Il promontorio di Κρότων prima della colonizzazione greca, dal bronzo medio fino all'età del ferro, era abitato da popolazioni indigene, che, come è desumibile dalla tradizione storico letterario, sono da assegnare ai Choni, un popolazione italica considerata una variante etnica degli Enotri, ma con una cultura ed un ordinamento proprio, fatto risalire ai miti dei nostoi, che occupano il territorio dalla Crotoniatide fino al Metapontino[1]. L'archeologia attesta che l'area di quella che diventerà Kroton fu occupato da un insediamento umano esteso, persistente dal bronzo medio fino all'età del ferro, distribuito in più, nuclei per complessivi circa 50 ettari (Castello/Via Firenze-Via Vittorio Veneto-Via Mazzini/ Via Venezia-Via Roma/Via Cutro- Via Roma- Via Panella/Area Campitello/Area Pignera – Campo Sportivo/Vigna Nova). Forse già dalla fase avanzata del Bronzo medio, ma certamente per le fasi del Bronzo recente e probabilmente nel Bronzo finale, il vasto aggregato insediativo di Kroton intratteneva contatti con l'area egea, ampiamente documentati dalla presenza di ceramica figulina, tornita e dipinta, di tipo miceneo (attribuibile al TE IIIB ed al TE IlIC), di ceramica grigia “pseudominia” in argilla depurata e tornita, di grandi dolii torniti in argilla depurata[2]. Le donne celebranti il lamento funebre per Achille a Crotone, è lecito pensare si trattasse di un collegio di sacerdotesse di Hera. Il culto fu localizzato nel Capo Lacinio. Il culto di Achille al Lacinio, testimoniato da un luogo dell’Alessandra di Licofrone, in cui Cassandra predisse a Menelao I’approdo al santuario e segnalò il costume delle donne epicorie di abbigliarsi a lutto, dismettendo ogni veste preziosa, per lamentare Achille, avvenne già da prima della fondazione di Crotone[3].
Ovidio, nel quindicesimo libro delle Metamorfosi, narra che il nome Crotone derivi dal nome Kroton", figlio di Eaco (o secondo altri figlio di Feace e fratello di Alcinoo)[4] che morì ucciso per errore dal Eracle. Questi, per rimediare all'errore compiuto e per onorare l'amico che lo aveva ospitato, lo fece seppellire con solenne cerimonia sulle sponde del torrente Esaro e poi vicino alla tomba fece sorgere la città a cui diede il suo nome. Questo episodio, unitamente all’uccisione di Filottete per mano degli indigeni suggerisce un contatto difficile o, ancor di più, il rifiuto violento del contatto con i greci da parte degli indigeni, che sarebbero riusciti per un certo periodo di tempo, ad opporsi alla colonizzazione greca[5].
«Attraversate il vasto mare e accanto all'Esaro fonderete Kroton»
La fondazione greca di Crotone risale al 708 a.C., ad opera degli Achei provenienti dalla montuosa regione dell'Acaia, guidati dall'ecista Miscello da Ripe, preceduta da almeno altri due visite che lo stesso personaggio avrebbe compiuto in precedenza nell'arco di un ventennio[5]. La tradizione storico-letteraria precisamente attribuisce all'oracolo di Apollo a Delfi l'ordine dato a Miscello di Ripe di fondare una nuova città nel territorio compreso fra Capo Lacinio e Punta Alice. Dopo aver attraversato il mare ed esplorato quelle terre, Myskellos pensò che sarebbe stato meglio fermarsi a Sybaris, già florida e accogliente anziché affrontare i pericoli e le difficoltà nella fondazione di una nuova città. Il dio adirato gli ordinò di rispettare il responso dell'oracolo.
La città era famosa per il suo clima salubre, per la bellezza delle sue donne, per le fertili campagne e per la forza fisica dei suoi uomini[7], tra cui ricordiamo il pluri-olimpionico Milone, tanto che superò ogni altra città greca nel numero di vincitori ai giochi panellenici e nei Giochi olimpici: un proverbio diceva «ultimo dei Crotoniati, primo dei Greci»[8]. Una leggenda narra che Milone partì dalla polis ionica portando un vitello e giunse ad Olimpia con un toro sulle spalle, destando meraviglia e clamore, e vincendo quindi numerose gare.
Kroton fu celebre per i suoi medici tra cui ricordiamo Democède (amico di Pitagora) ed Alcmeone, il quale introdusse la sperimentazione trasformando la medicina, che fino ad allora era contaminata da magia e superstizione, in una scienza.
Dopo una coesistenza iniziale relativamente pacifica, tra le città magnogreche, verso la metà del VI secolo a.C. iniziarono le discordie, che riproducevano a distanza lo scontro tra Atene e Sparta. Nel 560 a.C.Kroton e Locri iniziarono una guerra decennale, che si concluse con la battaglia della Sagra, vinta dai Locresi, sostenuti da Sparta.
Pitagora, nato a Samo nel 572 a.C., si trasferì, intorno al 530 a.C. a Kroton presso l'amico Democède, creando una scuola di sapere di scienza, matematica, musica, la scuola pitagorica, che gettò le basi per la nascita della Magna Grecia e lo sviluppo del razionalismo e del metodo scientifico.
Ci troviamo per la prima volta di fronte ad un'autentica scuola filosofica, sebbene molto arcaica e rudimentale. Questo evento segna il passaggio dello studio filosofico dalla Grecia alle polis della Magna Grecia, inoltre, entrarvi, non era facile, in quanto vi erano delle prove da superare per accedervi e delle regole tipiche dei Pitagorici da seguire. I discepoli in prova erano acusmatici e,secondo le fonti antiche, anche alle donne era concesso di farvi parte. La figura di Pitagora in questo periodo diventa importantissima, un profeta destinato a diventare leggenda e ispirazione per tutti i filosofi successivi che sarebbero arrivati.[9]
Infatti, nella Scuola Pitagorica di Crotone, giungevano filosofi da ogni dove: dalla Grecia a Parthènope, da Siracusa a Taranto. Tra questi si annoverano Zaleuco, Caronda e molti altri.[10]
Pitagora con i suoi discepoli conquistò il potere politico della città: in pochi anni si consolidarono governi pitagorici in molte pòlis della Magna Grecia costituendo una sorta di confederazione fra città-stato con capitale Kroton, come risulta da numerose monete coniate fra il 480 e il 460 a.C.
Molti anni dopo l'arrivo di Pitagora, Kroton mosse contro Sibari, importante pòlis situata circa 100 km a Nord di Crotone, che poco aveva a che fare con gli ideali pitagorici. Nel 512 a.C., tre nobili crotoniati vennero uccisi e i loro corpi furono dati in pasto ai lupi che affollavano le paludi intorno a Sibari, perché uno di loro si era innamorato di una bellissima vestale dagli occhi azzurri, che aveva tentato di rapire. Quando Sibari fu capeggiata da Telys molti aristocratici furono costretti a fuggire a Crotone per rifugiarsi. Alla richiesta di Telys di consegnare gli esuli sibariti, i Crotoniati rifiutarono. Questi fatti, aggiunti alla concorrenza dovuta a motivi commerciali, politici e di diversa appartenenza religiosa, convinsero i crotoniati a scendere in guerra contro Sibari.
Nel 510 a.C. iniziò una battaglia nei pressi del fiume Hylia (l'odierno Nicà tra Crucoli e Cariati), da dove i crotoniati inseguirono e annientarono le forze sibarite in una battaglia finale al guado del fiume Trionto (nei pressi di Mirto Crosia). Secondo la leggendaria tradizione, si erano fronteggiati ben 100.000 crotoniati, guidati dall'atleta olimpico Milone, contro i sibariti che li superavano per tre volte. La vittoria arrise a Kroton nonostante l'inferiorità numerica poiché i sibariti usarono, per la battaglia, un esercito di mercenari e cavalli ammaestrati a eseguire passi di danza negli spettacoli al suono dei flauti. I crotoniati, nella Battaglia di Nika, iniziarono a suonare i flauti, eseguendo la stessa melodia con la quale i cavalli erano stati ammaestrati per danzare, col risultato che le avanguardie delle truppe sibarite furono disarcionate immediatamente. E dopo settanta giorni di saccheggi venne deviato il corso del fiume Crati che sommerse Sibari decretando la fine.
Faillo e la rivolta di Cilone
Giunta al massimo della sua egemonia politica e culturale, Kroton fu travolta da una serie di conflitti sociali che sfociarono nella sanguinosa rivolta guidata dall'oligarca Cilone di Crotone durante la quale molti pitagorici furono trucidati e lo stesso Pitagora dovette fuggire da Kroton e riparò infine a Metaponto. Parallelamente caddero anche gli altri governi consimili e vi furono stragi e persecuzioni di pitagorici in tutte le pòlis italiote.
Caduto il governo pitagorico, Kroton visse un periodo di decadenza. Costituì, con Metaponto e Caulonia, la Lega Italiota per difendersi dagli attacchi delle popolazioni lucane. A tale declino ne consegue una generale anarchia, non solo a Crotone, ma pure nelle altre città. L'intervento degli Achei da una tregua all'anarchia: le loro colonie adottarono le leggi della patria originaria, così a Crotone, rilevatasi dalle sventure dell'anarchia, fosse nuovamente tutto regolare. Tale stato di cose dura fino verso l'anno 400, così il re di Siracusa cominciarono a inveire contro la Magna Grecia, Crotone cadde a più riprese, Dionisio di Siracusa se ne impadroni nel 389 e Agatocle nel 299.[12]
Nonostante l'area di Capo Lacinio non fosse più centro di studi come nei secoli precedenti con Pitagora, rimane anche in epoca romana una meta di transito commerciale, a testimonianza di questo, il rinvenimento di un relitto nei fondali di Punta Scifo, una delle navi romane sommerse più grandi mai trovate, si ipotizzano circa 30 - 35 m di lunghezza per almeno 9 m di larghezza , con 300 tonnellate di carico di marmi pregiati.[14]
Alcune anfore siciliane identiche datate del VII secolo rinvenute nei pressi della Sicilia, di Crotone e di Venezia testimoniano come il porto crotonese fosse ancora un punto di scambi commerciali nel mediterraneo.[16]
Basso Medioevo
Nel 1284 fu concessa dagli Aragonesi ai Ruffo di Catanzaro. Alla morte nel 1434 di don Niccolò, figlio di Antonello e ultimo marchese di Crotone, gli successe la figlia Giovannella, assassinata nella sua dimora un anno dopo. Indi le successe la sorella Enrichetta, che sposò in seconde nozze il nobile spagnolo Don Antonio Centelles, conte di Collesano e principe di Santa Severina, senza eredi.
Tra le famiglie più importanti per diversi secoli fino agli albori della storia unitaria, che ressero non solo i destini della città e dei territori di Crotone, ma anche di tutta la Calabria, si annoverano i Barracco, Berlingeri, Suriano e Locifero, Villegas e Ayerbe[17].
Nel 1799, seguendo i moti di ribellione contro i Borboni nati in tutto il meridione, la città proclamò la sua adesione alla Repubblica Napoletana. L'arrivo via mare di un bastimento francese fornì l'occasione adatta per costringere alla resa i pochi militari di guardia, ed in poco tempo si elesse il primo governo provvisorio della repubblica[18]. Tuttavia, a distanza di poco più di un mese, l'Esercito della Santa Fede in Nostro Signore Gesù Cristo guidato dal cardinale Fabrizio Ruffo riuscì a riconquistare la città dopo un assedio di pochi giorni, riportandola così sotto il dominio di Ferdinando I delle Due Sicilie[19].
Nel 1806 la città venne nuovamente occupata dall'esercito francese a seguito delle tensioni nate in seno alla nascita della Terza Coalizione. Per calmare gli animi della popolazione il nuovo sovrano Giuseppe Bonaparte fece personalmente visita alla città, ma non fu sufficiente a far desistere le varie bande armate, che in breve tempo costrinsero i militi francesi alla fuga. Per ristabilire l'ordine venne inviato il generale Jean Reynier, che con un assedio di una settimana costrinse la città alla resa[20], annettendola di fatto al neonato Regno di Napoli.
Nel 1844 i Fratelli Bandiera, assieme ad altri 19 patrioti, sbarcavano presso la foce del fiume Neto per intraprendere la loro spedizione. Fermatisi nei pressi di una masseria però, vennero avvisati della totale assenza di moti rivoluzionari, ma decisero di proseguire comunque con il loro piano, incamminandosi così verso Cosenza[21].
Nel 1860 si svolse il plebiscito, ed i votanti si espresso a favore dell'Unità d'Italia. Si registrarono comunque diversi scontri e contestazioni in tutto il territorio[22].
L'insediamento industriale ha visto la città protagonista nel periodo a cavallo fra le due guerre mondiali, anche grazie alla vicinanza con la centrale idroelettrica di Calusia, presso Cotronei. La popolazione crotonese raddoppia durante gli anni trenta, fino a superare i 60.000 abitanti.
Molte persone arrivavano dai paesi limitrofi, tante altre venivano da fuori regione, un'inversione di tendenza che ha visto molti immigranti partiti dalle regioni del nord fino a Crotone, tanto è che Crotone negli anni 80 veniva soprannominata la Milano del sud.
Alla fine degli anni ottanta le industrie principali, Pertusola Sud e Montedison, soffrono una profonda crisi, della quale risente l'intera città. Al 6 settembre 1993 risale la cosiddetta "notte dei fuochi": durante una rabbiosa protesta gli operai appiccarono alcuni fuochi sull'asfalto delle strade usando il fosforo prodotto nello stabilimento chimico già Montedison.
Migliaia di crotonesi persero il posto di lavoro, e questo accentuerà l'inevitabile emigrazione di massa verso lidi più prosperi.
Tante promesse, tanti progetti, tanti nuovi enti e consorzi per lo sviluppo ma pochi, pochissimi risultati e, in attesa del rilancio turistico, Crotone divenne provincia nel 1992.
Un'altra battuta di arresto per la città è data dall'alluvione del 1996, che danneggia gran parte delle abitazioni a ridosso del fiume Esaro e stronca sei vite umane ed il morale della città.
Note
^ Alfonso Mele, Le popolazioni dellArchaia Italia, in Quaderni del Centro Studi Magna Grecia, 2017, p. 172. URL consultato il 21 gennaio 2022.
^MARINO 1995, Domenico Marino, La Protostoria della Calabria centro-orientale (Dissertazione di Dottorato di Ricerca in Archeologia-Preistoria), Università degli Studi di Roma La Sapienza
^ Maurizio Giangiulio, Ricerche su Crotone arcaica, in Scuola normale superiore, 1989..
^Storia antica, Bertani, Antonelli e C., 1840. URL consultato il 22 agosto 2021.
^ Giuseppe Celsi, Faillo (Phayllos) di Crotone, in Gruppo Archeologico Krotoniate, 12 novembre 2019. URL consultato il 2 febbraio 2021.
^ Francesco Costantino Marmocchi, Corso di geografia storica antica, del Medioevo e moderna esposto in 24 studi da F. C. Marmocchi con atlante, V. Batelli e Company, 1845..