I Sacchetti sono un'antica famiglia nobilefiorentina, nota almeno dal XIII secolo e forse anche sin dall'XI, con un Isacco o Isacchetto che dette il nome al casato[1], citato nel XVI canto (v. 104) del Paradiso di Dante Alighieri. Accumulò ingenti ricchezze con la mercatura e l'attività bancaria, ricoprendo varie cariche nella città di origine. In seguito la famiglia si trasferì a Roma, dove ottenne prestigio nobiliare e grande ricchezza.
Ostili ai Medici nel XVI secolo, all'instaurazione del principato mediceo furono costretti, con Giovanni Battista, a lasciare le loro case e a esulare a Roma negli anni settanta di quel secolo. Qui, aderendo al papato, la famiglia Sacchetti acquisì prestigio e potenza, entrando a far parte della nazione fiorentina, ben rappresentata da orefici e soprattutto da banchieri - come appunto Giovanni Battista, che sposò nel 1579 Francesca Altoviti, da cui ebbe G. Francesco, commissario pontificio nella Valtellina, Alessandro, commissario generale dell'armata pontificia contro i veneziani e Giulio, nunzio in Spagna e cardinale nel 1623.[2] I Sacchetti s'insediarono in gran parte nel Rione Ponte nelle vicinanze della loro chiesa nazionale, la basilica di San Giovanni dei Fiorentini, dove la famiglia eresse la propria cappella gentilizia.
Marchesi di Castelromano
Nel 1648 i Sacchetti acquistarono dagli Acquaviva il palazzo in via Giulia[3] che da loro prese il nome. Qui raccolsero circa 700 pezzi tra reperti archeologici e soprattutto quadri, 187 dei quali vennero acquistati da papa Benedetto XIV nel 1748, andando a costituire il primo nucleo della Pinacoteca dei Musei Capitolini. Acquistarono altre proprietà già dal XVI secolo, come il Pigneto detto dei Sacchetti, Castel Fusano che poi vendettero ai Chigi, dove dal 1620 fecero costruire ed affrescare la villa di campagna da Pietro da Cortona, che divenne l'architetto di famiglia. I Sacchetti godettero del feudo di Castel Romano, con titolo di marchesato.
Si ricordano nella famiglia i cardinali Giulio e Urbano, che fu vescovo di Viterbo nel 1680. G. Francesco, Alessandro e Matteo furono ascritti al patriziato di Ferrara nel 1631 ed ebbero dal papa il titolo di marchese nel 1632.[2]
Marchesi di Baldacchino
La famiglia Sacchetti fu spesso insignita, almeno dal 1794, in alternanza ad altre famiglie nobili romane, della dignità di Foriere maggiore dei sacri palazzi apostolici, grazie alla quale fu inserita nel ristretto ceto dei Marchesi di baldacchino[4], che detenne fino al 1968, quando l'ultimo foriere, il marchese Giulio (1926-2010), per volontà di papa Paolo VI rimase a far parte di ciò che rimaneva della famiglia pontificia laica, come consultore e delegato speciale della Pontificia Commissione dello Stato della Città del Vaticano.
Maria sposò a Roma il 21 novembre 1891Don Luigi Sacchetti dei Marchesi di Castelromano (1863–1936), che assunse il cognome della moglie ed ottenne la successione dei titoli con Regio Decreto Italiano datato 28 giugno 1892 (Monza). Tramite la discendenza di Maria e Luigi, l'eredità dei Barberini è tuttora fiorente sotto la casata dei Barberini-Sacchetti.
Marchesi di Castel Rigattini (1631) poi di Castelromano
L'archivio privato della famiglia Sacchetti, dal 1203 al 1969, consiste in 179 pergamene, 100 buste e 700 tra volumi, registri, filze e cassette. La documentazione è ordinata per materia e ne esiste un inventario, con relativa rubrica.[6]
Note
Annotazioni
^Don Enrico Barberini-Colonna di Sciarra (1823–1889), IX principe di Palestrina, morì ultimo del suo casato poiché privo di eredi legittimi maschili. Tuttavia, tramite la sua unica figlia, Maria, che sposò Don Luigi Sacchetti, l'eredità dei Barberini poté continuare (e continua tuttora) nella casata dei Barberini-Sacchetti.
Fonti
^ Giorgio Petrocchi ... et altri, Enciclopedia dantesca. vol 4 : N-Sam, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1984, SBNIT\ICCU\CFI\0033495.
^abSacchetti, su SIUSA Sistema informativo degli archivi di Stato. URL consultato il 17 marzo 2018.
^ Carlo Pietrangeli (a cura di), Guide Rionali di Roma. Rione 5: Ponte, Roma, F.lli Palombi, 1970, SBNIT\ICCU\CFI\0042096.