziano, venne emesso un apposito editto per tassare quegli esemplari di melone che superassero il peso di 200 grammi.
Alexandre Dumas scrisse “per rendere il melone digeribile, bisogna mangiarlo con pepe e sale, e berci sopra un mezzo bicchiere di Madera, o meglio di Marsala”; egli apprezzava i meloni conosciuti in Francia come Cavaillon, per la zona di produzione, e fece richiesta alla biblioteca della città di uno scambio tra le sue opere (circa 400 volumi) ed una rendita vitalizia di 12 meloni l'anno, cosa che accadde fino alla sua morte nel 1870. Fu in suo onore che venne istituita la confraternita dei Cavalieri dei meloni di Cavaillon.
Il melone venne anticamente considerato simbolo di fecondità, forse in ragione dei numerosissimi semi, ed altresì associato al concetto di sciocco e goffo (uno stolto veniva chiamato mellone e una scemenza mellonaggine). Secondo Angelo De Gubernatis, la ragione di tale associazione è da ricercare nell'estrema fecondità di questi frutti, alla loro capacità generatrice, incontrollata, opposta alla ragione dell'intelligenza.
Altri medici del tempo li consideravano nocivi e imputarono al melone la morte di ben quattro imperatori e due pontefici. Anche il naturalista romano Castore Durante (1529-1590) nel suo Herbario nuovo del 1585 ammoniva di non abusarne perché «sminuiscono il seme genitale» e ne sconsigliava l'uso a diabetici, dispeptici e a tutti coloro che soffrono di disturbi dell'apparato digerente, promuovendo per tutti gli altri invece le virtù rinfrescanti, diuretiche e lassative.
Botanica
Varietà
Il melone coltivato appartiene alla specie Cucumis melo il cui frutto, polimorfo, ha dato vita a numerose varietà; le più importanti sono:
gruppo cantalupensis o cantalupio, di media grandezza, superficie reticolata, polpa giallo-arancio, chiamati così perché portati da missionari asiatici al castello pontificio di Cantalupo, sui colli di Roma;
gruppo reticulatus, o meloni retati, di media grandezza, polpa bianca o giallo-verde, con superficie reticolata;
gruppo inodorus, meloni d'inverno, polpa biancastra o rosata con buccia liscia, dal gusto intermedio tra la pera e il melone; costituiscono il tipico piatto di Natale nella tradizione siciliana e italiana in generale
melone come ortaggio (raccolto prima della maturazione):
gruppo flexuosus, meloni serpentini o tortarelli (anche noti come "cocomeri di Turchia"[5]), di colore verde con solchi longitudinali, tomentosi;[6] sono utilizzati crudi da soli o nelle insalate miste alla stessa maniera del cetriolo;
gruppo momordica, melone amaro, utilizzato principalmente come pianta medicinale perché ricco di vitamina A, C e E
Sono usati come ortaggi anche:
il barattiere, spesso considerato una varietà di cetriolo (ma invece è una varietà di melone), in Italia coltivato soprattutto in Puglia;[7]
il carosello, pure considerato erroneamente da molti una varietà di cetriolo, in Italia coltivato anch'esso soprattutto in Puglia;[8][9]
il melone orientale, detto tián guā in Cina, chamoe in Corea, makuwa uri in Giappone.[10]
Le radici fibrose possono estendersi nella terra anche oltre i 150 cm; il fusto, ricco di peluria, è ramificato con cirri; le foglie sono alterne, opposte ai cirri, lobate e cordate alla base, lunghe più di dieci centimetri, quanto il loro picciolo.
I fiori, gialli a 5 lobi, sono generalmente unisessuali (sessi separati su due fiori distinti), portati dalla stessa pianta (pianta monoica, mentre le piante dioiche portano i fiori maschili e femminili in due piante separate) e compaiono normalmente prima quelli maschili riuniti in fascetti di 5-10, mentre quelli femminili sono singoli o appaiati e compaiono in seguito su rami di terza generazione.
Nonostante la copiosa fioritura, che dura tutta l'estate da maggio a settembre, solo il 10% diventa frutto.
Caratteristiche del frutto
Il frutto del melone è voluminoso, di forma ovale o tondeggiante e sulla buccia sono visibili delle divisioni "a fette".
La buccia è pressoché liscia o appena rugosa, il colore può variare da un giallo pallido ai toni del verde.
La polpa varia dal bianco all'arancio ed è succosa e molto profumata quando raggiunge la maturazione.
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Melone fu anche il nome della lista civicatriestina che negli anni settanta si oppose fortemente al trattato di Osimo.
La lista civica, che si chiamava "Lista per Trieste", aveva assunto il melone e l'alabarda in quanto simboli di Trieste. Sul Colle di San Giusto c'è una colonna che dal 1844 ha in cima un melone sormontato da un'alabarda. Tali simboli sono però più antichi. Il melone ha 13 spicchi, uno per ogni Casada della nobiltà medievale triestina. L'alabarda, secondo un'antica tradizione, cadde dal cielo su Trieste il giorno del martirio di san Sergio, compatrono di Trieste. Egli fu martirizzato in Siria, in quanto cristiano, ed era ufficiale dell'esercito romano.
^(EN) Cucumis melo L., su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 25 gennaio 2021.
^ Grubben, G. J. H. e Plant Resources of Tropical Africa (Program), Vegetables, Backhuys, 2004, ISBN90-5782-147-8, OCLC57724930. URL consultato il 21 aprile 2020.