Originatasi alla fine del XII secolo dalla divisione del gruppo consortile che avrebbe dato origine ai conti da Montefeltro e ai conti di Carpegna propriamente detti, nel XIII e XIV secolo la contea - che ritroviamo attestata per la prima volta come comitatus comitum de Carpengna in un atto del 1238[2] - si sviluppava intorno a due nuclei territoriali distinti. Il primo era situato nell'area del monte Carpegna, l'altro nell'area di San Marino. Essa giunse a comprendere in tempi diversi almeno trenta castelli, oggi compresi nelle province di Pesaro (Carpegna, Castellaccia, Castrum Arimannorum, Landeto, Palazzo Corignano, Pieve di Carpegna, Torre dei Fossati, Villa Sorbi), Rimini (Bascio, Billi, Castrum Pertice, Gattara, Maciano, Meleto, Miratoio, Monte Acuto (oggi Monte San Marco, presso Villagrande di Montecopiolo), Pietracuta, San Lorenzo, Sassofeltrio, Scavolino, Soanne, Tramarecchia, Turris dompni Nicole), Arezzo (Arsicci, Asaio, Belvedere, Monterotondo, Roti), Forlì (Montegelli) e nella repubblica di San Marino (Castrum Rome, Casole, Fiorentino, Montegiardino, Pennarossa, Torricella). Inoltre i conti, che avevano giurato il cittadinatico di Città di Castello, Rimini e Ravenna, detenevano uomini e diritti di varia natura nei contadi di quelle città. L'aggregato politico era di una certa consistenza, tanto che i suoi signori nel 1256 dichiaravano di poter garantire a Città di Castello un contingente di mille fanti e venti cavalieri in caso di leva generale dell'esercito.[3]
I domini situati nel Montefeltro si ridussero di numero e di estensione dalla fine del XIII secolo. Nella seconda metà del XV secolo, la perdita di gran parte dei castelli dell'area sammarinese e la scomparsa dei Malatesta dalla scena politica portarono i conti di Carpegna a dividersi definitivamente in due rami (1463). Un ramo ebbe Carpegna con altri tre castelli (Castellaccia, Palazzo Corignano e Torre dei Fossati), mentre l'altro ebbe Gattara, Bascio, Miratoio e Scavolino, costituendo un feudo che nel 1685 acquisì il rango di principato imperiale.[4] L'ingresso di Firenze nella politica di quella zona sul finire del Quattrocento, portò i Carpegna di entrambe le linee a cercare la protezione toscana tramite dei trattati di accomandigia, che li posero definitivamente al riparo dai tentativi di incameramento urbinate. Il 4 marzo 1490 fu infatti stipulato un atto di accomandigia con la repubblica fiorentina per assicurarsi tutela e difesa: il conte, nel giorno di San Giovanni Battista, partecipava in Firenze alla processione dei vassalli per consegnare un palio di seta del valore di sei fiorini d'oro.[5] Da allora e fino al 1819, i due territori feudali di Carpegna e di Gattara-Scavolino rimasero autonomi, come feudi imperiali. Tuttavia la contea di Carpegna, per la sua posizione strategica di confine, fu spesso occupata o minacciata, come accadde con Cesare Borgia e Giovanni dalle Bande Nere.[6]
Si verificarono, inoltre, seri problemi connessi con la successione e la possibile estinzione della famiglia comitale: in un'evenienza del genere ci sarebbe stata la devoluzione a Firenze o a Roma. Nel 1560, morì il conte Orazio I lasciando un solo figlio, Giovanni III, che scomparirà precocemente. La vedova di questi, Beatrice, era in stato di gravidanza e, sotto la sorveglianza di emissari del duca di UrbinoGuidobaldo II della Rovere (timoroso di un'annessione toscana), diede alla luce Orazio II, che salvò la dinastia e la contea.[7]
Tra i più significativi esponenti della famiglia si ricorda il cardinale Gaspare, famoso collezionista d'arte che, nel 1674, affidò all'architetto Giovanni Antonio De Rossi il progetto, in Carpegna, dell'imponente palazzo detto dei principi, costruito dal capomastro muratore Carlo Perugini da Gubbio tra il 1679 e il 1687. Nel 1749 la contea visse una nuova e complessa fase successoria. Il conte Francesco Maria, infatti, privo di eredi maschi, nominò a succedergli il nipote marchese Antonio Gabrielli (figlio di Mario Gabrielli e della sua figlia primogenita Laura) con l'obbligo di assumere il nome e titolo della casa di Carpegna. Tale decisione, però, provocò l'indignazione del granduca di Toscana, che era l'imperatoreFrancesco I (consorte di Maria Teresa d'Austria): il 10 giugno 1749, egli fece dunque occupare la contea che, in base agli accordi, in mancanza di prole maschile sarebbe dovuta passare al suo Stato. Il Papa, i sovrani di Francia, di Sardegna e di Spagna appoggiarono l'erede di Francesco Maria che, dopo il ritiro dell'esercito toscano, poté rientrare[8] nell'avito palazzo a Carpegna.
Nel 1797 si verificò un'altra situazione inconsueta: Napoleone I si impadronì dello Stato della Chiesa ma non occupò Carpegna, ritenendola un possedimento asburgico, cosicché nel 1803 il conte dominante poté persino emanare gli statuti della contea. Questa mantenne la sua autonomia fino al 1807, quando fu assorbita nel regno napoleonico d'Italia. Caduto Napoleone, l'ultimo conte sovrano, Gaspare, fu reintegrato nei suoi domini e nel 1817 riunì la contea di Carpegna e il principato di Scavolino sotto la propria giurisdizione. Papa Pio VII, però, aveva abolito il feudalesimo e, ritenendo assai pericolosa l'esistenza di un libero staterello al confine dello Stato pontificio, lo costrinse, nel 1819, a cedere i diritti e il patrimonio.[9] Si accese allora una lunga contesa giurisdizionale con il granducato di Toscana che si protrasse fino a che, nel 1861, l'istituzione del Regno d’Italia rese superate le liti sui confini fra gli Stati preunitari. Il patrimonio fu invece riacquistato nel 1851 dal figlio del figlio di Gaspare, Luigi, che nel 1865 assunse anche il nome di Don Orazio Falconieri, spettante al primogenito, i titoli e le proprietà dei Falconieri alla morte del cardinale Chiarissimo Falconieri Mellini, ultimo della sua famiglia, per disposizione del fidecommesso istituito da Orazio Falconieri.[10]
Da quest'ultimo discendono gli attuali conti e principi di Carpegna Falconieri: Antonio (Elena e Filippo), Giovanni (Augusto Nicola), Tommaso (Livia, Sofia e Vittoria), Caterina.[11]
Le residenze dei conti di Carpegna erano le seguenti: il palazzo dei principi in Carpegna, il palazzo Carpegna a via degli Staderari, il palazzo Carpegna a Fontana di Trevi e la villa Carpegna in Roma.
I luoghi di sepoltura: pieve di San Giovanni a Carpegna, pieve di Santa Mustiola a Scavolino, chiesa di Santa Maria della Neve a Gattara, chiesa di San Francesco a San Marino, cappella dell'Incoronata nella chiesa di Santa Maria in Vallicella (Chiesa Nuova) a Roma, chiesa di Sant'Andrea della Valle a Roma.
Lo stemma dei conti di Carpegna è così illustrato:
«tre bande trasversali d'argento su campo azzurro»
Nel 1460 la contea di Scavolino si staccò da Carpegna con Ugo, cugino di Lamberto che divise i territori: sottoscrisse l'atto di scissione tre anni dopo con il conte Giovanni II; nel 1490, poi, per maggiore sicurezza e tutela, concluse un accordo di accomandigia con la repubblica di Firenze.[13] Il conte Tommaso (1560-1610) trasferì la residenza da Gattara a Scavolino, dove abbellì il borgo e fece erigere il possente palazzo-fortezza (di cui, sopravvissuto fino ai primi del Novecento, rimangono solo i ruderi): emanò un nuovo statuto, riunendo le norme volute dai predecessori.[14]
Nel 1685 la contea fu elevata a principato con diploma dell'imperatore Leopoldo I d'Asburgo: Ulderico sarà il primo a fregiarsi del titolo di principe del S. R. I. e di Bascio. Privo di figli, nel 1731 Ulderico trasmise il principato al nipote Emilio Orsini, figlio della sorella Vittoria.[15]
Ulderico II sarà l'ultimo reggente fino al 1797 a causa dell'occupazione napoleonica: ritornerà nel 1814 per morire poco dopo. Il 7 maggio 1817 scomparve la vedova Anna Girolama e, nel 1819, i due feudi dei Carpegna furono annessi allo Stato Pontificio.
Il luogo di sepoltura dei principi di Scavolino era nella chiesa di Santa Mustiola.[16]
AA. VV., La contea di Gattara, Editrice Società di Studi Storici per il Montefeltro, San Leo 2006.
Tiziano Arlotti, Il principato di Scavolino, Bruno Ghigi Editore, Rimini 1985.
Giuseppe Caciagli, I feudi medicei, Pacini, Pisa 1980.
Sara Cambrini-Tommaso di Carpegna Falconieri (a cura di), Codice diplomatico dei conti di Carpegna (secoli XII-XIV, Editrice Società di Studi Storici per il Montefeltro, San Leo 2007.
Tommaso di Carpegna Falconieri (a cura di), Terra e memoria. I libri di famiglia dei conti di Carpegna-Scavolino (secoli XVI-XVII), Editrice Società di Studi Storici per il Montefeltro, San Leo 2000.
Maria Gabriella Donati-Guerrieri, Lo Stato di Castiglione del Lago e i della Corgna, ed. Grafica, Perugia 1972.
Francesco Vittorio Lombardi, La contea di Carpegna, Bramante, Urbania 1977.
Amedeo Potito (a cura di), Carpegna feudo imperiale, Editrice Società di Studi Storici per il Montefeltro, San Leo 1973.
G. Renzi, Antiche vicende di confini tra Marche e Toscana , Editrice Società di Studi Storici per il Montefeltro, San Leo 1974.
M. Salvadori, Compendio genealogico della famiglia dei conti di Carpegna, Urbino 1880.
M. Tafuri, Il palazzo Carpegna a Carpegna, <Palatinum>, XI, 1967.
Leonardo Clementi, Carlo Perugini Capomastro Eugubino, tesi di laurea in Architettura, Università degli Studi di Firenze, a.a. 1999/2000, relatore G. Orefice.