«da Castrum Inui ad Anzio, entrando nella via litorale Severiana,si hanno circa 12 miglia di cammino, e quantunque l’antico lastricato sia presso che intieramente scomparso, pure di tratto in tratto se ne incontrano vestigia, che non lasciano dubbio veruno della sua direzione.»
L'area occupata dalla pineta era situata tra Ostia e Laurentum e in età imperiale era attraversata dalla via Severiana, voluta nel 198 da Settimio Severo. Alcuni basoli usati per lastricare la strada sono ancora visibili all'interno della pineta.[3] Secondo quanto attestato in Virgilio e Silio Italico il pino era già presente in quella zona.[4] All'interno della pineta la villa della Palombara, erroneamente identificata come villa di Plinio, fu realizzata tra il I secolo a. C. e il III secolo e potrebbe essere appartenuta all'oratore Quinto Ortensio Ortalo.
Nel 1074 la massa Fusana era tra i territori ceduti da papa Gregorio VII all'Abbazia di San Paolo fuori le mura[5] mentre nel 1183 appariva già frazionata in più proprietà tra le quali la porzione data all'abbazia delle Tre Fontane che includeva la chiesa di Santa Maria de Fusano.[6] In epoca medievale alcuni atti dimostrano l'abbondanza di selvaggina e il suo sfruttamento da parte degli ostiensi.[4]
L'area verde faceva parte del circondario del Castello di proprietà della famiglia Orsini. Nel 1453 il casale e la tenuta di S. Maria de Fusano appartenevano alla famiglia dei Papazzurri.[7] L'area fu successivamente di proprietà del Monastero di San Saba, della famiglia Corona, della famiglia dei Fabi del rione Sant'Angelo già nel 1488, e poi dei Mazzinghi[8]. Sul terreno si allevavano cavalli e bufale, mentre il bosco era usato per ricavarne carbone e fascine e per scopi venatori. Nel 1620 Vincenzo Mazzinghi della nazione fiorentina, cedette la porzione detta Tumoleto di Fassano al cardinale Giulio Cesare Sacchetti, membro della famiglia Sacchetti, già affittuaria della limitrofa tenuta di Decima. I Sacchetti riunirono insieme anche la tenuta di Spinerba già della famiglia Theodoli[9] e il Casale di Fusano per un totale di più di 2 000 ettari di terreno nel 1634. Proprio in quegli anni il cardinale Sacchetti fece erigere una piccola villa fortificata su progetto dell'architetto Pietro da Cortona.
Nel 1713 i Sacchetti trasformarono l'area in pineta, piantandovi circa 7000 pini domestici (Pinus pinea), e mettendo inoltre a dimora numerosi lecci (Quercus ilex) vicino al mare, ad arricchire la macchia mediterranea sempreverde. Furono piantumati anche olmi, pioppi e salici lungo le sponde dei canali.[4] Nel 1755 il Principe Agostino Chigi acquistò la pineta dai Sacchetti e nel 1888 i Chigi affittarono l'area a re Umberto I.[8] Nel 1932 il Governatorato di Roma acquistò la pineta dal principe Francesco Chigi, che tenne per sé la villa e parte della tenuta, e il 21 aprile 1933 la pineta è stata aperta al pubblico. Dal secondo dopoguerra la Pineta è attraversata dalla via Cristoforo Colombo, che da porta Ardeatina raggiunge la frazione litoranea di Ostia. Il 30 dicembre 1953 iniziò la costruzione di un autodromo comunale poi abbandonato.
La regione Lazio il 26 giugno 1980 ne fece un Parco Urbano. Dal 1987 venne istituita anche la Riserva naturale statale Litorale romano[10][11], e con il Decreto Ministeriale istitutivo del 29 marzo 1996 la Riserva accorpò a sé le aree di interesse archeologico, agricolo e ambientale dei comuni di Fiumicino e di Roma, tra cui il Parco Urbano della Pineta di Castel Fusano.[12] Il piano di gestione del Parco civico di Castel Fusano doveva essere approvato entro sei mesi dall'istituzione del parco.[13] Per fare pressione sulle istituzioni locali e per avere una maggiore attenzione al territorio, è stato creato il Comitato Civico Ambiente del XIII Municipio, chiamato anche Comitato Civico Entroterra XIII[14].[15]
Gli incendi
La pineta viene spesso colpita dall'azione di piromani o da incendi di origine non identificata. Sono centinaia i focolai di incendi che negli ultimi anni hanno devastato la Riserva. Alcuni, di particolare entità, hanno provocato danni ambientali che nei prossimi decenni saranno difficilmente recuperati se non si intraprende fin da subito una vigorosa azione di riforestazione.
Il 4 luglio del 2000 300-350 ettari della pineta secolare e della macchia mediterranea sempreverde sono stati colpiti da un incendio, e di questi 280 ettari sono andati completamente distrutti, senza che nuovi pini siano stati ripiantati in quantità significativa.[16][17][18] Altri gravissimi incendi che hanno decimato ettari di riserva di pinus pinea ci furono il 9 luglio 2002, da giugno a settembre 2003, l'11 luglio 2004 e il 1º luglio 2005.[19][20]Nemmeno questi sono stati sostituiti efficacemente. Nel luglio 2008 almeno altri 80 ettari di pineta sono stati distrutti da una serie di roghi di origine dolosa.[21][22] Il 17 luglio 2017 un altro incendio doloso ha bruciato circa 100 ettari della pineta nelle zone a ridosso di via Cristoforo Colombo, viale della Villa di Plinio e via del Lido di Castel Porziano. Un'adeguata ripiantumazione non c'è stata.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha inserito la Riserva naturale Statale Litorale Romano tra le aree protette da tutelare in base ai Piani AIB (Attività antincendi boschivi) delle Riserve Naturali Statali[23], in attuazione della Legge 21 novembre 2000, n. 353.[24][25]
La devastazione della cocciniglia tartaruga
A partire dal 2018, quel che restava della pineta è stato attaccato dalla cocciniglia tartaruga, un parassita che in pochi mesi riduce un maestoso pino secolare in una carcassa annerita. I necessari interventi fitosanitari o non sono stati attuati, o sono stati realizzati in ritardo e così la devastazione provocata dalla cocciniglia si è estesa alla pineta e allargata anche oltre i confini di Ostia e Castel fusano. In sostituzione dei pini da pinoli uccisi, sono iniziati alcuni limitati interventi di piantumazione di pini di Aleppo, una varietà originaria della Siria che apparentemente è meglio resistente all'attacco della cocciniglia.[26][27][28]
Ambiente
Flora
Uno studio floristico da parte di Maria Grazia Guerrazzi ha individuato la presenza di 455 specie suddivise in 272 generi e 73 famiglie.[29]
L'area era fin dall'antichità ricca di selvaggina e uccelli. In alcuni periodi l'eccessivo sfruttamento venatorio portò le autorità locali a emettere dei divieti di caccia per le popolazioni limitrofe; per esempio, il 5 giugno 1277 si fece "divieto di uccellare e transitare senza autorizzazione". La famiglia Sacchetti, in seguito, ripristinò l'autorizzazione "ad uccellare e a cacciare cinghiali, caprioli, cervi, lepri, istrici, e ricci", ma l'attività fu probabilmente eccessiva dato che un secolo dopo un chirografo di papa Benedetto XIII istituì nuovamente la riserva di caccia con pene severe per chi contravveniva.[4]
^Fonte: Ministero dell'AmbienteArchiviato il 4 giugno 2015 in Wikiwix.. Altre fonti, come il Sito del Comune di Roma, parlano di più di 1000 ha. Maria Grazia Guerrazzi, nella sua tesi in Biologia presente in Wikisource, La vegetazione del parco urbano "Pineta di Castel Fusano", parla di 1200 ha.
^Guerrazzi, , La flora, riporta con precisione le specie individuate nello studio.
Bibliografia
AA.VV., Il parco pineta di Castel Fusano, Comune di Roma, Ufficio tutela ambiente, Roma, Palombi, 1992
AA.VV., Enea nel Lazio, archeologia e mito, Catalogo della mostra, Roma, 1981
Antonio Nibby, Analisi storico-topografica-antiquaria della carta de’ dintorni di Roma, volume I, Roma, 1837.
Carlo Blasi, Bruno Cignini, Romano Maria Dellisanti e Patrizia Montagna (a cura di), Il recupero ambientale della pineta di Castel Fusano: studi e monitoraggi, Roma, Palombi Editori, 2002.
Francesco Chigi, La pineta di Castel Fusano parco pubblico del Governatorato di Roma, dalla rivista mensile del T.C.I. Le Vie d'Italia, S.l., s.n., s.d. (prima del 1953)
Centro di Educazione Ambientale, su CEA - Riserva Naturale Statale "LITORALE ROMANO". URL consultato il 27 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 2 settembre 2014).
Incendio della Pineta di Castel Fusano, su CEA - Riserva Naturale Statale "LITORALE ROMANO". URL consultato il 28 maggio 2009 (archiviato dall'url originale il 24 aprile 2009).