La Coppa del Mondo di rugby femminile 2021 (in inglese 2021 Rugby World Cup) è stata la 9ª edizione della Coppa del Mondo, massima competizione internazionale di rugby a 15 femminile organizzata da World Rugby.
Originariamente in programma tra luglio e agosto 2021, fu rinviata al periodo tra l'8 ottobre e il 12 novembre 2022 a causa dell'insorgere della pandemia di COVID-19[1]. Invariato, invece, il Paese organizzatore, la Nuova Zelanda, le cui città ospiti furono Auckland e Whangarei.
Il 19 agosto 2019 World Rugby soppresse ogni riferimento di genere nelle denominazioni ufficiali delle proprie competizioni e, di conseguenza, il nome della Coppa del Mondo femminile, dal 2021, è Rugby World Cup esattamente come quella maschile[2].
Il titolo fu appannaggio della Nuova Zelanda, riconfermatasi campione e vincitrice della sua sesta Coppa del Mondo complessiva; come nel 2017, la finalista sconfitta fu l'Inghilterra[3][4].
World Rugby sollecitò l'invio delle candidature entro giugno 2018[5]; a rispondere all'invito furono Australia, Francia, Galles, Inghilterra, Nuova Zelanda e Portogallo[5]. Ad agosto iniziò la presa in esame delle candidature e il 14 novembre 2018 a Dublino fu scelta la Nuova Zelanda[6]. Le sedi prescelte furono Whangārei e Auckland; quest'ultima città mise a disposizione anche Eden Park che già in passato aveva ospitato le finali di due campionati mondiali maschili, nel 1987 e 2011.
La Nuova Zelanda si aggiunse quindi al gruppo di Paesi (che comprende anche Galles, Inghilterra e Francia) ad avere ospitato sia l'edizione maschile che femminile della Coppa del Mondo seniores.
La fase a gironi del torneo rispettò, fondamentalmente, i valori del ranking mondiale: l'Inghilterra fu l'unica che vinse il girone mancando un punto di bonus per via della vittoria di stretto margine sulla Francia, sorteggiata nello stesso suo gruppo e qualificatasi ai play-off come seconda classificata[7], mentre sia la Nuova Zelanda che il Canada portarono via tre vittorie ciascuna a punteggio pieno[8][9]. Rilevante, invece, la prestazione dell'Italia: sconfitti gli Stati Uniti al primo incontro[10] (avversario mai battuto in precedenza), le Azzurre perfezionarono la qualificazione nella vittoria in chiusura di girone contro il Giappone[11]. Nella storia del rugby italiano si trattò della prima qualificazione in assoluto di una qualsiasi squadra nazionale alle fasi a eliminazione di un campionato mondiale[11].
Le altre qualificate ai quarti furono Australia, seconda del girone della capolista Nuova Zelanda e, nello stesso gruppo, Galles,una delle migliori terze[12], e Stati Uniti nel girone del Canada e dell'Italia[13].
Gli accoppiamenti dei play-off, tenutisi parte a Whangārei e parte ad Auckland, furono nell'ordine Francia – Italia, Nuova Zelanda – Galles, Inghilterra – Australia e Canada – Stati Uniti (partita, quest'ultima, che per effetto del regolamento di seeding si trovò a essere giocata due volte nell'arco di una settimana in quanto le due squadre facevano parte dello stesso girone[13]).
L'Italia terminò la sua corsa nei quarti di finale perdendo 3-39 contro la Francia e pagando dazio alla maggiore esperienza in campo delle avversarie, che costruirono più della metà del punteggio nelle fasi in cui si trovarono in superiorità numerica a causa di due espulsioni temporanee delle Azzurre[14]; stesso scarto (41-5) fu imposto dall'Inghilterra all'Australia in una partita con pochissima storia, già chiusa in vantaggio per 19-5 al primo tempo[15]. Più netta ancora fu la vittoria neozelandese sul Galles, già maturata nel primo tempo con un 29-3 cresciuto poi fino al 55-3 finale[16], mentre invece il derby nordamericano tra Canada e Stati Uniti fu meno sbilanciato, anche se alla fine le Canucks si aggiudicarono l'incontro con 21 punti di scarto, 32-11[17].
Molto più combattute le due semifinali, che vedevano di fronte le prime quattro squadre del ranking mondiale: nella prima tra Canada e Inghilterra, l'incontro fu in bilico per quasi tutti gli ottanta minuti, con le inglesi avanti solo di tre punti all'intervallo e, dopo una mini-fuga, riavvicinate fino al -4 a pochi minuti dalla fine: solo tre punti in chiusura diedero alle Red Roses la certezza della vittoria per 26-19[18]; spettacolare e, alfine, drammatica per le francesi l'altra semifinale, contro le padrone di casa delle Black Ferns: davanti al pubblico avversario le Bleues conducevano 10-0 dopo venti minuti e chiudevano in vantaggio di 7 punti il primo tempo, per poi essere raggiunte e sorpassate nella ripresa, con la Nuova Zelanda a +8 ma la Francia a trovare una meta tecnica nel finale che la riportava sotto di un punto, 24-25: a tempo scaduto un piazzato veniva calciato fuori dai pali, vanificando la speranza di sorpasso e qualificazione alla finale[19].
All'Eden Park di Auckland un'affluenza di 43759 spettatori, record per un incontro internazionale di rugby femminile, assistette all'ultimo atto: per la Nuova Zelanda si trattava della sesta finale, per l'Inghilterra dell'ottava, nonché della quinta che vedeva le due squadre l'una contro l'altra, con i quattro precedenti tutti in favore delle Black Ferns[3][4].
L'Inghilterra voleva dare continuità alla sua striscia vincente di 30 incontri consecutivi[3] che l'avevano portata al vertice del ranking mondiale scalzandone proprio la Nuova Zelanda, e l'inizio pareva confermare tale nuovo rapporto di forze: inglesi avanti 14-0 nei primi quindici minuti, ma a metà ripresa rimaste in 14 per via dell'espulsione di Thompson, rea a giudizio dell'arbitra di avere placcato pericolosamente la neozelandese Woodman[3][4]; ne nasceva una nuova partita, in cui nonostante l'inferiorità numerica e il ritorno delle neozelandesi che pareggiarono a dieci minuti dalla fine del primo tempo, le Roses andavano in meta ancora due volte prima dell'intervallo e terminavano avanti di 7, 26-19, la prima frazione; due mete di marca Black Ferns nella ripresa ribaltavano il risultato, ma l'Inghilterra approfittava di una temporanea parità numerica a seguito di espulsione temporanea di Simon per fallo su Dow[3] per andare in meta e tornare in avanti 31-29; di nuovo con l'elemento in più la Nuova Zelanda andava a propria volta in meta a 9' dalla fine; un tentativo inglese di maul da touche ai cinque metri moriva tra le mani delle avanti neozelandesi, e la partita finiva lì, con la sesta vittoria della Nuova Zelanda e la sesta finale persa delle inglesi[3][4].
Senza storia invece la finale di consolazione per il terzo posto, con la Francia nettamente vincitrice 36-0 su un Canada mai pericoloso e regolato con cinque mete[20].
Le 12 squadre furono ripartite in 3 gruppi da 4 squadre ciascuna; in ciascun gruppo le quattro squadre si affrontarono con il meccanismo del girone all'italiana e classifica stilata secondo il sistema dell'Emisfero Sud (4 punti a vittoria, 2 a pareggio, 0 a sconfitta più il bonus sconfitta di un punto per scarti in gara inferiori o uguali a 7 punti, e altro eventuale bonus di un punto per la squadra che realizzi 4 o più mete in un incontro). La prima e la seconda di ogni girone e le due migliori terze si qualificarono ai quarti di finale[21].
Al termine della fase a gironi fu assegnata alle otto squadre qualificate ai play-off un seeding da 1 a 8, secondo il seguente criterio: da 1 a 4 le tre prime classificate in ordine di punteggio, e la seconda miglior qualificata; da 5 a 8 le altre due seconde classificate e le due migliori terze classificate in ordine di punteggio[21].
I quarti di finale si svolsero secondo il seguente schema:
e le successive semifinali videro i seguenti accoppiamenti:
La finale per il terzo posto si tenne tra le due squadre sconfitte in semifinale, mentre quella per il titolo mondiale tra le due vincitrici[21].
In tutti gli incontri della fase a gironi le discriminanti per stabilire la precedenza in caso di parità di punti in classifica furono nell'ordine:
Nella fase a gironi era ammesso il pareggio.
Per quanto riguarda la fase a play-off, se un incontro fosse terminato in pareggio dopo il tempo regolamentare, si sarebbe proceduto nell'ordine:
Il punteggio da indicare in caso di incontro terminato ai tempi regolamentari o supplementari sarebbe stato quello maturato al completamento del gioco; in caso di spareggio ai tiri il punteggio si sarebbe indicato con il risultato maturato al termine dell'incontro con, tra parentesi, il risultato dei tiri tra i pali, per esempio: Squadra A – Squadra B 25-25 (7-6)[21].
Il sorteggio per la definizione dei gironi avvenne allo Sky City Theatre di Auckland il 20 novembre 2020[22], quando ancora erano ignoti i nomi di tre delle cinque squadre espresse dalle qualificazioni; a tale data infatti solo Figi e Sudafrica avevano quadagnato il biglietto per la competizione, mentre invece altre sette squadre erano qualificate di diritto grazie al risultato ottenuto nella Coppa del Mondo di rugby femminile 2017[23]m ovvero Nuova Zelanda (campione uscente), Inghilterra (finalista sconfitta), Francia e Stati Uniti (semifinaliste), Canada, Australia e Galles (classificatesi dal quinto al settimo posto).
Le squadre all'epoca note erano state suddivise in fasce di merito in base al ranking World Rugby al momento del sorteggio, con le migliori tre in classifica (Nuova Zelanda, Inghilterra e Canada) teste di serie di ciascuno dei tre gironi[22]. Le squadre ancora ignote furono identificate dal loro slot di qualificazione; quelle note come "Europa 1" e "Asia 1" (che in seguito si sarebbe determinato sarebbero state Italia e Giappone) furono assegnate al girone 2, mentre la vincitrice del torneo finale di ripescaggio (appannaggio della Scozia) fu inserita nel girone 1.
Il sorteggio, presentato in diretta televisiva dalla conduttrice Laura McGoldrick, vide la presenza in videoconferenza (viste le restrizioni per la pandemia di COVID-19) di Bill Beaumont, presidente di World Rugby e, come estrattori, il primo ministro neozelandese Jacinda Ardern, le ex Black Ferns Melodie Robinson e Farah Palmer e l'ex All Black Dan Carter[22].
I gironi al termine delle qualificazioni furono i seguenti:
La miglior realizzatrice di punti, con 44, è l'inglese Emily Scarratt (una meta, 12 trasformazioni e 5 calci piazzati)[24] che in classifica precede la francese Caroline Drouin (41) e il duo neozelandese Renee Holmes / Portia Woodman (35)[24]. La citata Woodman è, inoltre, primatista di mete marcate (7), sopravanzando un trio a 6 mete composto dalla canadese Emily Tuttosi (miglior marcatrice della prima fase) e le due inglesi Amy Cokayne e Marlie Packer[24].
World Rugby quantifica l'affluenza totale al torneo in più di 140000 presenze[25]. Limitatamente alla finale, Eden Park registrò 42579 spettatori paganti, raggiunti grazie all'emissione di un lotto extra di biglietti a pagamento oltre i 40000 già venduti; un'ulteriore offerta di biglietti omaggio agli spettatori fu prevista per coloro che si fossero presentati alla biglietteria dello stadio dalle 15:30 locali in avanti, un'ora prima della disputa della finale per il terzo posto[25]. L'affluenza registrata a Eden Park per la finale costituisce un record per un incontro di rugby internazionale femminile[25].
Numerose emittenti televisive pubbliche e private stipularono accordi con World Rugby per la visione totale o parziale, in diretta o differita, degli incontri della Coppa del Mondo[26].
Limitatamente ai Paesi delle squadre qualificate alla competizione, le emittenti televisive interessate furono[26]:
Altri Paesi non partecipanti ebbero un accordo di copertura televisiva della Coppa del Mondo; tra di essi figurano Argentina, Brasile, Cile, Filippine, Nigeria, Paesi Bassi e dipendenze caraibiche, Polonia, Portogallo e altre[26].
Paesi ed entità territoriali non interessate da accordi televisivi ebbero comunque accesso alla visione in chiaro in diretta streaming; tra di essi si citano Albania, Austria, Belgio, Croazia, Germania, Grecia, Hong Kong, Messico, Panama, Svezia, Svizzera, Ucraina e altre[26].
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