Rotta del Pinzone

Rotta del Pinzone
disastro naturale
TipoAlluvione
DataX secolo
LuogoBadia Polesine
StatoItalia (bandiera) Italia
Coordinate45°05′38.54″N 11°29′36.38″E
CausaPiena dell'Adige
Conseguenze
Mortin.d.
Area coinvolta200 km²

La rotta del Pinzone o rotta del Pizzone[1] (il nucleo abitato originario dell'attuale Badia Polesine) fu una disastrosa alluvione avvenuta nel X secolo e tradizionalmente posta nell'anno 950;[2] in realtà, la data va anticipata di qualche anno, dato che nel 944 la rotta si era già verificata.[3]

Oltre ad allagare 20.000 ettari del territorio polesano, la rotta causò il cambiamento dei corsi dell'Adige e del Tartaro.

Antefatto

In seguito alla rotta della Cucca del 589 il fiume Adige restò disalveato per secoli, provocando l'impaludamento dei territori del basso Polesine.[4] Il Tartaro scorreva in un canale artificiale, scavato quasi certamente dagli Etruschi, chiamato Filistina[5], corrispondente grossomodo a quello che oggi è l'alveo dell'Adigetto;[4] dopo la rotta della Cucca, il sistema Tartaro-Filistina scaricò anch'esso nelle paludi dell'Adige. Quasi certamente il Tartaro rimase connesso anche all'antico alveo del Po di Adria, corrispondente grossomodo all'attuale corso del Canalbianco.[6]

A partire dal IX secolo lungo il corso del Tartaro-Filistina cominciarono a nascere nuclei abitati, che daranno in seguito origine a Badia (oggi Badia Polesine), Lendinara, Villanova, Rovigo e Villadose, segnale che le terre avevano iniziato a riemergere dagli acquitrini e che il corso del fiume era considerato sufficientemente stabile dalle popolazioni.[1]

Verso l'inizio del X secolo il marchese Almerico di Mantova e sua moglie Franca[7] organizzarono la sistemazione del corso dell'Adige, che venne arginato in corrispondenza dell'antica fossa Chirola, corrispondente grossomodo al corso attuale dell'Adige.[1]

Cronaca

Tale sistemazione ebbe vita breve: prima del 944[3] l'Adige ruppe il nuovo argine in corrispondenza del Pinzone o Pizzone, il nucleo abitato originario di Badia:[1] 20.000 ettari del territorio Polesano furono allagati e la Filistina fu devastata.[2]

Conseguenze

Tale fu l'impeto delle acque che gli abitanti del Polesine furono costretti a scavare un nuovo alveo all'Adige, ricavandolo dall'antica Filistina (ossia quello che oggi è l'alveo dell'Adigetto).[4] In corrispondenza della rotta, i comuni di Badia, Lendinara e Rovigo innalzarono una palizzata per segnare l'incile del nuovo alveo e regolarne la portata.[1] Per quasi cinquecento anni questo fu il corso principale dell'Adige, ossia fino alla rotta della Malopera del 1438,[8] mentre il corso dell'Adige-Chirola venne chiamato Fiume Vecchio.[1] I due rami dell'Adige si ricongiungevano in località Lezze, poco prima di entrare a Cavarzere.[1]

Le acque del Tartaro, rifiutate dal nuovo corso dell'Adige, presero a scorrere esclusivamente in direzione di Adria. Questo scolo, insufficiente, provocò il progressivo impaludamento, a monte, delle Valli Grandi Veronesi.[senza fonte]

Solo dopo la rotta della Malopera del 1438 l'Adige tornò a scorrere nell'alveo inizialmente predisposto nel X secolo; il ramo che si staccava da Badia perse progressivamente di portata e fu chiamato Adigetto. Nel 1633 la palizzata che ne segnava l'incile venne sostituita dal sostegno in pietra (la Bova) ancora oggi funzionante.[1]

A partire dal XVI secolo iniziarono i lavori di regolazione del Tartaro, che sono terminati alla fine del XX secolo e che hanno portato alla realizzazione progressiva del Canalbianco come lo conosciamo oggi.

Nel 1782 l'Adigetto fu deviato all'altezza di Botti Barbarighe e portato, tramite lo Scolo Loredano, a sfociare nel Canalbianco.[1]

Note

  1. ^ a b c d e f g h i di Brenna, Cantù, p. 28.
  2. ^ a b Le rotte del Po nella storia, su Sito istituzionale del comune di Gavello. URL consultato il 14-07-2009 (archiviato dall'url originale il 14 giugno 2009).
  3. ^ a b Caniato, p. 21.
  4. ^ a b c Biscaccia, p. 147.
  5. ^ (LA) Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III, 121.
  6. ^ (EN) William Smith, Adria, in Dictionary of Greek and Roman Geography, Londra, 1856.
  7. ^ Battista Soffiantini, Vita di S. Teobaldo, Rovigo, 1933.
  8. ^ AA.VV., Rovigo. Ritratto di una città, Rovigo, Minelliana, 1988.

Bibliografia

  • L. Gualtieri di Brenna, Cesare Cantù, Grande illustrazione del Lombardo-Veneto, ossia, Storia delle città, dei borghi, comuni, castelli, ecc: fino ai tempi moderni per cura di letterati italiani, A. Tranquillo Ronchi, 1861.
  • Nicolò Biscaccia, Cronache di Rovigo dal 1844 a tutto 1864: premessa una succinta istoria sulla origine dell'antico Rhodigium, P. Prosperini, 1865.
  • Luciano Caniato, Rovigo, una città inconclusa: storia urbanistica dalle origini all'unità d'Italia, Canova, 1974.

Voci correlate