Carlo Semenza nacque a Milano, in via Moscova 42, il 9 luglio 1893. Era l'ultimo dei cinque figli di Arturo Semenza, commerciante in tessuti e titolare di una filanda a Verolanuova, in provincia di Brescia, e di sua moglie Sofia Alfieri.[2] L'anno seguente, la famiglia si trasferì in via Solferino 12. Apparteneva a una famiglia lombarda di ingegneri distintisi nel mondo dell'elettricità, quali Guido Semenza, cugino del padre e fondatore dell'Associazione elettrotecnica italiana, e i suoi fratelli Marco e Camillo.[3]
Fu quindi assunto dalla SADE come assistente ingegnere[5] e, dal 1928, subentrò a Vincenzo Ferniani, trasferitosi alla Montecatini, come direttore dell'ufficio tecnico costruzioni idrauliche. Al termine della costruzione dei suddetti impianti, la SADE gli affidò la piena responsabilità della progettazione e della costruzione dei nuovi impianti che la società stava realizzando nel Triveneto.[4][6][7]
Fu socio delle associazioni americana e britannica degli ingegneri civili. Vicepresidente del comitato italiano della commissione internazionale per le grandi dighe, contribuì allo sviluppo della realizzazione nel 1951 dell'ISMES (Istituto Sperimentale Modelli e Strutture) di Bergamo, diretto da Arturo Danusso e del quale fu vicepresidente. Fu anche presidente della commissione tecnica e membro del comitato tecnico centrale della sezione tecnologica dell'Associazione italiana delle industrie elettriche[5], nonché membro del comitato tecnico centrale della sezione tecnologica dell'ANIDEL (Associazione Italiana Industrie Elettriche).
Nell'autunno del 1957, durante un viaggio in Giappone, conobbe il geotecnico austriaco Leopold Müller, che divenne suo amico e collaboratore.[14] Partecipò a congressi nazionali e internazionali e a conferenze di natura non tecnica. Al momento della morte era assistente tecnico esperto delle Nazioni Unite per problemi idroelettrici in Jugoslavia.
L'alpinismo
La sua passione per l'alpinismo lo portò a fondare a Milano, qualche anno prima della grande guerra, una società "Cicloalpina".[15] Trasferitosi a Vittorio Veneto nel 1919, promosse attività alpinistiche e, nel 1925, fu socio fondatore e primo presidente della sezione Club Alpino Italiano di Vittorio Veneto, poi retta dal figlio Massimo. Consigliere centrale del club, venne eletto presidente onorario nel 1954.[16] Nel 1950 un suo saggio venne inserito nella terza edizione del primo volume di Antonio Berti, Le Dolomiti Orientali[17], nella collana del CAI-TCI Guida dei Monti d'Italia.
La morte
Il 17 ottobre 1961, il giorno dopo il ritorno da un viaggio in Perù con escursioni in alta quota durato dieci giorni, fu presente all'inaugurazione della diga del Vajont, che doveva essere la sua ultima opera prima della pensione.[18] La mattina di domenica 29 ottobre, il giorno dopo la visita alla mostra del Mantegna, presso il Palazzo Ducale a Mantova, ebbe una emorragia cerebrale in casa sua, poco dopo il ritorno dalla messa a Lido di Venezia. Rimase in coma meno di ventiquattro ore e morì verso le otto di mattina di lunedì 30 ottobre.[18][19][20] Fu sepolto a Venezia[21] e, in seguito, il tribunale dell'Aquila sentenziò la sua estraneità giudiziaria dal disastro del Vajont.[22][23]
Vita privata
Il 25 settembre 1920 sposò Emilia Barioli ed ebbe cinque figli: Massimo, Alessandro, Laura, Edoardo e Mariella.[5][24][25]
Opere principali
Di seguito sono riportate in ordine cronologico le sue opere[26][27]:
Grandi dighe
Diga in terra per l'ampliamento lago di Santa Croce (1938);
Diga di Sottosella, sull'Isonzo, ex Jugoslavia (1940);
Il 13 novembre 1961, due settimane dopo la sua morte, il consiglio del Club Alpino Italiano deliberò in una seduta straordinaria la costruzione di un rifugio o di un bivacco in sua memoria. Il 22 settembre 1963, sulle Prealpi Venete, nei pressi di Forcella Lastè, gruppo del Col Nudo-Cavallo, nel comune di Tambre, a Belluno, venne inaugurato il Rifugio Carlo e Massimo Semenza.[30]
Il 5 luglio 1962, la SADE pubblicò un volume commemorativo dal titolo Scritti di Carlo Semenza, con presentazione di Ferniani[4], e il 3 novembre dedicò all'ingegnere la diga del Vajont.[31][32]
L'università di Padova gli intitolò una medaglia d'oro, raffigurante la diga del Vajont, per i migliori laureati in idraulica della sessione.[33]
Il comune di Tambre, nella frazione di All'Ò, gli ha intitolato una via.
Nei media
Cinema
H max 261,6 m, regia di Luciano Ricci, cortometraggio del 1960.
Vajont: storia di una diga, Francesco Niccolini (sceneggiatura), Duccio Boscoli (disegni), Padova, BeccoGiallo, 2018, ISBN9788833140421, OCLC1090201035.
Note
^Rivista geografica italiana, volume 73, 1966, p. 138.
^Comune di Milano, Stato civile, nascite, 1893, serie C, n. 1724.
^Bollettino di sericoltura: rassegna ufficiale settimanale, 1932, p. 392.
^ Carlo Semenza, Le utilizzazioni idroelettriche ed irrigue nel bacino del Piave, in A. Berti, Le Dolomtii Orientali, collana Guida dei Monti d'Italia, vol. 1, 3ª ed., Milano, Club Alpino Italiano, Touring Club Italiano, 1950, p. 15.
Edoardo Semenza, La storia del Vaiont raccontata dal geologo che ha scoperto la frana, Ferrara, TecomProject Editore, 2001 (II edizione: Ferrara, K-Flash, 2005).
Vincenzo Ferniani (a cura di), Scritti di Carlo Semenza, Venezia, Ufficio studi della Società Adriatica di Elettricità (SADE), luglio 1962.
Antonio Berti, Le Dolomiti Orientali, in «Guida dei Monti d'Italia», volume 1, 3ª edizione, Milano, Club Alpino Italiano, Touring Club Italiano, 1950, p. 15.