L'augite (simbolo IMA: Aug[6]) è un minerale molto comune della classe dei "silicati e germanati" appartenente al gruppo del pirosseno; possiede composizione chimica (Ca,Mg,Fe)2Si2O6.[2] Strutturalmente l'augite appartiene agli inosilicati.
Etimologia e storia
L'augite fu descritta per la prima volta nel 1792 dal mineralogista tedesco Abraham Gottlob Werner e prese il nome dal greco antico αὐγή (augḗ, ossia "brillare, luccicare").
Nell'obsoleta 8ª edizione della sistematica dei minerali secondo Strunz, l'augite apparteneva alla classe dei minerali dei "silicati e germanati" e lì alla sottoclasse generale degli "inosilicati", dove ha dato il nome alla "serie dell'augite" con il sistema nº VIII/D.01d; insieme a egirina-augite, fassaite (nel frattempo screditata come varietà) e omfacite si trovava all'interno dei clinopirosseni appartenenti alla famiglia dei pirosseni.
Nella Sistematica dei lapis (Lapis-Systematik) di Stefan Weiß, che si basa ancora su questa vecchia classificazione di Strunz per rispetto verso i collezionisti privati e le collezioni istituzionali, al minerale è stato assegnato il sistema e il numero di minerale. VIII/F.01-90. In questa Sistematica ciò corrisponde anche alla classe dei "silicati a catena e a bande", dove l'augite insieme a egirina, egirina-augite, davisite, diopside, esseneite, grossmanite, hedenbergite, giadeite, jervisite, johannsenite, kanoite, clinoenstatite, clinoferrosilite, cosmocloro, kushiroite, namansilite, natalyite, omfacite, petedunnite, pigeonite, spodumene e tissintite, con le quali forma il gruppo dei "clinopirosseni" (a partire dal 2018).[8]
Anche la 9ª edizione della sistematica dei minerali secondo Strunz, valida dal 2001 e aggiornata l'ultima volta dall'Associazione Mineralogica Internazionale (IMA) nel 2009,[9] classifica l'augite nella divisione "9.D Inosilicati"; questa è ulteriormente suddivisa in base alla struttura delle catene o bande e alla relazione con alcuni minerali, in modo che il minerale sia classificato di conseguenza nella suddivisione "9.DA Inosilicati con catene singole di periodo 2, Si2O6; famiglia del pirosseno", dove insieme a davisite, diopside, esseneite, hedenbergite, johannsenite, kushiroite e petedunnite forma il sistema nº 9.DA.15.[1]
La sistematica dei minerali secondo Dana classifica l'augite nella classe dei "silicati e germanati" e lì nella sottoclasse dei "minerali silicati a catena". La si trova nel gruppo "C2/c Clinopirosseno (Ca-clinopirosseno)" con il sistema nº 65.01.03a all'interno della suddivisione "Silicati a catena: Catene semplici non ramificate, W=1 con catene P=2".
Sottoposta al cannello a soffiatura, l'augite si fonde in vetro nero, spesso magnetico. Generalmente viene attaccato solo debolmente dagli acidi, a eccezione dell'acido fluoridrico (HF).
L'augite di titanio, invece, è completamente decomponibile in acido cloridrico (HCl) bollente.[10]
Con una durezza Mohs da 5 a 6, l'augite è uno dei minerali medio-duri e può essere graffiata con un coltello similmente al minerale di riferimento apatite (durezza 5) o con una lima d'acciaio come il minerale di riferimento ortoclasio.[10]
In natura si presenta in individui prismatici tozzi, ricchi di facce, di colore verde più o meno scuro a seconda della quantità di ferro contenuta.
La jeffersonite è una varietà di augite contenente manganese e zinco.[13], quindi la sua composizione chimica è identica a quella dell'augite. La sua durezza Mohs è compresa tra 4,5 e 5 e la sua densità misurata è compresa tra 3,51 g/cm³ e 3,55 g/cm³.[14]
In petrografia è diffusa anche la distinzione tra augite e augite di titanio (con una percentuale in peso di biossido di titanio (TiO2) maggiore del 3%).[15] Questo può spesso essere riconosciuto in sezione sottile senza analisi chimica dal suo colore che va dal marrone-viola al viola, con l'intensità della colorazione che di solito aumenta con il contenuto di titanio.
Degno di nota per gli straordinari ritrovamenti di augite è il sito di Clear Lake, nella provincia canadese dell'Ontario, dove sono venuti alla luce cristalli di dimensioni fino a 15 cm.[19]
Essendo molto diffusa, l'augite è presente in moltissimi siti sparsi per il mondo.[18]
L'augite è anche una componente di alcuni meteoriti pietrosi ed è stata rilevata anche in campioni di roccia provenienti dalla dorsale del Pacifico orientale.[18][20]
Nell'ambito dei suoi studi mineralogici, Johann Wolfgang von Goethe si interessò anche alle grandi augiti idiomorfe che si trovano nel vulcano boemo Vlčí hora.[21] Su istigazione di Goethe, il chimico Johann Wolfgang Döbereiner condusse esperimenti di fusione su queste augite. Frédéric Soret esaminò anche morfologicamente l'augite del Wolfberg e pubblicò i suoi risultati in una rivista pubblicata da Goethe.
Forma in cui si presenta in natura
L'augite sviluppa cristalli prismatici da corti a lunghi, ma anche aggregati minerali granulari di colore verde, marrone o nero con striature grigio-verdi. Molto raramente, si trovano anche augiti incolori (chiamate leukugiti).[16]
L'augite compare sia in aggregati granulari, sia in individui di abito prismatico, per lo più tozzo, a contorno quasi quadrato od ottagonale. Sono frequenti anche i geminati per contatto. Il colore è sempre piuttosto scuro: appare nero se il minerale si presenta in forma massiva, ma può essere verdastro o bruno se è in piccoli frammenti. Ha brillantezza vitrea tendente alla resinosa: in particolare, è assai viva sulle superfici di sfaldatura, che di solito appaiono brillanti.[1]
Note
^abcdefghijk(EN) Augit, su mindat.org. URL consultato il 1º giugno 2024.
^(EN) Subcommite on Pyroxenes, CNMMN; Nobuo Morimoto, Nomenclature of Pyroxenes (PDF), in The Canadian Mineralogiste, vol. 27, 1989, pp. 143–156. URL consultato il 1º giugno 2024.
^(DE) Stefan Weiß, Das große Lapis Mineralienverzeichnis. Alle Mineralien von A – Z und ihre Eigenschaften. Stand 03/2018, 7ª ed., Monaco, Weise, 2018, ISBN978-3-921656-83-9.
^(EN) Ernest Henry Nickel e Monte C. Nichols, IMA/CNMNC List of Minerals 2009 (PDF), su cnmnc.units.it, IMA/CNMNC, gennaio 2009. URL consultato il 1º giugno 2024 (archiviato dall'url originale il 10 novembre 2023).
Carlo Maria Gramaccioli, Francesco Demartin e Matteo Boscardin, Come collezionare i minerali dalla A alla Z, vol. 3, Milano, Peruzzo, 1988.
(DE) Friedrich Klockmann, Klockmanns Lehrbuch der Mineralogie, 16ª ed., Stoccarda, Enke, 1978, p. 719, ISBN3-432-82986-8.
(DE) Hans Pichler e Cornelia Schmitt-Riegraf, Gesteinsbildende Minerale im Dünnschliff, 2ª ed., Stoccarda, Enke, 1993, ISBN3-432-95522-7.
(DE) Hans Jürgen Rösler, Lehrbuch der Mineralogie, 4ª ed., Lipsia, Deutscher Verlag für Grundstoffindustrie (VEB), 1987, ISBN3-342-00288-3.
(DE) Karl Hugo Strunz e Ernest Henry Nickel, Strunz Mineralogical Tables. Chemical-structural Mineral Classification System, 9ª ed., Stoccarda, E. Schweizerbart’sche Verlagsbuchhandlung (Nägele u. Obermiller), 2001, ISBN3-510-65188-X.