Il suo percorso viene spesso fatto corrispondere a quella fatta costruire da Napoleone per varcare il passo del Sempione e ora seguito dalle strade statali 34 e 33[1].
Storia
L'Epigrafe di Vogogna
Le prime notizie dell'epigrafe risalgono al 1666 quando venne citata dallo scrittore Giovanni Antonio Berra, che a causa di un errore di trascrizione interpretò erroneamente l'iscrizione ed attribuì la realizzazione della strada a Gaio Giulio Cesare.[2] Per un paio di secoli l'iscrizione fu ignorata, poi ritrovata nel 1835 e portata all'attenzione dell'archeologo Giovanni Labus, che ipotizzò la costruzione della strada da parte dell'imperatore Settimio Severo[3], ipotesi ripresa da altri accademici del XIX secolo, quali Vincenzo De Vit[4].
L'epigrafe è molto danneggiata, manca del tutto della parte centrale[5] e l'inquinamento dovuto alla vicinanza della strada statale ha causato un ulteriore deterioramento, per cui è ormai quasi illeggibile.
Il testo è interpretabile come: «Via fatta per (decreto di?) … con sesterzi 22600 sotto il secondo consolato di Caio Domizio Destro e Publio Fusco con curatori dell'opera Marco Valerio e Salvio; fornitore dei marmi … è stato ? per (ordine) di Venusto conduttore pubblico di …»[6].
Le fonti antiche e i dati archeologici sulle strade romane nella zona del Lago Maggiore sono molto scarsi, per cui i dettagli sulla viabilità e sui percorsi delle strade in epoca romana sono in gran parte ignoti[7], sono state quindi avanzate solo delle generiche ipotesi[8]. Nella zona del Verbano sono stati rinvenuti solo brevi tratti di strada in località Pedemonte nel comune di Gravellona Toce, a Candoglia di Mergozzo, Feriolo di Baveno, Vogogna e Beura-Cardezza[9].
In particolare un'epigrafe ritrovata a Vogogna commemora la costruzione o rifacimento (via facta) di una strada (probabilmente un breve tratto, dato l'importo di 22 600 sesterzi citato sulla lapide) effettuato nel 196 d.C. durante il regno dell'imperatore Settimio Severo[10]. Studiosi novaresi, tra cui Vincenzo De Vit nel XIX secolo[11], hanno ipotizzato, sulla base di questa epigrafe, l'esistenza di una via che chiamarono appunto "Settimia", e che seguendo l'Agogna conduceva da Novara a Gravellona Toce[12]. Più probabile è un percorso diretto verso Milano, seguendo un tragitto simile alla strada napoleonica[12]. È stato inoltre ipotizzato che i lavori siano stati realizzati nell'ambito delle opere di presidio dei valichi di frontiera da parte di Settimio durante la guerra civile del 193-197[10].
Per la sua posizione geografica, una strada transitante per Vogogna portava probabilmente a Domodossola (e quindi al passo del Sempione)[11], ma avrebbe potuto dirigersi anche ad altri valichi, quali il passo del Monte Moro o il passo di Antrona[13]. Inoltre le scarse testimonianze storiche riportano che il passo del Sempione era attraversato in epoca romana da un semplice sentiero, utilizzato dallo sporadico traffico mercantile[14]. Resti di un sentiero di epoca romana sono stati trovati, ma si perdono nei pressi di Chlusmatte e non se ne conosce il proseguimento[15].
Percorso
Ipotesi Sempione-Milano
Tradizionalmente si attribuisce alla via il percorso seguito da Napoleone durante la discesa in Italia. Il tragitto corrisponde alla moderna strada statale 33 dal Sempione fino a Mediolanum (Milano), costeggia la costa occidentale del Lago Maggiore e si congiunge nei pressi di Sesto Calende con la strada che, uscendo da Porta Vercellina a Milano, si dirige verso i laghi lungo il corso dell'Olona. Lungo quest'ultimo tratto sono stati trovati diversi resti (vedi Via Mediolanum-Verbannus)[12].
Negli anni '30 del Novecento lo studioso mortarese Francesco Pezza approfondì e propugnò questa alternativa, basandosi su considerazioni socio-economiche e sui numerosi ritrovamenti archeologici: dal Sempione la via scendeva a Novara, per proseguire verso sud attraverso Mortara e Tortona, fino a Genova. In epoca medievale, sul medesimo tracciato si sovrappose un tronco della via Francigena[17][18]. Sull'enciclopedia Treccani la studiosa Maria Laura Gavazzoli Tomea avallò la tesi, sottolineando che nella Novara romana la via Settimia fungeva da decumano massimo della città[19]. Riprendendo gli studi del Pezza e le monografie di Ernesto Colli sulla Bassa Novarese, nel 2009 Bruno Radice ripropose ed approfondì i dettagli di questo percorso, illustrando il tracciato preciso tra Novara e Mortara[20].
^Il danneggiamento, un buco della profondità di 20 cm dell'epigrafe, è stato intenzionale. Secondo una versione fu fatto per impedire che venisse usata come prova in una lite per un diritto di transito; secondo un'altra il proprietario del terreno l'avrebbe danneggiata per impedire che i curiosi attraversassero il suo campo per vederla (Associazione culturale 1997, p. 34).
^ab Giuseppina Spagnolo Garzoli, Tra Leponti e Romani aspetti del popolamento nelle valli ossolane, in Inter Alpes - Insediamenti in area alpina tra preistoria ed età romana, Convegno in occasione dei quarant’anni del Gruppo Archeologico Mergozzo, 23 ottobre 2010, pp. 105-106.
^ Francesco Pezza, Il tracciato romano della via Francisca, Torino, Tip. G. Anfossi, 1937.
^ Maria Laura Gavazzoli Tomea, Enciclopedia dell'Arte Medievale, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1997. URL consultato il 12 gennaio 2023. Ospitato su Treccani.
Associazione Culturale Ossola Inferiore - Vogogna (a cura di), Una strada lunga 1800 anni: 1800º anniversario della Lapide romana (196 d.C.-1996) alla Masone di Vogogna, Vogogna, 1997.
Alessandro Mandolesi, Paesaggi archeologici del Piemonte e della Valle d'Aosta, Torino, Associazione antichità e arti subalpine e Fondazione della Cassa di risparmio di Torino, 2007, ISBN978-88-902381-0-9.
Cristina Miedico, Sulla strada per Angera - Viabilità terrestre ed acquatica tra Milano e la Svizzera in età romana, in Grazia Facchinetti e Cristina Miedico (a cura di), Di città in città - Insediamenti, strade e vie d'acqua da Milano alla Svizzera lungo la Mediolanum-Verbannus, Soprintendenza Archeologia della Lombardia, 2014, pp. 13-28. URL consultato il 16 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 16 febbraio 2017).
Filippo M. Gambari e Giuseppina Grazioli, Summo Plano: I Leponti e il Sempione, una via primaria per le relazione europee (Catalogo della Mostra), a cura di Filippo M. Gambari, Omegna, Città di Verbania, 2001.
Hans Peter Nething, Il Sempione, Porza, Edizioni Trelingue, 1977, ISBN3-7225-6310-0.
Elisa Panero, Insediamenti celtici e romani in una terra di confine, in Mnème. Documenti, culture, storia del Mediterraneo e dell'Oriente Antico, Edizioni dell'Ossola, 2003, ISBN978-88-7694-728-5, ISSN 2611-5247 (WC · ACNP).