Commento: Praticamente non esistono fonti per quasi tutte le affermazioni riguardo ad un quadro storico che copre (dovrebbe coprire) più di venti secoli!
La morte sul rogo è una forma di condanna capitale, utilizzata principalmente nei secoli passati in tutto il mondo e applicata soprattutto ai condannati per stregoneria, eresia e sodomia.
Effetti del rogo
Il condannato previa tortura veniva solitamente legato ad un palo, sotto ed intorno al quale venivano posti abbondanti fasci di legname e paglia a cui veniva dato fuoco. La morte sopraggiungeva, se il fuoco era rapido, per gravissime ustioni prodotte al corpo e per il successivo annerimento della carne (quindi per shock ipovolemico a causa del dissanguamento, o danni agli organi interni oppure per collassocardiaco causato dal dolore intenso), o per asfissia da distruzione dei polmoni causata dall'inalazione del fuoco, che bruciava fino a ridurre in cenere il condannato. Se il fuoco era lento, invece, prima che il medesimo potesse giungere a dilaniare le carni si poteva morire per asfissia da fumo oppure per arresto cardiocircolatorio per il calore.
Sovente, amici o parenti del condannato pagavano il carnefice affinché, nel legare il condannato al palo, lo stordisse o strangolasse. Talvolta lo strangolamento era concesso dalla stessa autorità.
Storia
È verosimile che questa forma di condanna a morte fosse presente nelle culture più antiche, in particolare in quelle di origine celtica, ma le prime testimonianze di condanne al rogo sono di epoca romana e ci vengono fornite dai Martirologi e dalle Vite dei Santi, in cui vengono descritti i supplizi dei martiri del cristianesimo.
Secondo leggende cristiane, la condanna al rogo di questi da parte del Senato e degli imperatori romani non era molto frequente e si concludeva sempre con la salvezza del Santo a cui, poiché le fiamme non riuscivano a lambirlo, veniva staccata la testa. Nei primi anni dell'impero bizantino il rogo fu utilizzato come punizione per gli zoroastriani, come pena di contrappasso alla loro adorazione del fuoco sacro.[senza fonte]
Nei territori conquistati dai Vandali nell'Africa settentrionale, durante il Regno di Unerico la morte sul rogo fu dispensata a molti vescovi cattolici che si erano rifiutati di convertirsi all'arianesimo. Nella Bibbia la punizione del fuoco (Serefa) non era invece riferita al rogo come oggi lo intendiamo: ai condannati veniva fatto ingerire piombo fuso provocando la morte istantanea del reo dovuta alla distruzione delle vene e delle arterie del collo. La Serifa fu una delle quattro pene di morte prescritte dal libro sacro e, come le rimanenti (lapidazione, decapitazione e impiccagione) raramente fu praticata dagli ebrei (vedi San Ciriaco).
Al di fuori dell'area mediterranea il rogo è stato praticato da alcune civiltà precolombiane per cerimonie sacrificali e in India, dove nel passato, ma in alcune regioni la tradizione persiste ancor oggi, le donne sposate venivano sacrificate sulla pira ove ardevano i corpi dei mariti morti. Il rogo era usato anche da alcune tribù di Indiani d'America, in alternativa alla trafittura con frecce, per uccidere i nemici catturati[1].
Fin dal Medioevo, in Gran Bretagna, il rogo fu la pena capitale decretata per le donne condannate per tradimento (treason): questo poteva essere high treason quando si trattava di crimini commessi contro i sovrani o petty treason per l'uccisione di coloro che erano superiori per legge a chi commetteva il reato, come nel caso della moglie che uccideva il marito. Nel 1790, Sir Benjamin Hammett, riuscì a far approvare una legge al Parlamento inglese che pose fine sull'isola all'esecuzione capitale sul rogo.
Roghi moderni
Seppure nella nostra società questa forma di condanna a morte sia cessata da alcuni secoli, nel mondo sono ancora frequenti le condanne a morte e i linciaggi che hanno come mezzo di esecuzione il rogo. Nel 1916 in Texas, Jesse Washington, un diciassettenne afroamericano, poco dopo aver subito una condanna a morte per aver stuprato e ucciso una donna, fu trascinato da una folla su un rogo, e fu torturato e ucciso. Nel corso del XX secolo, in tutto il Sud degli Stati Uniti, furono numerosissimi i casi di persone di colore o cattoliche bruciate su roghi improvvisati o bruciate nelle proprie case dai membri del Ku Klux Klan.
Durante la seconda guerra mondiale il fuoco era poi spesso utilizzato dalle truppe nazifasciste sia per far scomparire i corpi delle vittime delle rappresaglie contro la popolazione civile, fossero queste già morte o agonizzanti, come è avvenuto, ad esempio, a Sant'Anna di Stazzema[2][3], sia come vero e proprio mezzo di esecuzione capitale, come verificatosi a Lippa di Elsane[4].
Nell'Africaanimista coinvolgono le persone accusate di stregoneria ma, seppur per fini differenti, sono praticate anche in India nei riti Sati.
Gli alleati nella II guerra mondiale con i bombardamenti al fosforo su Dresda e Amburgo applicarono in pratica questa pena sui civili inermi e innocenti, così come fecero gli Italiani in Africa con la conquista dell'Etiopia.
Altri fautori di questa esecuzione sono stati i terroristi di religione islamica appartenenti al sedicente Stato islamico, nel 2015 è stato arso un pilota giordano, facendone anche un macabro video a scopo propagandistico.[5] Nel 2016, sempre trasmessa via video, la tragica sorte è toccata a due soldati dell'esercito turco.[6] Nel 2017 il gruppo terrorista islamico ha bruciato una famiglia composta da una madre e 4 bambini.[7]
Note
^Gabriel Sagard, Le grand voyage au pays des Hurons, Biblioteque Quebecoise, Montreal, 2007
^ Paolo Brogi, L'eccidio di S'Anna di Stazzema, su Corriere della Sera. URL consultato il 29 gennaio 2009 (archiviato dall'url originale il 3 ottobre 2008).