Nel 1998 fu costretto a ritirare su richiesta della Santa Sede l'imprimatur che aveva concesso nel 1994 a un libro educazione religiosa.[2]
Nel settembre del 2000 fu uno degli otto membri del Nolan Review, un comitato incaricato di proporre linee guida sulla protezione dei minori contro gli abusi sessuali nella Chiesa. Il rapporto venne pubblicato in due fasi, ad aprile e a settembre del 2001.[3][4]
Il 26 ottobre 2001 lo stesso papa Giovanni Paolo II lo nominò arcivescovo metropolita di Cardiff.[1][5] Succedette a monsignor John Aloysius Ward, accusato di non aver gestito accuratamente i casi di due preti accusati di abusi sessuali.[6][7] Riguardo a questi casi, Smith dichiarò di "voler aiutare le persone a fasciare le ferite e portarle alla guarigione".[8]
Il nuovo arcivescovo si impegnò ad applicare le linee guida della Nolan Review nella sua nuova diocesi e costituì un'equipe per la protezione dei minori in collaborazione con la polizia. Citando anche l'esempio di papa Giovanni Paolo II, disse che gli sembrava opportuno che i giovani avessero esperienze di vita nel mondo prima di impegnarsi nel sacerdozio e di dedicarsi al celibato.[9]
Il 28 ottobre 2015 aprì il nuovo Saint Jude Information Center in occasione del 60º anniversario del santuario di San Giuda.[13] Nel 2016 padre Kevin Alban lo nominò membro della Guild Life.[14]
Nel marzo del 2015 fu sentito dalla Southwark Crown Court in quanto era uno dei due vescovi responsabili di aver permesso ad Antony McSweeney di essere nominato sacerdote nella diocesi di East Anglia a seguito di un incidente nel 1998 in cui "una governante trovò ciò che disse essere immagini pornografiche a casa sua [di McSweeney]".[15] Il fatto fu considerato da Smith come un incidente sulla disciplina del clero e non lo comunicò alla polizia. McSweeney in seguito fu incarcerato per aver abusato di ragazzi nella casa dei bambini di Grafton House tra il 1978 e il 1981.
Nel settembre del 2018 compì una seconda visita ad limina.
Dal 30 aprile 2009 al maggio del 2019 fu vicepresidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles. In seno alla stessa fu anche presidente del dipartimento per la responsabilità e la cittadinanza dei cristiani.[1]
Il 10 giugno 2019papa Francesco accettò la sua rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi per raggiunti limiti di età.[16] Continuò a reggere la diocesi come amministratore apostolico fino all'ingresso in diocesi del suo successore, il 25 luglio 2019.[1]
Fu anche presidente della Catholic Truth Society dal 1993 al 2007 e del Central Religious Advisory Committee (CRAC) della BBC e dell'ITC dal 2001 al 2004. Nel 2002 venne nominato prelato e cappellano del Venerabile Ordine di San Giovanni.[1]
Morì al Royal Marsden Hospital di Chelsea, a Londra, il 6 marzo 2020 all'età di 76 anni per un cancro da poco diagnosticato.[1] La salma fu benedetta in forma strettamente privata a causa della pandemia di COVID-19 il 30 marzo nella cattedrale di San Giorgio a Southwark. Al termine del rito fu sepolto nella cripta dello stesso edificio.
Opinioni
Eutanasia
Nel dicembre del 2004 monsignor Smith interviene nel dibattito parlamentare sull'introduzione del testamento biologico, uno strumento mediante il quale una persona può decidere in anticipo quali azioni intraprendere in caso di malattia che lo renda incapace di prendere decisioni. Il disegno di legge includeva anche la possibilità di dare a qualcuno una procura per prendere questo tipo di decisione. L'arcivescovo si oppose, temendo da un lato che ciò avrebbe consentito l'introduzione indiretta dell'eutanasia mediante la sospensione delle cure di base, dall'altro che le decisioni prese per procura potessero essere dannose per il paziente.[17] Il dibattito parlamentare fu acceso e il Lord cancelliereCharles Falconer assicurò all'arcivescovo che il governo non intendeva autorizzare una richiesta il cui obiettivo era quello di uccidere il paziente e intendeva menzionare esplicitamente che le richieste devono essere sempre "nell'interesse della persona". L'arcivescovo dichiarò poi che queste precauzioni potevano dissipare le sue obiezioni.[18]
Unioni tra persone dello stesso sesso
Nel febbraio del 2011 monsignor Smith si oppose fermamente al progetto del governo di coalizione di David Cameron di consentire le unioni di coppie dello stesso sesso nei luoghi di culto. Denunciando un provvedimento che non era mai stato preso in considerazione dal legislatore, l'arcivescovo sottolineò che nessuna autorità, né civile né religiosa, ha il potere di modificare la natura fondamentale del matrimonio che definì in questi termini:
«Il matrimonio non appartiene allo Stato più di quanto non lo sia alla Chiesa. È un'istituzione umana fondamentale radicata nella natura umana stessa. Si tratta di un impegno per tutta la vita di un uomo e di una donna l'uno verso l'altro, pubblicamente sottoscritto per il mutuo sostegno degli sposi e la procreazione e l'educazione dei figli.[19]»
Infatti durante il dibattito parlamentare in merito, il 15 dicembre successivo, il governo assicurò che i chierici non dovevano essere costretti a consentire lo svolgimento di cerimonie di unioni civili. Monsignor Smith si disse disposto ad accogliere con favore l'esito del dibattito a patto che l'interpretazione delle leggi da parte dei giudici considerasse questo tipo di assicurazioni orali.[20]
Il 20 febbraio 2012 monsignor Smith accolse con favore il lancio da parte della coalizione di obiettivi per il matrimonio che mantenevano la definizione tradizionale di matrimonio nella legge inglese.[21] Il l6 marzo successivo, mentre veniva annunciato un piano del governo per legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso, monsignor Smith e monsignor Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, svilupparono una risposta concertata della gerarchia cattolica. Questa prese la forma di una lettera che fu letta nelle 2500 chiese cattoliche del paese durante la messa domenicale.[22][23]
Libertà religiosa
Nel settembre del 2011 monsignor Smith criticò una serie di decisioni giudiziarie che legittimavano il licenziamento di cristiani che volevano vedere riconosciuto il loro diritto di indossare un simbolo religioso (la croce) o fare valere il diritto all'obiezione di coscienza. Accusò i giudici di interpretare in modo errato le convenzioni sui diritti umani, in un senso troppo restrittivo per le libertà individuali. L'arcivescovo rimproverò in particolare ai tribunali di aver accettato che musulmani e sikh potessero manifestare la loro fede attraverso il loro costume o i loro accessori e di averlo rifiutato ai cristiani con il pretesto che non è essenziale alla pratica della loro fede.[24]