Pietro Bartezzaghi[1][2] (noto come Piero) proveniva da una famiglia della provincia di Milano, figlio di un idraulico dipendente del Comune di Milano. Vive in un ambiente dialettofono e incontra la lingua italiana solo a scuola e sui libri presi in prestito da biblioteche ambulanti divenendone grande appassionato. A tredici anni decide di inviare un cruciverba da lui realizzato al popolare periodico illustrato La Domenica del Corriere, che lo pubblica indicando il nome dell'autore; pochi anni dopo, nel 1949, inizia la collaborazione, mai più interrotta, con La Settimana Enigmistica[3][1][4][5].
Divenuto nel frattempo perito chimico, trova un lavoro a Ferrara presso la Montecatini, ma mantenendo la collaborazione, a distanza, come enigmista per La Settimana Enigmistica, della quale diviene l'autore di punta e che nel 1960, dopo oltre dieci anni di fruttuosa collaborazione, gli propone un posto in pianta stabile nella redazione che accetta[3][4][5]. Oltre che nell'attività di cruciverbista, Bartezzaghi sulla Settimana è anche attivo negli altri settori enigmistici, e si rivela maestro nella creazione di giochi crittografici e poetici; tutto questo sotto vari pseudonimi, i più noti dei quali sono Zanzibar, Duca d'Alba e Vittuone (il suo paese natio); tutto ciò che non è un cruciverba viene firmato sotto pseudonimo[5].
Piero Bartezzaghi diviene celeberrimo, e destinatario di numerose lettere dalle persone più varie[5]. I più grandi aiuti di Bartezzaghi nel suo lavoro sono stati un dizionario di lingua italiana e le note enciclopedie Garzantine, tenuti sempre a portata di mano[5]. Malato di tumore al cervello, lavora fino a due ore prima di morire, per scongiurare il suo terrore di perdere le facoltà mentali[4]. Muore il 9 ottobre 1989, ma su La Settimana Enigmistica continuano a essere pubblicati suoi lavori inediti fino all'agosto 1990, quando nella composizione del Bartezzaghi lo sostituisce il figlio primogenito Alessandro, ovvero, sempre tra parentesi, (A. Bartezzaghi) e non più (P. Bartezzaghi)[1]. Viene sepolto a Milano nel Cimitero di Lambrate[6].
Dei suoi tre figli maschi avuti con la moglie Aldina, Alessandro ha seguito le orme paterne alla Settimana Enigmistica della quale è direttore, mentre Stefano è ludolinguista, saggista e collabora con La Repubblica, curando la rubrica "Lessico e Nuvole"[7] e proponendo occasionalmente degli schemi di parole crociate per la testata; il terzo figlio Paolo è invece giornalista a La Gazzetta dello Sport[4].
Il Bartezzaghi
Dotato di grande cultura universale e padronanza linguistica, oltre che di pignoleria e memoria eccezionale, a partire dagli anni cinquanta Bartezzaghi è il creatore di un raffinato e difficile cruciverba a schema libero pubblicato su La Settimana Enigmistica a pagina 41, semplicemente firmato tra parentesi come (P. Bartezzaghi), e altrettanto semplicemente conosciuto fra gli appassionati come Il Bartezzaghi[5][8][4][9]. La popolarità di questo cruciverba, e soprattutto la sua difficoltà, finiscono presto col superare i confini specialistici dell'enigmistica[1]; ad esempio, nel 1976, Piero Mazzarella aggiunge nella commedia di Aldo De BenedettiDue dozzine di rose scarlatte la battuta "Quel tale è più complicato del Bartezzaghi"[10].
Nella sua opera Bartezzaghi si rivela altamente innovativo modernizzando, su indicazione del direttore Giorgio Sisini, il linguaggio dell’enigmistica; vi fa infatti entrare parole straniere, marchi commerciali, neologismi, fatti e note di attualità e politica; inoltre utilizza l’alfabeto a 26 lettere, scandalizzando i puristi della lingua italiana, per i quali le lettere devono essere indiscutibilmente le canoniche 21[1][3].
Opere
I suoi componimenti enigmistici in versi si trovano raccolti in un libro del 1999, Quello che volevo, curato dalla sua famiglia[11].