La storia di Padova ha visto il progressivo evolversi (nell'arco di almeno 2.500 anni) di un centro di discreto rilievo commerciale, culturale ed economico.
Nel corso della prima guerra mondiale, Padova costituì una sorta di quartier generale avanzato per le forze alleate. A Villa Giusti (località Mandria di Padova) fu firmato l'armistizio che pose termine al conflitto (4 novembre 1918). Gli eventi occorsi nell'ultimo conflitto mondiale e nel dopoguerra sono assimilabili a quelli riscontrati nel rimanente territorio italiano.
Preistoria e mito
(LA)
«Hic Tamen ille urbem Patavi sedesque locavit Teucrorum et genti nomen dedit armaque fixit Troïa, nunc placida compostus pace quiescit.»
(IT)
«Qui egli pose la città di Padova e la sede dei Teucri, e diede un nome alla gente, e l'armi appese di Troia: ora riposa composto in placida pace.»
La tradizione[1] vuole che la fondazione di Padova risalga al 1185 a.C., per opera di un gruppo di Veneti, provenienti secondo le leggende vuoi dall'Illiria vuoi dall'Asia minore, guidati da Antenore, il principe sopravvissuto alla distruzione di Troia, la cui ipotetica tomba sorgerebbe nell'omonima piazza[2].
Rappresentando uno dei principali centri della cultura paleoveneta, l'antica Padova sorse sulle sponde del fiume Brenta (durante l'antichità chiamato Medoacus Major) che allora (probabilmente fino al 589) scorreva nell'alveo dell'odierno Bacchiglione, al tempo denominato Medoacus Minor.
Alla "fluvialità" originaria di Padova, è legato il famoso episodio[4] in cui - a detta di Tito Livio - la scorreria dello spartanoCleonimo sarebbe stata valorosamente respinta dagli antichissimi padovani (302 a.C.) a seguito di una sorta di battaglia navale sul Brenta-Medoacus.
Età romana
Anche se può essere riduttivo considerare la storia italica dell'antichità nella prospettiva del progressivo affermarsi di Roma, non può negarsi del tutto la legittimità di una tale chiave interpretativa. Sotto questo profilo, è lecito affermare che Padova fece assai presto una scelta di campo ben precisa.
Nel 302 a.C.Patavium dovette sostenere l'attacco portato da una flotta spartana condotta dal principe Cleonimo. Gli spartani, dopo aver attraccato le loro navi alla foce del Brenta, in un primo tempo riuscirono nel loro intento di saccheggio, cogliendo di sorpresa gli abitanti della città. Ma poi i patavini, riorganizzatisi, ricacciarono in mare gli invasori greci, infliggendo loro gravi perdite; infatti solo un quinto della loro flotta, riuscì a mettersi in salvo prendendo il mare. Per celebrare la vittoria i patavini dedicarono un tempio a Giunone.[5]
Durante la dominazione romana Patavium, com'era allora conosciuta, fu una delle più ricche città dell'Impero grazie, anche, all'allevamento di cavalli, ma soprattutto per l'esportazione di pezze di lana [9].
In età augustea Padova divenne parte della X Regio che aveva come capitale Aquileia, cui era collegata grazie alla via Annia che partiva da Adria. Del periodo romano rimangono alcuni ponti, rimaneggiati in età medioevale, l'arena (presso la cappella Scrovegni), resti di terme (sotto palazzo Storione) e del foro (zona piazza Garibaldi e piazzetta Cavour) di cui rimane una sola colonna.
All'inizio del V secolo a Padova fu posto un Praefectus Sarmatarum gentilium, da cui quindi dipendeva una delle 13 guarnigioni di Sarmati a difesa dell'impero. Probabilmente la guarnigione era di stanza a Sarmeola (Sarmaticula), frazione di Rubano e a Sermazza (località di Vigonovo).
Successivamente alla caduta dell'Impero (476), Padova, con la rotta del 589, vide il Brenta cambiare di corso, sostituito dal Bacchiglione[10].
Dal 535 al 553 imperversò la guerra tra Bisanzio e i Goti alleati dei Franchi: passata ai primi nel 540 ed in seguito ai secondi con Totila, Padova fu presa da Narsete, generale di Giustiniano.
Venne quindi conquistata e completamente rasa al suolo nel 601 dai Longobardi di Agilulfo che, secondo la tradizione locale, penetrarono nelle difese cittadine dall'attuale Ponte della Morte davanti a via Rudena (ovvero: rovina). Monselice resistette qualche mese prima di capitolare anch'essa ai Longobardi.
Alcuni abitanti cercarono allora rifugio nella Laguna Veneta, contribuendo successivamente alla nascita di quella che diverrà, secoli dopo, Venezia[11].
La città attraversò un lungo periodo di decadenza, dal quale si risollevò solamente dopo la fine del regno longobardo.
Gli anni successivi videro Padova espandere la propria importanza ed i propri domini, in perenne lotta contro i comuni limitrofi e le grandi famiglie tra le quali quella degli Ezzelini da Onara.
Nel 1222 venne fondata l'Università, la seconda più antica d'Italia ed una tra le più prestigiose d'Europa. Vi predicò Sant'Antonio, che vi morì nel 1231 e per il quale i padovani eressero una grandiosa basilica. Tra il 1303 ed il 1305Giotto dipinse la Cappella degli Scrovegni, inestimabile tesoro pittorico.
L'espansione del comune patavino fu tuttavia interrotta a più riprese, in particolar modo tra il 1237 ed il 1256 dalla sanguinosa dominazione di Ezzelino III da Romano, ricordato per aver trucidato in un solo giorno oltre diecimila padovani[12].
Signoria
Nel 1318 muta l'assetto politico a Padova: inizia la Signoria dei Carraresi con l'elezione a Capitano del Popolo di Jacopo da Carrara.
Nel 1328 la città veniva conquistata da Cangrande della Scala ed entrava a far parte per un breve periodo dell'immenso territorio della signoria veronese.
Il secolo successivo, pur turbato da continue lotte con le signorie limitrofe e con la minacciosa Venezia, fu per Padova l'apice del suo splendore, assoluta protagonista dell'arte e della cultura europea grazie alla presenza di artisti e letterati quali Giusto de' Menabuoi, Guariento, Altichiero, Francesco Petrarca sotto la protezione di Francesco I da Carrara.
Francesco II da Carrara divenne signore di Padova nel 1388 per abdicazione del padre e dovette subito combattere contro Gian Galeazzo Visconti che alleato con Venezia attaccò i territori padovani. La campagna militare viscontea fu capitanata da Jacopo Dal Verme e Francesco Delfino. Francesco II nel novembre 1388 dovette consegnare ai milanesi Padova, Treviso, Ceneda, Feltre, Belluno e tutti i territori ad esse subordinati; Treviso e Ceneda per gli accordi presi furono cedute definitivamente a Venezia. Successivamente, grazie all'appoggio di Firenze e col consenso di Venezia, i Carraresi riacquistarono il dominio di Padova nel giugno 1390 costringendo le milizie viscontee alla resa[13].
Erano gli ultimi bagliori militari di Padova, che, nel 1405 dovette piegarsi definitivamente a Venezia dopo una lunga e cruenta lotta. È la cosiddetta "devozione" di Padova a Venezia: gli ultimi Carraresi prigionieri vengono uccisi mediante strangolamento mentre si trovano nei Piombi, le famigerate carceri veneziane.
Durante il medioevo il municipio e la successiva signoria scavarono le principali opere idrauliche della provincia di Padova: il canale di Battaglia, il Piovego e il Brentella.
Per quasi quattro secoli Padova, pur perdendo importanza politica, poté godere della pace e della prosperità assicurata dalla signoria veneziana e della libertà[14] che venne assicurata alla sua Università, che richiamò studenti ed insegnanti da tutta Europa, divenendo uno dei maggiori centri dell'aristotelismo e attirando, in seguito, numerosi ed illustri intellettuali, tra i quali Galileo Galilei.
Il terribile assedio del 1509 durante la guerra anti-veneziana promossa dalla Lega di Cambrai, in seguito al quale venne completata la cinta muraria, fu tra i pochi eventi bellici degni di nota del periodo. Gli assalti imperiali furono respinti sul Bastione Codalunga[15] da nobili veneziani, padovani e celebri soldati di ventura come Citolo da Perugia.
Erasmo da Narni, detto Gattamelata (Narni, 1370 – Padova, 1443) è stato un condottiero italiano. Fu prima capitano di ventura al servizio prima di Firenze, poi del Papa e quindi della Repubblica di Venezia, da cui ottenne la carica di capitano generale. Abile stratega militare, difese la Serenissima dagli attacchi dei Visconti e riuscì a conquistare Verona. È rimasta celebre la frase Narnia me genuit / Gattamelata fui, che ancora campeggia su una lapide presso la casa del Gattamelata a Narni.
Seicento
Il XVII secolo fu, tutto sommato, un periodo politicamente e militarmente piuttosto tranquillo per Padova: Venezia, cui Padova continuava ad appartenere, era sicuramente entrata nella parabola discendente della propria millenaria storia.
Fu emanato un provvedimento in forza del quale tutti i maschi maggiorenni delle famiglie nobili venivano automaticamente cooptati nel Consiglio municipale; in realtà, tale organo non aveva poteri superiori, che invece rimanevano appannaggio di strutture centrali della Serenissima[16].
La guerra di Candia (1645-1669) fu l'occasione per alcune famiglie padovane[17] per essere ammesse nel patriziato veneto, cioè quello riconosciuto dalla Repubblica di San Marco (peraltro, al costo di un ingente contributo pecuniario).
Settecento
Anche il XVIII secolo può essere ricordato per gli stravolgimenti sociopolitici e culturali che - a Padova, come nel resto d'Europa - fecero sentire la propria eco, piuttosto che per gli eventi che normalmente si associano alla tradizionale idea di "storia" (guerre e simili).
Menzioneremo, tuttavia, la nascita del "moderno" Prato della Valle (intorno al 1776, ad opera del "Provveditore" Andrea Memmo), ed ovviamente la caduta di Venezia, per le prevedibili ripercussioni che l'evento ebbe anche per la città in esame: Padova venne occupata dai francesi il 28 aprile 1797.
Del pari, degna di nota è la posa della prima pietra (20 dicembre 1778) dell'ospedale Giustinianeo,[18] per iniziativa del vescovo Nicolò Antonio Giustiniani[19] (onde ancor oggi l'ala antica del nosocomio patavino reca la denominazione Ospedale Giustinianeo).[20]
Nel 1797, come abbiamo detto, cadde Venezia sotto l'avanzare di Napoleone e Padova venne ceduta all'Austria col trattato di Campoformio. Con la pace di Presburgo del 26 dicembre 1805, Padova passò al Regno d'Italia napoleonico. La dominazione francese fu caratterizzata dalle leggi ecclesiastiche napoleoniche, che comportarono la soppressione di decine di chiese e conventi padovani, demoliti o adibiti a uso militare o civile.
Successivamente alla disfatta napoleonica, Padova entrò a far parte del Regno Lombardo-Veneto (7 aprile 1815), sotto la dominazione austriaca.
In questo periodo, l'ingegnere provinciale e architetto Giuseppe Jappelli realizzò il macello pubblico (1821), attuale Istituto d'Arte "Pietro Selvatico", e il Caffè Pedrocchi (1831-39).
Nel 1819 venne demolita l'antica chiesa di Sant'Agostino, che fu uno dei principali luoghi di culto della città, per realizzare una caserma di cavalleria.
Nel 1842 viene aperto il tratto Padova - Marghera della ferrovia Ferdinandea (oggi nota come Linea Venezia-Milano). L'apertura di questa linea ed il crollo del traffico via acqua provoca l'impoverimento della popolazione del quartiere Portello la cui economia gravitava intorno al porto fluviale.
Tra il 1842 e il 1874 venne scavato il canale Scaricatore, su progetto degli ingegneri Pietro Paleocapa e Vittorio Fossombroni, a seguito delle rovinose piene del Bacchiglione che cominciarono ad affliggere Padova.
Nel 1848 anche Padova vide l'insurrezione contro l'occupazione austriaca, in particolar modo ad opera di studenti universitari: ancor oggi la data dell'insurrezione studentesca, 8 febbraio, viene festeggiata. Tuttora nella Sala Bianca del Caffè Pedrocchi, che si trova di fronte alla sede principale e storica dell'università (Palazzo del Bo), è visibile il foro di una pallottola sparata contro gli studenti dai soldati austriaci.
In periodo post-unitario vennero eseguiti i primi interramenti di antichi canali cittadini: nel 1874, del canale di Santa Sofia (che scorreva lungo le attuali via Morgagni e via Falloppio), al posto del quale venne realizzata, tra il 1885 e il 1890, la ferrovia per Piove di Sacco, per Fusina e per Bagnoli; nel 1895, del canale della Bovetta, presso i Carmini.
Anche a Padova e provincia scoppiarono nel 1898 dei moti popolari, parte dei più generali moti italiani di quell'anno. Anche se a Padova le agitazioni furono molto più limitate rispetto a quelle che esplosero in altre città, queste segnarono l'inizio dell’ascesa dei liberal-democratici patavini i quali, nel 1900, riusciranno a sostituirsi stabilmente ai moderati a guida della città.
Tra il 1906 e il 1908 fu aperto il rettifilo di Corso del Popolo - Corso Garibaldi, che collegò la stazione ferroviaria a piazza Garibaldi. Vennero costruiti il ponte sul Piovego, e un ponte sull'oggi scomparso Naviglio. L'apertura del nuovo asse viario comportò diversi sventramenti nei pressi degli Eremitani. Contestualmente all'apertura del rettifilo, furono creati i Giardini dell'Arena.
Nel 1907 vennero inaugurate le prime linee della tramvia elettrica di Padova.
Durante la prima guerra mondiale vista la vicinanza al fronte della città, Padova fu sede di vari Comandi Superiori, compreso quello della Terza Armata, di numerosi reparti logistici e del più importante ospedale militare del Fronte, subendo a più riprese bombardamenti aerei. La sera dell'11 novembre1916 una bomba austriaca centrò un rifugio antiaereo nel bastione della Gatta, all'interno del quale centinaia di famiglie avevano cercato scampo. La deflagrazione investì in pieno la folla causando 93 morti e 96 feriti.
Da un piccolo aeroporto, a San Pelagio (nel comune di Due Carrare) — ora sede di un museo del volo — partì Gabriele D'Annunzio per il celebre volo su Vienna.
Nel 1918 a Villa Giusti del Giardino nei pressi di Padova, nella località Mandria, venne firmato l'armistizio che pose fine alla guerra tra Italia e gli Imperi Centrali.
Nel 1919 nacque la Fiera Campionaria di Padova; nel giugno 1921 la terza Fiera dei Campioni si aprì nella nuova sede permanente di via Niccolò Tommaseo, su un'area di 160.000 metri quadri.
Nel 1925 iniziò la demolizione del quartiere medievale di Santa Lucia, per la costruzione di un nuovo quartiere su progetto originario dell'architetto Gino Peressutti. Vennero demolite, tra le altre, le case di Pietro d'Abano e di Andrea Mantegna. A seguito del fallimento della società costruttrice, il progetto originario (che prevedeva anche la demolizione del Ghetto) venne bloccato, e negli anni '30 al posto del quartiere di Santa Lucia sorse il complesso di piazza Spalato, attuale piazza Insurrezione, in stile littorio.
Nel 1931-32 si tennero grandi celebrazioni per il settimo Centenario Antoniano.
Padova fu la sede del Comando Regionale Veneto della Resistenza, centro di coordinamento del CLN per tutto il Veneto. Fu questo Comando che diede l'ordine per l'attacco del 26 aprile 1945.
I partigiani presero il controllo dei ponti sul Brenta per bloccare gli spostamenti della Xª Flottiglia MAS repubblichina proveniente da Salboro che attaccò con l'artiglieria la città provocando vittime sia tra i civili sia tra i tedeschi e le forze della Repubblica Sociale Italiana.
Il 27 aprile verso sera le forze della R.S.I. si arresero, seguiti nella notte dalle truppe tedesche della ventiseiesima divisione.
Alla fine dell'insurrezione tra i partigiani di Padova si contarono 224 caduti e quasi altrettanti feriti, mentre le forze della Repubblica Sociale Italiana e la Wehrmacht contarono circa 500 morti e attorno ai 20.000 prigionieri.
Gli anni dal dopoguerra ad oggi furono per Padova di continuo sviluppo economico, grazie alla favorevole collocazione geografica al centro di importanti vie di comunicazione favorevoli per industrie e servizi. L'interramento delle Riviere (1956-1960), che rivoluzionarono la viabilità stradale del centro storico, e la perdita (1954) dei collegamenti ferroviari con la provincia (gestiti dalla Società Veneta per le Imprese e Costruzioni Pubbliche nota come La Veneta) costituirono uno dei tanti prezzi che la città pagò alla diffusione del trasporto su gomma.
Nel 1956 venne costituito il Consorzio ZIP, con cui nacque la Zona Industriale di Padova; nel 1958 iniziarono gli espropri di 7 milioni di metri quadrati di terreno agricolo nella zona di Camin, San Lazzaro, San Gregorio e Granze.
Nel 1959 iniziò la totale demolizione dell'antico quartiere popolare Conciapelli (o dei Pellattieri), per costruire un complesso residenziale.
Nel 1966 fu chiuso il gasometro di via Trieste, per essere trasferito in via Jacopo Corrado, dove rimase operativo fino al 1972 (quando avvenne l'introduzione del gas naturale trasportato su metanodotto).
Nel 1967 avvenne la demolizione della "Nave" del Portello, storica casa popolare del quartiere Portello, per costruire appartamenti e uffici universitari.
A partire dagli anni sessanta, la città divenne il perno della graduale trasformazione economica della provincia di Padova da un'economia agricola in direzione di un'economia di servizi. L'Università ed il Complesso Ospedale / Policlinico allargarono progressivamente la loro - già notevole - rilevanza scientifica nazionale, ed il loro ruolo centrale nell'articolazione dell'economia locale.
La crisi sociale e politica degli anni settanta vide il polarizzarsi delle tensioni, in vicende spesso collegate alla crescente politicizzazione di frange dell'ampia comunità studentesca ed universitaria della città.
Il 17 giugno 1974 le Brigate Rosse compiono a Padova il loro primo omicidio assassinando due militanti di destra, Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola, nella sede del Movimento Sociale Italiano di via Zabarella.
Il commando delle BR, penetrato nella sede del MSI alla ricerca di documenti, dovette confrontarsi con la reazione dei due militanti ivi presenti che, inermi, vennero quindi uccisi a colpi di pistola.
Il 7 aprile 1979 il sostituto procuratore Pietro Calogero fece arrestare circa 140 persone appartenenti a Potere Operaio e Autonomia Operaia, tra cui spiccarono i professori universitari Luciano Ferrari Bravo, Toni Negri ed Emilio Vesce, oltre che molti studenti e ricercatori. L'accusa, passata alla storia come teorema Calogero, tentò di dimostrare che il gruppo di Autonomia fosse la facciata legale delle Brigate Rosse e che Toni Negri fosse l'organizzatore del sequestro di Aldo Moro.
Il 5 febbraio 1981 l'estremista di destra Valerio Fioravanti uccise sull'argine del canale Scaricatore i due carabinieri Enea Codotto e Luigi Maronese che lo avevano sorpreso mentre recuperava armi da un nascondiglio segreto subacqueo. Fioravanti fu in breve catturato.
Nel corso della seconda metà degli anni ottanta le tensioni politiche iniziarono ad essere parzialmente riassorbite nel tessuto sociale della città, rimanendo comunque sempre presenti.
Gli anni recenti e gli sviluppi urbanistici
La città oggi sta vivendo importanti cambiamenti urbanistici con la costruzione di nuovi moderni edifici direzionali e residenziali. Tra questi, uno dei più importanti è sicuramente il Net Center, una torre di 84 metri di altezza. Sono previsti numerosi progetti di riqualificazione di numerose aree esterne al centro della città, che per anni sono rimaste nel degrado più totale. Tra i più importanti, è necessario citare gli interventi di trasformazione urbana previsti nell'area in prossimità della stazione, e nella riqualificazione in "Area dei Servizi" dell'area urbana Tribunale-Fiera-Stanga.
Anche il monumento "Memoria e Luce" del famoso architetto Daniel Libeskind, costruito nel 2005 alle Porte Contarine in memoria delle Twin Towers, è diventato un simbolo di modernità per la città. Tuttavia è stato oggetto di numerose critiche, sia per la sua utilità che per la sua collocazione ed il suo costo.
Simili polemiche, su un altro versante, hanno accompagnato il profondo rinnovo della viabilità cittadina, articolatasi negli ultimi anni intorno alla complessa realizzazione del Metrotram, con conseguente viabilità travagliata a causa dei cantieri aperti, e delle sue infrastrutture funzionali sull'asse Nord-Sud della città Pontevigodarzere - Arcella - Stazione - Centro Storico - Guizza; in prospettiva, avrebbero dovuto essere realizzate quattro ulteriori linee.
La posa in opera delle rotaie per il mezzo pubblico in oggetto ha ovviamente avuto una ricaduta piuttosto vistosa sul tessuto viario urbano. In tale luce s'inquadra il "sacrificio" (non sarà più praticabile dall'utenza privata) di metà Cavalcavia Borgomagno (versante Est), previsto — a regime — in concomitanza con l'operatività effettiva di quella linea tranviaria.
Nel 2008, apparentemente accantonata la realizzazione di una grande rotatoria inglobante il tratto apicale del Cavalcavia Camerini,[26][27]
hanno ripreso impulso le attività di edificazione del Cavalcavia Sarpi-Dalmazia, nuova porta di accesso al centro della città del popoloso quartiere Arcella. L'apertura al traffico era stata prevista verso il maggio 2009.[28] Tuttavia, il 19 novembre 2008 è stato annunciato un rinvio di 170 giorni della data di ultimazione.[29] Naturalmente, questa proroga influirà analogamente sulla reale apertura del servizio per la linea SIR 1 verso l'Arcella, e fino a Pontevigodarzere, che dovrebbe — come già detto — monopolizzare una delle due attuali carreggiate del Cavalcavia Borgomagno, imponendo l'operatività del "Sarpi-Dalmazia".
A metà ottobre 2009 veniva dato per probabile che l'inaugurazione dell'opera si svolgesse il 24 di quello stesso mese (un sabato). L'operazione, preventivata nel 2007 per poco più di 10 milioni di Euro, al termine dell'avventura costerà più del doppio: 23 milioni.[30]
Padova è diventata una città sempre più al nel mirino della criminalità organizzata e dello spaccio di droga. Dalla fine degli anni ottanta Padova divenne uno dei principali centri di spaccio di stupefacenti del Veneto.
Simbolo evidente di questa difficile situazione è sicuramente il complesso residenziale "Serenissima" di via Anelli.
Il residence venne edificato negli anni settanta, con lo scopo di coprire la forte richiesta di mini-appartamenti per gli studenti universitari.
Successivamente, a partire dagli anni novanta, con il crescere della popolazione straniera, vi presero dimora numerose famiglie di immigrati, dati i canoni di locazione particolarmente contenuti.
Anche molti stranieri non in regola si insediarono nel complesso; purtroppo, la maggior parte di loro si inserì in vari gruppi per lo spaccio organizzato di droga e armi come "prima" occupazione.
Con il passare del tempo, la situazione peggiorò notevolmente. Nel giro di pochi anni si perse il controllo della zona, i prezzi delle abitazioni nelle vicinanze calarono e molti esercizi commerciali chiusero. Lo spaccio di droga, che già era molto consolidato nell'asse via Tommaseo/via Venezia, si aggravò ulteriormente.
Il caso di via Anelli diventò sempre più un vero "problema sociale" e nel giro di poco tempo si susseguirono gravissimi episodi di violenza che si ripercossero nel panorama nazionale.
Nell'estate del 2006 si è arrivati all'apice del fenomeno. Dopo uno scontro tra i vari gruppi di spaccio, costato diversi feriti, l'amministrazione comunale di centro sinistra, guidata dal sindacoFlavio Zanonato, decise di erigere un muro di acciaio, alto 7 metri e lungo 84, attorno ad un lato del complesso residenziale per ostacolare lo spaccio, impedendo il passaggio nelle pertinenze di un altro complesso che in precedenza era separato da quello di via Anelli da una rete metallica divelta dai malavitosi. Tale scelta suscitò diverse polemiche da tutto il mondo politico e dalla società. Anche emittenti straniere, tra cui CNN ed NBC, dedicarono approfondimenti sul caso.
Ad ogni modo, l'amministrazione del sindaco Flavio Zanonato (nella "legislatura" conclusasi con le elezioni amministrative del 2009) aveva significativamente inciso, in collaborazione con le autorità di pubblica sicurezza locali, nel dissolvere la concentrazione di clandestinità e delinquenza che per anni aveva funestato via Anelli (peraltro incorrendo in discreti attriti con la frangia più radicale di maggioranza a sostegno dell'allora esistente giunta di centrosinistra). Attualmente, infatti, il complesso edilizio è stato sgomberato, secondo un piano comunale che prevede la ricollocazione abitativa degli aventi diritto in altre zone della città.[31]
La demolizione effettiva del Complesso Serenissima, una delle zone più degradate, è iniziata nell'ottobre 2019.[32]
Tuttavia, il 4 febbraio 2008, Valentino Rossin, che aveva collaborato alla conduzione delle indagini e pertanto ha potuto fruire dei benefici accordati dalla cosiddetta normativa "premiale" (legge n. 29 del 1982), è stato condannato in primo grado a tre anni e quattro mesi e di reclusione, per i reati di associazione sovversiva, banda armata e detenzione di armi. Il suo difensore ha dichiarato l'intenzione di conoscere la motivazione della sentenza, allo scopo di valutare un'eventuale impugnazione.[35]
La criminalità, il crescente degrado ed altri nodi da risolvere
Durante gli ultimi anni Padova, pur avendo le dimensioni di una città di provincia, ha cominciato ad accusare alcuni problemi tipici delle metropoli.
La situazione della criminalità e del crescente degrado a Padova presenta indici allarmanti, se confrontati con le medie regionali.[38]
Rapine a mano armata, aggressioni nelle abitazioni (cosiddette "rapine in villa").
Il giorno 11 febbraio 2008, l'assessore alla sicurezza Marco Carrai ha annunciato l'adozione di una serie di provvedimenti di prevenzione, tra cui, nell'immediato, la dislocazione tra le 07.00 e le 21.00 di ogni giorno di un "presidio mobile" (furgone attrezzato) della Polizia Municipale in Piazzale Stazione. L'intervento sarebbe prodromico ad una più vasta azione, comprendente tra l'altro la videosorveglianza di Piazza De Gasperi, Via Manara ed altri "punti caldi".[39]
In maggio dello stesso anno, veniva annunciato l'inizio di un servizio di sorveglianza fluviale per mezzo di apposite imbarcazioni della Polizia Municipale (in collaborazione con la locale Protezione Civile), nell'intento di contrastare spaccio di droga ed altri fenomeni di degrado lungo gli argini cittadini.[40]
Note
^Sul punto è una veraminiera d'informazioni il testoLa leggenda di Antenore, di Lorenzo Braccesi, (1984), per i tipi di Signum edizioni - Editoriale Programma - Padova: tutta la tematica ha per cornice l'epopea dei Nòstoi (in lingua greca, letteralmente, i "Ritorni") ovvero i reduci-scampati della guerra di Troia. Inizieremo senz'altro osservando che - in questa materia - si distinguono due tradizioni: la sofoclea e la virgiliano-liviana. La prima è legata alla cosiddetta "atticizzazione" del mito di Antenore, la seconda ne esprime la "romanizzazione". Secondo Sofocle (anche se in realtà la notizia ci giunge attraverso Strabone) non sarebbe casuale la quasi-omonimia tra l'antico popolo orientale degli eneti (enetòi) e la loro destinazione, Enetikè, ossia quello che oggi chiamiamo Veneto. L'argomento sarebbe stato sostenuto in una tragedia andata perduta, Gli antenoridi. Il concetto è stato poi ripreso anche da Polibio, oltre ad altri autori meno noti, via via fino a Catone. Per quanto attiene all'accennata "romanizzazione", essa è riconducibile principalmente a Virgilio, come abbiamo già detto, ma anche a Tito Livio. Gli Annali liviani consacrarono definitivamente (in età augustea) l'origine "antenorea" di Padova, riconoscendole nientemeno che una sorta di primogenitura rispetto a Roma stessa. Perfino Tacito, commentando la cruenta vendetta politica di Nerone sul già rammentato patavino Publio Claudio Trasea Peto, fa riferimento alla pretesa nobiltà "troiana" dell'antica Padova. Quel che è più singolare, è il fatto che la figura di Antenore potrebbe, secondo tarde fonti ellenistiche, essere definita moralmente discutibile: Licofrone per primo, e poi altri autori (intorno al III secolo a.C.) sostengono che Antenore avrebbe favorito gli assedianti greci nella realizzazione del noto espediente del cavallo di Troia. Per ricompensa, Antenore e la sua casa (opportunamente contrassegnata con l'esposizione convenuta di una pelle di leopardo) sarebbero stati preservati dalle devastazioni seguite alla conquista achea di Troia. Ancora più singolare è il fatto che queste "sub-leggende" sul tradimento di Antenore, in alcune versioni, assocerebbero nella colpa di un tale misfatto lo stesso Enea.
^Riferito da Tito Livio; in ciò può peraltro desumersi l'esistenza, verosimile, di un "partito anti-romano" che tentava di mantenere una maggiore autonomia rispetto al potente alleato.
^ Strabone, Capo II, in Geografia, Volume III, Libro V.
^Fino a quest'epoca il fiume Brenta (all'epoca noto come Medoacus) entrava in città all'altezza della Specola seguendo quello che è l'attuale corso del Bacchiglione. Il fiume poi percorreva il tratto fino alle Porte Contarine per poi piegare in una lunga ansa lungo (attuali denominazioni) Largo Europa e Riviera dei Ponti Romani, alla fine uscendo dalla città con un'altra ansa in Riviera Businello. All'interno della prima ansa era cresciuta la antica Patavium (pre)romana.
^Secondo la leggenda, invece, la nascita di Venezia avvenne il 25 marzo del 421 con la consacrazione della chiesa di San Giacometo a Rialto, sulle rive del profondo canale navigabile oggi Canal Grande. Gli abitanti della terraferma vi avrebbero trovato rifugio a seguito delle varie ondate di invasioni barbariche che si succedettero dal V secolo.
^Il dato è verosimilmente sovrastimato, anche in considerazione del presumibile sviluppo demografico di Padova nel Medioevo.
^Si veda, anche, Giovanni Battista Belzoni — la vita i viaggi le scoperte, di Luigi Montobbio, Edizioni Martello, Padova, 1984, pag. 7
^Il monumento, in un primo momento, era stato collocato in quella che tuttora si chiama Piazza Garibaldi (ma anticamente era detta Piazza dei Noli, o Della Paglia, poiché vi stazionavano vetturini e carrettieri, oggi sostituiti dai taxisti), al posto della Madonna dei Noli, statua che invece dovette ritornare al proprio posto a furor di popolo, spedendo il monumento all'Eroe dei Due Mondi in prossimità dei Giardini dell'Arena, dove attualmente sorge. (Fonte: Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, pag. 206; si veda anche la nota bibliografica nella voce principale).
^Sia per le proteste di alcuni comitati di residenti, sia — soprattutto — per l'irrisolto smaltimento di materiali inerti tossico-nocivi improvvidamente adoperati quale massa di riempimento del terrapieno in rilievo che ne avrebbe costituito la base.
^Fonte: Padova Est — guida alla nuova viabilità, pubblicazione informativa distribuita dal Comune di Padova nel maggio 2008, pag. 20. (disponibile on-lineArchiviato il 9 novembre 2016 in Internet Archive.)