Nato da Giovanni, di origine vicentina e da Maria Pipa, riceve la prima istruzione artistica presso l'Accademia Cignaroli di Verona, allievo di Caliari che l'avvia ai canoni pittorici tradizionali.
Nel 1845 frequenta i corsi dell'Accademia di Venezia con Ludovico Lipparini e Michelangelo Grigoletti.
Nel 1848 è a Bologna per sottrarsi all'arruolamento austriaco in occasione della Prima guerra d'indipendenza. Nel 1849 è di ritorno a Verona dove impartisce lezioni di pittura alla giovane allieva mantovana Orsola Ferrari, salva una parentesi nel 1851 a Milano dove conosce Domenico Induno, fino al trasferimento a Firenze nel 1853 per avviarsi alla scuola di Giovanni Signorini, padre di Telemaco, e per sottrarsi alla persecuzione della polizia austriaca per i suoi ideali patriottici[1].
In questo periodo partecipa a mostre presso le maggiori europee e negli Stati Uniti, ma per gravi problemi di salute dal 1893 la sua produzione cessa, nonostante i suoi dipinti continuino a comparire nelle esposizioni come l'ultima personale del 1902 presso la Società degli amatori e cultori di Belle Arti di Roma.
L'archivio di Vincenzo Cabianca[3], costituito da un epistolario (1856-1909) e appunti autobiografici manoscritti e dattiloscritti, è una serie documentaria contenuta all'interno del fondo di artisti Macchiaioli, conservato presso il Nuovo Archivio dei Macchiaioli[4]. Si tratta di una raccolta di vari nuclei afferenti a diversi artisti, costituita da Dario Durbé, comprendente documentazione, originale e in copia, di grande interesse per lo studio del movimento dei Macchiaioli, nonché del Risorgimento e della cultura toscana dell'Ottocento.
Attività e stile
Avviato all'attività artistica secondo i canoni tradizionali dal veronese Caliari, nella prima fase della sua carriera Cabianca si dedica prevalentemente alle scene di genere e al ritratto (Autoritratto e Ritratto di famiglia del 1854), con tecnica a olio o acquerello, sfociando anche su temi sociali contemporanei (Rifiuto di elemosina del patriarca di Venezia del 1850) e dove lascia già intravedere un vivo interesse per il cromatismo reso con vivaci pennellate che lo conduce nel periodo tra il 1855 e il 1858 all'adesione alla corrente macchiaiola, cui è avvicinato dagli amici Telemaco Signorini e Cristiano Banti.
Opere significative di questo periodo sono Porcile, Donna con un porco contro il sole (disperso) e Porco nero contro il muro bianco, dove appaiono evidenti il realismo dei soggetti, le scelte chiaroscurali e le influenze del lombardo Gerolamo Induno.
«Negli anni [cinquanta e sessanta], artisti di varie parti d’Italia si accostarono al movimento macchiaiolo. Vincenzo Cabianca, veronese (1827-1902), partecipando alle prime e più intransigenti esperienze macchiaiole, si liberò della sua maniera ricamata che aveva inorridito il Signorini e il Borrani le prime volte che andaron con lui sul motivo per le campagne di Firenze. E si rifece in brutale vivacità di rapporti e corposità di smalti; sebbene la ricerca di violenti effetti di Sole e d’ombra e la densità di questi smalti diano, talora, alla sua pittura qualcosa di greve e porcellanoso.»
(Emilio Cecchi in Pittura italiana dell'ottocento)
Nel 1854 partecipa all'esposizione fiorentina di Belle Arti con quattro dipinti, mentre alla Promotrice espone quattro quadri di genere: Una confidenza, La disdetta di casa, Il magnetismo, La miseria.
Nel 1859 espone alla Promotrice Novellieri fiorentini del Trecento, Dante nel Casentino, Il ratto di Piccarda Donati e Ricognizione per sorpresa.
Al 1861 risalgono il viaggio a Parigi con Banti e Signorini e l'esposizione alla Mostra nazionale di Belle Arti con Ferriera nella Versilia che riscosse poco credito, così come all'esposizione fiorentina di Belle Arti del 1863, dove espose Barca a rimorchio, Mattino nei dintorni di Firenze e Crepuscolo.
Nel 1863Giovanni Boldini esegue alcuni ritratti dell'amico Cabianca, insieme al quale frequentava casa di Cristiano Banti, sei dei quali ci sono pervenuti.
Ai suoi soggiorni a La Spezia ed Arezzo risalgono Castiglion Fiorentino e Le monachine (1862), Arco a Portovenere, Contadina a Montemurlo, Cave di La Spezia, Acquaiole della Spezia (1864), Spiaggia a Viareggio (1865), Case a Lerici (1867), Il bagno tra gli scogli (1868), dove nelle scelte cromatiche è evidente l'influenza di altri artisti macchiaioli come Raffaello Sernesi e Odoardo Borrani.
Alla Esposizione di Belle Arti della Società promotrice di Napoli del 1865 presenta il dipinto Avanzi della chiesa di S. Pietro a Portovenere.
A partire dagli anni settanta si trasferisce definitivamente a Roma, dedicandosi in prevalenza agli acquerelli, tecnica di successo in Inghilterra dove soggiorna ed espone, uscendo quindi dalla corrente macchiaiola.
Opere principali
Autoritratto (1854), olio su tela, collezione privata;
Valle del Serchio (1854), olio su tela, collezione privata;
Vendemmia in Toscana (1854), olio su tela, collezione privata;
Nel 1927 a Verona gli viene dedicata la personale Onoranze centenarie al pittore Vincenzo Cabianca in occasione del centenario della sua nascita, così come nel 1938 a Roma presso la Opera Nazionale Dopolavoro.
Nel 1977 presso la Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea di Roma, si è tenuta l'esposizione del fondo d'atelier pressoché intatto lasciata dall'artista alla sua morte, comprendente tutti i taccuini con i disegni custoditi nell'archivio Cabianca.
A. M. Comanducci, Dizionario illustrato dei Pittori, Disegnatori e Incisori Italiani Moderni e Contemporanei, Milano 1970.
Bolaffi, Dizionario Enciclopedico dei Pittori e degli Incisori Italiani dall'XI al XX secolo, Torino 1972.
Dini, Cabianca e la civiltà dei macchiaioli, Firenze 2007.
Tiziano Panconi, Il Nuovo dopo la Macchia, Origini e affermazione del Naturalismo toscano, Pisa 2009.
Pierpaolo Brugnoli (a cura di), La pittura a Verona dal primo Ottocento a metà Novecento, 1° volume, Verona, Banca popolare di Verona, 1986, ISBN non esistente, SBNIT\ICCU\RAV\0017593.