Considerato un vero e proprio "cantastorie"[1] e una voce sincera della sua terra[2][3], Bertoli fu una figura emblematica della canzone d'autore italiana dagli anni settanta ai primi anni 2000, spaziando dalla musica popolare al rock, con testi diretti e densi di riferimenti sociali e politici.[4]
Di lui è stato scritto che «l'immediatezza dei messaggi e la sincerità dell'ispirazione sono la peculiarità delle sue composizioni; la denuncia sociale, ora più meditata ora più aggressiva, connota il suo modo di raccontare l'uomo e il tempo in cui vive. Non ci sono coinvolgimenti nel consumismo del mercato, semmai una rabbia autentica certo non più attuale nel dilagante qualunquismo, frutto anche della maggiore sensibilità che egli ha come portatore di handicap» (venne colpito dalla poliomielite durante l'infanzia).[5]
Pierangelo Bertoli è stato paragonato ai celebri compositori di ballate politiche popolari del passato, erede di una tradizione a cui appartenne, per esempio, l'anarchicoPietro Gori.[6]
Biografia
Giovinezza ed esordi (1942 - 1976)
Nato a Sassuolo, in provincia di Modena, da una famiglia operaia,[7] a dieci mesi fu colpito da una grave forma di poliomielite che lo privò della funzionalità degli arti inferiori e lo costrinse a vivere muovendosi su una sedia a rotelle.
Malgrado l'ingombrante presenza della carrozzella, visse un'infanzia regolare, ma priva di ogni genere di bene superfluo; secondo quanto raccontato dallo stesso Bertoli, in casa non c'era neppure la radio e per questo motivo la passione musicale del giovanissimo Pierangelo venne essenzialmente dall'esterno, anche se non va dimenticato il ruolo decisivo ricoperto dal fratello e dal gruppo musicale di quest'ultimo, che all'inizio degli anni sessanta si riuniva proprio nella cantina di casa Bertoli per suonare insieme.
Bertoli conosceva già la discografia di alcuni cantanti famosi, come per esempio Frank Sinatra, ma non possedeva alcuna nozione di strumenti musicali e tecniche interpretative. Compiuti venticinque anni, alcuni amici gli prestarono una vecchia chitarra e in pochi mesi Bertoli imparò a suonarla, tanto che di lì a poco la chitarra divenne il suo strumento di riferimento. Dopo un anno di esercizi da autodidatta, cominciò a comporre le prime musiche per le canzoni già scritte nella parte testuale, che suonò dapprima di fronte agli amici e poi davanti a platee sempre più vaste, soprattutto in occasione di feste di paese e di partito.
Il legame con la sua terra d'origine, oltre a non allontanarlo dalla sua città natale, gli fece comporre numerose canzoni in dialetto sassolese.
Han gridato scioperiamo è un altro album pubblicato in quel periodo, sempre a nome del Canzoniere Nazionale del Vento Rosso (con una formazione cambiata, con Silvana Zigrino e Ciccio Giuffrida al posto di Bartolo Bruno), in cui Bertoli suona e partecipa ai cori senza essere accreditato; inoltre è autore di tre canzoni, tra cui una prima versione di Eppure soffia con un testo diverso e intitolata Mario Lupo[12] (anche se sulla copertina del disco come autore del brano è segnalato, stranamente, il solo Giuffrida).
Il contratto discografico con la CGD (1976 - 1980)
Un amico musicista di Bertoli, Alete Corbelli,[15] chitarra solista negli anni sessanta di Caterina Caselli, fece ascoltare l'album Roca Blues alla cantante, moglie di Piero Sugar, che convinse il marito a proporre un contratto con la CGD a Bertoli: e proprio quest'etichetta pubblicò nel 1976 l'album Eppure soffia, che iniziò a far conoscere il cantautore presso un pubblico più vasto, grazie alla title track, inno all'ecologismo[16], nella versione musicata da Alfonso Borghi, con cui inizia a collaborare.
Come raccontò il cantautore, le registrazioni iniziarono il 4 ottobre 1976, e il 5 novembre, giorno del suo compleanno, Bertoli si recò a rinnovare la carta d'identità, che venne inserita sulla copertina del disco[17]. In questo terzo album venne accreditato come P. Angelo Bertoli, nome che appare sul documento.[18]
L'anno successivo la Caselli decise di aprire una casa discografica propria, distribuita dalla CGD, per dedicarsi all'attività di talent-scout: nacque così la Ascolto, che pubblicò il nuovo album di Bertoli, Il centro del fiume, che contiene una versione ridotta di Rosso colore, già incisa nel primo disco; nella busta interna del disco venne inserita inoltre una presentazione di Bertoli scritta da Giancarlo Governi.
Il 1979 è l'anno di A muso duro, uno dei suoi album più noti e il primo a conoscere un riscontro su vasta scala, contenente la canzone omonima, vero e proprio manifesto di uomo e artista, che esalta anche la funzione sociale e aggregativa del mestiere del cantante.
In questo periodo conobbe Bruna Pattacini[19], che diventò sua moglie e da cui ha avuto tre figli: Emiliano, a cui è dedicata la canzone Dietro me, Petra (alla quale intitolò l'album omonimo) e Alberto Bertoli; quest'ultimo ha seguito le orme del padre, facendo il cantante di professione, oltre a prendere parte ai concerti-tributo a lui dedicati.
Per un certo periodo simpatizzò per la sinistra extraparlamentare, andando spesso ospite di Radio Tupac, una radio libera di Reggio Emilia, chiusa dalla polizia (che ne distrusse le apparecchiature e la sede, come accaduto anche a Radio Alice) dopo due anni per "apologia di reato", in quanto i conduttori, denunciati, facevano trasmissioni contro le gravi condizioni in cui vivevano nelle carceri italiane i detenuti politici, a cui manifestavano solidarietà.[20][21][22][23] Tra le conoscenze personali del cantautore nei primissimi anni '70, vi erano anche importanti persone dell'ambiente extraparlamentare, come il futuro brigatistaAlberto Franceschini, prima che quest'ultimo entrasse a far parte della lotta armata. Questa amicizia riprenderà in seguito[24]. Quando Franceschini venne scarcerato in licenza premio nel 1987, Bertoli fu una delle prime persone che lo andarono a trovare.[25]
Certi momenti e i lavori successivi (1980 - 1991)
Tale successo venne consolidato con Certi momenti del 1980, la cui title track affronta con coraggio la tematica dell'aborto schierandosi contro la Chiesa cattolica: quest'album contiene inoltre la canzone Pescatore, cantata con una ancora semisconosciuta Fiorella Mannoia; racconta di una donna che, soffrendo la lontananza del marito, lo tradisce salvo poi pentirsene, e il duetto si snoda tra il racconto del tormento interiore di lei e della fatica di lui nel combattere contro il mare sperando in una pesca fruttuosa.[26]
I tre album successivi, da Album del 1981 a Dalla finestra del 1984, confermarono la popolarità di un Bertoli non più considerato come fenomeno di folklore.
È di quegli anni anche l'album Canzone d'autore (1987), in cui Bertoli reinterpretò alcuni classici, alternandoli a composizioni inedite di altri autori misconosciuti: in questo album spiccano le sue versioni di Bartali di Paolo Conte, Vedrai vedrai di Luigi Tenco, Un giudice di Fabrizio De André e Sfiorisci bel fiore di Enzo Jannacci.
La sua attività discografica non conobbe interruzioni nonostante un sensibile calo nelle vendite, ritrovando un ritorno di fiamma nel 1990 in occasione di Oracoli, primo album con etichetta Dischi Ricordi, scritto a quattro mani con il cantautore Luca Bonaffini, che farà da apripista al suo esordio sanremese. Nel frattempo vinse nel 1989 un telegatto per uno spot televisivo a favore della "Lega per l'emancipazione dell'handicappato", al quale prese parte nel ruolo di un avventore che non poteva chiamare la Polizia per segnalare un incidente, in quanto trovava delle cabine telefoniche che non erano in grado di far passare la sua sedia a rotelle.[27]
Nel 1990 fece un cameo in una canzone di Elio e le Storie TeseGiocatore mondiale, sigla del programma Mai dire Mondiali: la canzone tratta con ironia la questione delle barriere architettoniche, e Bertoli canta i versi "La vita è bella, perché le cabine son strette ma largo è lo stadio, solo alla morte non c'è rimedio". Le cabine (telefoniche) da lui menzionate rimandano proprio allo spot da lui interpretato. Più impegnato invece fu il suo contributo dato ai Giochi F.I.S.H.A. che in quello stesso anno videro la sua firma nell'inno ufficiale Canto di vittoria, incisa anche in inglese.
Le partecipazioni a Sanremo (1991 - 1992)
Nel 1991 partecipò al Festival di Sanremo insieme ai Tazenda con Spunta la luna dal monte, una canzone scritta in origine dal gruppo sardo intitolata Disamparados, di cui Bertoli scrisse il testo in italiano: il brano ottenne molto successo, portando a Bertoli una seconda giovinezza artistica.
L’anno dopo tornò a Sanremo con Italia d'oro, denuncia dei malcostumi nazionali, la quale anticipò lo scandalo di Tangentopoli che di lì a poco avrebbe interessato l'opinione pubblica: la sua seconda partecipazione gli valse il quarto posto.
Nello stesso album è presente anche la canzone Giulio, un'accusa diretta e senza mezzi termini nei confronti di Giulio Andreotti.
L'impegno politico e sociale (1992 - 1993)
Vicino fin dalla giovinezza alla sinistra, nel 1992, dopo aver rifiutato immediatamente una candidatura offertagli da un senatore del PSIcraxiano[28], fu candidato alle elezioni politiche per Rifondazione Comunista.[16] Per alcuni anni ebbe anche la tessera del Partito Radicale di Marco Pannella.[29][30]
Impegnato socialmente in iniziative benefiche e di solidarietà[31], Bertoli si batté in favore dell'abbattimento delle barriere architettoniche e partecipò a incontri e raduni per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'integrazione sociale dei disabili, tra cui una proposta per una Legge Quadro in materia.
Ultimo periodo (1993 - 2002)
Nel 1993 pubblicò l'album Gli anni miei e produsse, insieme a Caterina Caselli, l'album "Blez" di Luca Bonaffini. Due anni dopo uscì la prima raccolta di brani reincisi intitolata Una voce tra due fuochi. I suoi ultimi lavori ebbero non poche difficoltà a essere distribuiti né si avvalsero di un soddisfacente battage promozionale.
Nel 1995, difatti, aveva rotto con la BMG Ricordi che, dopo la pubblicazione della citata raccolta, lo lasciò senza contratto.
Nel 1997, in occasione del centenario della Juventus (squadra per cui Bertoli tifava) scrisse una canzone intitolata Juvecentus.
Partecipò poi ad alcune incisioni indipendenti e a raccolte di beneficenza con altri artisti di Sassuolo, come la Caselli.[32]
Nel 2001 si esibì in pubblico in un concerto al carcere di Modena. Incise tre singoli con il gruppo sardo degli Istentales; presentò una nuova canzone in italiano e sardo, come fece già con i Tazenda, per il Festival di Sanremo del 2002 (Viene per noi, un testo pacifista riferito alla guerra in Afghanistan), ma il direttore artistico Pippo Baudo la bocciò.
L'ultimo album, 301 guerre fa, composto da inediti e vecchie canzoni riarrangiate e ricantate, uscì poco prima della sua scomparsa, mentre altre dieci canzoni (che avrebbero dovuto costituire il nuovo album del 2003), scritte con la collaborazione del figlio Alberto (ma anche di Ligabue), non verranno mai incise da Bertoli né pubblicate.
In primavera apparve in televisione, in diretta dalla sua casa, alla trasmissione La domenica del villaggio. Uno dei suoi ultimi concerti fu a Potenza in piazza Prefettura il 1º maggio 2002.
Sofferente di tumore ai polmoni, all'inizio del settembre 2002 Bertoli fu sottoposto a una serie di cure presso il Policlinico di Modena, dove ritornò qualche giorno dopo, per morirvi la mattina del 7 ottobre, all'età di 59 anni.[33][34] Dopo la camera ardente e le visite di numerose persone venute a rendergli omaggio, tra cui Luciano Ligabue, per volere dei familiari non ci fu nessuna cerimonia funebre. La salma venne cremata e le ceneri tumulate nella tomba di famiglia presso il cimitero nuovo di Sassuolo.[31]
Dopo la morte: incisioni, uscite postume e omaggi
Nel 2003 esce Madre Terra, con la giovane Erica Tozzi.
Il 28 aprile 2006, a cura di Alberto Bertoli, è uscita la raccolta Parole di rabbia, pensieri d'amore con un inedito, Adesso (registrato nel 1990), la cui uscita è dedicata dal figlio alla vittoria della sinistra alle elezioni politiche del 2006, evento auspicato da Bertoli, che mai aveva fatto mistero delle sue idee.[35]
Il 27 settembre 2008 a Sassuolo si è tenuto il primo raduno ufficiale dei fan del cantautore. L'evento è iniziato con l'inaugurazione di un bassorilievo dal titolo "A muso duro", è proseguito con un dibattito sulla vita di Bertoli dal titolo "Parole di rabbia e pensieri d'amore" e con l'inaugurazione di una mostra fotografica e oggettistica dal titolo "E così nasce una canzone".
In serata si è tenuto un grande concerto tributo a cui hanno partecipato tra gli altri Fabio Concato e i Modena City Ramblers.
A luglio 2010 la canzone A muso duro, reinterpretata dal figlio Alberto, viene premiata con il premio Lunezia per il testo[36].
Il cantautore Luca Bonaffini, nel giugno 2013, ha pubblicato il romanzo autobiografico La notte in cui spuntò la luna dal monte dedicato a Pierangelo Bertoli, in cui racconta come nacque la canzone che portò l'artista emiliano al Festival di Sanremo e ha realizzato un album, intitolato Sette volte Bertoli. Ricordando Pierangelo.
Il Comune di Milano nell'aprile 2016 intitola al cantautore un'area verde cittadina tra le vie Benedetto Croce, Popper, Quarenghi e Kant[38].
Collaborazioni artistiche
Tra i sodalizi artistici, si ricordano quello con una ancora sconosciuta Fiorella Mannoia in Pescatore, uno dei brani di maggior successo di Bertoli; Ornella Vanoni, per cui scrisse Favola (che cantò insieme alla cantante nell'album Duemilatrecentouno parole), i Tazenda, con i quali cantò Spunta la luna dal monte, altro suo cavallo di battaglia; Fabio Concato, con cui duettò sia in Chiama piano sia in Acqua limpida, alle quali partecipò anche Grazia Di Michele; e Ligabue, una vera e propria scoperta dello stesso Bertoli che lo lanciò a livello regionale, producendo il suo primo disco alla fine degli anni ottanta, e con il quale strinse un intenso e forte legame di amicizia e stima, fino a proporlo al produttore Angelo Carrara per il suo album d'esordio.
Di lui incise due sue canzoni: nel 1988 Sogni di rock'n'roll e l'anno seguente Figlio d'un cane, entrambe poi confluite nel primo lavoro discografico dell'artista di Correggio datato 1990.[39]
Lo stile di Bertoli si contraddistingue per la sua immediatezza, nonché per i mai banali echi poetici che fanno della sua opera un esempio limpido della bontà della prima canzone d'autore italiana che ha ospitato artisti come Fabrizio De André, Francesco Guccini, Paolo Conte, Giorgio Gaber, Francesco De Gregori. Molte volte nelle canzoni canta contro la guerra o a favore dei più deboli.
Nonostante gli spunti politici di molti testi, l'impegno di Bertoli si svolse principalmente sul piano civile e sociale. Bertoli ha inoltre cantato molte canzoni in dialetto sassolese, prima raccogliendole in un Lp (S'at vein in meint) e poi in altri album. Eppure, proprio in canzoni come Prega Crest (Prega nostro Signore), La bala (dove "bala" significa, con doppio senso, sia "bugia" sia "ubriacatura"), è possibile cogliere in Bertoli una voce genuina della sua terra, "dura e pura".
Religione
Pierangelo Bertoli era ateo.[40] In molte canzoni, come Certi momenti (1980), Bianchezza[41] (1981) e Varsavia (1984) - tutte e tre contenenti allusioni a papa Giovanni Paolo II - si esprime inoltre in maniera molto critica verso la Chiesa cattolica e i suoi vertici, opinioni ribadite anche in un'intervista, in cui condanna il sostegno di alcuni cattolici alla pena di morte (a cui egli era contrario in maniera assoluta), in casi estremi e particolari[42]:
«DOMANDA: Dai testi delle sue canzoni si capisce che lei non è credente. BERTOLI: Sono anticattolico. Anni fa lessi una serie di brevi interviste sulla pena di morte. Tra gli intervistati c'era anche un teologo. [Fece capire che] chi è colpevole deve pagare: nella Chiesa cattolica è così e io lo trovo inumano, per questo sono anticattolico.»
Altre canzoni con riferimenti anticlericali e antireligiosi sono Così, Giulio, 1967 e Oracoli. Ancora affermò il fastidio per il "pietismo" cattolico verso i disabili come lui[43] e disse anche che «il dio denaro sembra comunque l'unico per cui la gente è disposta a sacrificarsi. Credo che di tutto Marx almeno una frase, che cito a memoria, vada salvata: "Fino ad oggi ho creduto che fossero le leggi a determinare le religioni, l'economia. È invece il contrario"».[44]
Bertoli venne anche citato e criticato indirettamente - assieme ad altri musicisti - dall'Osservatore Romano, il quotidiano della Città del Vaticano (dopo che una sua canzone fu inserita in un'antologia di canti dall'Azione Cattolica) per essersi definito "ateo e anticattolico"[45], anche se in alcune canzoni tocca anche dei temi religiosi, in cui sottolinea però sempre l'ipocrisia del clero (È nato si dice).
1986 - Bertoli & Bertoli - Studio ...Live (CGD, CI 20214, su cd 9031 70148-2) (contiene un disco raccolta, tra cui una versione inedita di Favola, e un disco di incisioni dal vivo)
2010 - Premio Lunezia, omaggio a Pierangelo Bertoli e per il valore musical-letterario del brano A muso duro (ritirato dal figlio Alberto Bertoli)[27][46]
Note
^Pierangelo Bertoli, su bielle.org, La Brigata Lolli, www.bielle.org. URL consultato il 4 luglio 2019 (archiviato il 13 marzo 2016).
^ Giuseppe De Grassi, PIERANGELO BERTOLI, su musicameccanica.it, Musica Meccanica. URL consultato il 4 luglio 2019 (archiviato il 6 marzo 2019).
^ Mario Fegiz Luzzatto, Addio a Bertoli, il cantautore «a muso duro», in Corriere della Sera, 8 ottobre 2002. URL consultato l'8 aprile 2009 (archiviato dall'url originale il 18 novembre 2009).
^Discografia sul sito ufficiale, su bertolifansclub.org. URL consultato il 10 aprile 2009 (archiviato dall'url originale il 28 febbraio 2009).
^(EN) Italian Singer Songwriters, su italica.rai.it, ITALICA - Rai International. URL consultato il 5 luglio 2019 (archiviato dall'url originale il 15 aprile 2012).
^All'interno della copertina dell'album c'è uno scritto a firma di Michele L. Straniero intitolato Confessioni e battaglie di un emiliano di ferro. Tale scritto inizia così: "Il 5 novembre 1943, un anno e due mesi dopo l'Otto Settembre, nasceva a Sassuolo, in provincia di Modena, primo di una manciata di figli, Pierangelo Bertoli...". È evidente l'errore sull'anno di nascita dell'autore, che in realtà è il 1942, ed è altresì evidente che sbagliando l'anno di nascita, di riflesso, si sbaglia anche la storica data dell'armistizio anticipandola all'8 settembre del 1942. Non è dato sapere se Bertoli e la produzione si siano, o meno, accorti dell'errore.
^abcBiografia, su Bertoli fans club. URL consultato il 21 maggio 2021.
^ Giampaolo Cerri, Musica: addio a Pierangelo Bertoli, su VITA.it, 7 ottobre 2002. URL consultato il 26 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 17 gennaio 2015).
^L’Albo d’Oro, su Premio Lunezia - Festival della Luna. URL consultato il 21 maggio 2021.
Bibliografia
Mario Bonanno, Rosso è il colore dell'amore. Intorno alle canzoni di Pierangelo Bertoli, con DVD, Viterbo, Stampa Alternativa/Nuovi equilibri, 2012. ISBN 978-88-6222-283-9.