Durante il regno di Elisabetta I d'Inghilterra si formarono missioni clandestine con sacerdoti sia secolari, sottoposti di fatto al cardinale William Allen, sia gesuiti. Dopo la morte di Allen nel 1594 si pensò di nominare un superiore del clero secolare che fosse residente in Inghilterra, venne perciò istituita la carica di arciprete di Inghilterra con giurisdizione sul clero secolare, ma non sui gesuiti, sia nel Regno d'Inghilterra (incluso il Galles) sia in quello di Scozia. Vari problemi si presentarono per la figura dell'arciprete sia per il limitato potere giurisdizionale sia per il fatto che operasse clandestinamente, oltre al fatto di non essere consacrato vescovo. Tra il 1598 e il 1621 vi furono tre arcipreti che tentarono di organizzare il clero inglese, l'ultimo dei quali ottenne maggiori facoltà giurisdizionali pur essendo un semplice sacerdote.[6]
Nel 1622 fu eretto il vicariato apostolico d'Inghilterra e il 30 gennaio 1688, in forza del breveSuper cathedram di papa Innocenzo XI, il vicariato fu diviso in quattro distretti, ciascuno avente a capo un vicario apostolico con dignità episcopale.
I cattolici di Londra ebbero un considerevole vantaggio sul resto dell'Inghilterra: la presenza delle ambasciate dei Paesi cattolici, come la Spagna, il Portogallo, la Repubblica di Venezia e la Repubblica di Genova, comportò la presenza di cappelle regolarmente officiate e talvolta aperte al pubblico. Quindi a differenza del resto dell'Inghilterra il culto cattolico poteva avvenire in modo non clandestino anche durante il XVII e XVIII secolo.
Le leggi di tolleranza del 1778 e del 1791 permisero la libertà di culto e di insegnamento per i cattolici. Tuttavia le leggi di emancipazione trovarono un'intensa opposizione anticattolica, che provocò nel 1780 lo scoppio delle sommosse di Gordon. Siccome a Londra non esistevano all'epoca chiese cattoliche, le sommosse presero di mira e distrussero le cappelle all'interno delle ambasciate del Regno di Sardegna e dell'Elettorato di Baviera che erano tra le quattro cappelle cattoliche di ambasciate presenti allora a Londra ad essere aperte al pubblico, e in seguito lo stesso vicario apostolico James Talbot (fratello del quattordicesimo conte di Shrewsbury) venne perseguito penalmente per aver celebrato la messa.[7]
Un periodo di particolare interesse nella storia del cattolicesimo a Londra fu quello in concomitanza con la Rivoluzione francese. A Londra affluirono i prelati francesi in esilio: ad un certo punto si trovarono a Londra ben 5 arcivescovi, 27 vescovi e 5 000 presbiteri. Furono aperte nuove cappelle, che però furono quasi tutte chiuse dopo che il clero francese rientrò in patria nel 1814. Nel 1791 era stata approvata una legge (Roman Catholic Relief Act 1791) che aveva permesso il culto pubblico cattolico e il riconoscimento legale delle prime parrocchie.[8]
Nel 1829 fu promulgata una legge di emancipazione dei cattolici (Roman Catholic Relief Act 1829), che favorì la crescita numerica della comunità cattolica, in anni in cui le conversioni erano frequenti.[9]
Il 3 luglio 1840 i vicariati apostolici inglesi da quattro divennero otto, in forza del breveMuneris apostolici di papa Gregorio XVI.
Il 29 settembre 1850 con il breveUniversalis Ecclesiae di papa Pio IX fu restaurata la gerarchia cattolica in Inghilterra e Galles e fu eretta l'arcidiocesi di Westminster, che divenne l'unica sede metropolitana per l'Inghilterra e il Galles, con dodici suffraganee. Il distretto londinese fu diviso in due diocesi: oltre all'arcidiocesi di Westminster, fu eretta la diocesi di Southwark (in seguito arcidiocesi).
Il ristabilimento della gerarchia fu accompagnato da sinodiprovinciali nel 1852, 1855 e 1859, in cui furono definite numerose questioni circa i capitoli, i rettori delle missioni, i collegi e i seminari. I sinodi erano presieduti dal cardinal Wiseman, che introdusse a Londra la pratica devota delle Quarantore, si operò per la diffusione dei Vespri cantati e dell'adorazione eucaristica. Si impegnò anche a favore dell'istruzione delle classi povere e fondò anche il primo riformatorio cattolico inglese. Inoltre chiamò a Londra molti ordini religiosi, che intrapresero un'intensa opera pastorale.
L'istruzione fu al centro anche delle iniziative del suo successore, il cardinal Manning, che ne discusse nel sinodo provinciale del 1873. Intuì già dal 1864 la necessità di un'università cattolica, nel 1866 riformò il Venerabile Collegio Inglese di Roma, nel 1869 riorganizzò il seminario arcivescovile, dotandolo di una nuova sede e rendendolo un «vero seminario tridentino». Nel 1867 pose la prima pietra della pro-cattedrale di Kensington consacrata il 2 luglio 1869.[11] Prima pro-cattedrale (1850-1869) dell'arcidiocesi di Westminster era stata la chiesa di St Mary a Moorfields, aperta al culto nel 1820.
Le opere nel campo dell'istruzione furono proseguite anche dal cardinal Vaughan, che nel 1902 rimosse il divieto per i cattolici di frequentare le università pubbliche[12]. Fu lui a porre la prima pietra per la costruzione della cattedrale di Westminster nel 1895, che fu consacrata dal suo successore il cardinal Bourne nel 1903.
^(EN) Copia archiviata, su westminstercathedral.org.uk. URL consultato il 22 aprile 2007 (archiviato dall'url originale il 3 maggio 2007). Cattedrale di Westminster
^Sulla complessa situazione dei cattolici inglesi in questo periodo si veda (EN) Archpriest Controversy, in Catholic Encyclopedia, New York, Encyclopedia Press, 1913. I tre arcipreti furono George Blackwell (1598-1608), George Birkhead (1608-1614) e William Harrison (1615-1621). Una delle questioni era se i cattolici potessero o no pronunciare il giuramento di fedeltà a Giacomo I d'Inghilterra.
^(EN) James Talbot, in Catholic Encyclopedia, New York, Encyclopedia Press, 1913.. Il vescovo morì prima di un'eventuale condanna. Già nel 1769 e 1771 (quando era vescovo coadiutore dello stesso vicariato apostolico londinese) era stato processato per lo stesso motivo, ma assolto per mancanza di testimoni.
^Notizia statistica delle missioni cattoliche in tutto il mondo, a cura di Propaganda Fide, Roma, 1843, pubblicata in: Otto Mejer, Die Propaganda, ihre Provinzen und ihr Recht, vol. I, Gottingen, 1852, p. 493.