Ermanno Maurizio di Sassonia (più conosciuto col solo nome di Maurizio di Sassonia) nacque a Goslar, nella Bassa Sassonia, figlio illegittimo di Augusto II, re di Polonia ed Elettore di Sassonia, e della Contessa Aurora von Königsmarck. Venne battezzato come Hermann Moritz e subito chiamato con i titoli di "Conte di Sassonia" o "Conte de la Raute".
Maurizio ottenne dal padre durante il suo vicariato imperiale il grado di colonnello in un reggimento di corazzieri. Nel 1706 egli studiò musica e filosofia ad Halle e già allora era considerato un bambino prodigio. Nel 1709 egli si distinse combattendo nelle Fiandre agli ordini di Eugenio di Savoia e del duca di Marlborough e altrettanto fece nel 1711 a Stralsund, nel corso della grande guerra del Nord, sotto gli occhi del padre. Subito dopo la madre lo fece sposare alla ricca contessa di Löben, matrimonio che venne sciolto dieci anni dopo.
Tuttavia, nel 1729, spinto da pressioni russe, Maurizio lasciò la Curlandia per ritornare in Francia e nel 1733 si distinse combattendo nella zona del Reno Superiore durante la guerra di successione polacca e nel 1736 venne promosso tenente generale.
Nel 1743 creò nuovamente un proprio Corpo franco, i Volontaires de Saxe, che erano direttamente al suo personale servizio.
La sua campagna del 1744 nelle Fiandre, sotto il comando nominale di Luigi XV, fu il capolavoro della sua "arte della guerra", mentre costringeva all'inattività il nemico, superiore di numero.
Nel febbraio 1745 occupò Bruxelles, l'11 maggio batté gli inglesi a Fontenoy e replicò il successo l'11 ottobre 1746 a Roucoux. Nell'aprile del 1746 era stato naturalizzato definitivamente francese. Venne quindi nominato Maréchal général des camps et armées du roi e dopo l'assedio di Lauffeld, del 2 luglio 1747, e la presa di Bergen op Zoom del 16 settembre 1747, Comandante in capo nei Paesi Bassi occupati.
Conclusasi la guerra di successione austriaca con la pace di Aquisgrana del 18 ottobre 1748, Maurizio si ritirò nel Castello di Chambord, che Luigi XV gli aveva lasciato in uso a vita, e che divenne luogo d'incontro di eruditi, artisti e filosofi.
Egli morì il 30 novembre del 1750, tra le sei e le sette del mattino, a causa di febbre putrida, e venne sepolto nella chiesa protestante di San Tommaso a Strasburgo, ove, tra il 1765 ed il 1776, l'artista francese Jean-Baptiste Pigalle gli eresse un grande monumento funebre.
L'arte della guerra
Maurizio di Sassonia è famoso, oltre che come comandante focoso al limite della temerarietà, come teorico dell'arte della guerra. Nel 1732, durante una breve malattia, scrisse le Meditazioni, un'opera di strategia e tattica che fu pubblicata solo dopo la sua morte.
In quest'opera Maurizio lodava l'ordine profondo, gli attacchi all'arma bianca e le tattiche aggressive, sminuendo invece l'importanza delle armi da fuoco e della polvere da sparo.
Mentre questi aspetti della sua opera sono indice di forte conservatorismo (e nella pratica non furono utilizzati nemmeno da lui) Maurizio iniziò anche alcune riflessioni d'avanguardia: filosoficamente distinse tra una parte scientifica dalla guerra (composta dall'organica, dall'addestramento, dall'armamento e dall'equipaggiamento, ovvero cose che potevano essere organizzate a tavolino) ed una artistica, irrazionale, "sublime", che si esalta nel colpo d'occhio e nelle intuizioni del comandante, nel carattere delle truppe, nel morale (assai mutevole anche tra i veterani), nei casi e negli accidenti.
Inoltre Maurizio di Sassonia fu un sostenitore delle divisioni (chiamate da lui "corpi") ovvero di una riforma dell'organica che stabilisse delle strutture stabili e proporzionate, formate da reparti di cavalleria, fanteria ed artiglieria con un'aliquota di genio e servizi, che si muovessero in maniera autonoma, o meglio ancora su vie parallele a ore o giorni di marcia l'una dall'altra. Ogni divisione sarebbe stata in grado di combattere autonomamente una piccola battaglia o far fronte ad un'imboscata, mentre sarebbero state in grado di riunirsi rapidamente per formare un esercito per una battaglia principale.
Malgrado tutto, Maurizio riteneva che un buon generale avrebbe potuto (se non avesse commesso mai errori) passare tutta la sua vita senza combattere una sola battaglia, sconfiggendo il nemico con la manovra, con le scaramucce, gli assalti notturni alle cittadelle (tattica di cui fu un maestro riconosciuto) e la prudenza nella difesa delle proprie linee.
Opere
(FR) Les Reveries Ou Memoires Sur L'Art De La Guerre De Maurice Comte De Saxe, Duc De Courlande Et De Semigalle ... Dédiés A Messieurs Les Officiers Generaux Par Mr. De Bonneville Capitaine Ingenieur de Campagne de Sa Majesté le Roi de Prusse. A La Haye, Chez Pierre Gosse Junior, Libr. de S. A. R., 1756
(FR) Mes rêveries. Ouvrage posthume de Maurice comte de Saxe. Amsterdam/Leipzig 1757 (Digitalizzato in Gallica)
Matrimonio e discendenza
Il 12 marzo 1714 Maurizio sposò la ricca ereditiera, contessa Johanna Victoria Tugendreich von Loeben (1699 – 1747) dalla quale ebbe un figlio, Augusto Adolfo, nato il 22 gennaio 1715, che tuttavia morì poco dopo la nascita. Il matrimonio fu sciolto il 22 marzo 1721.
Maurizio ebbe inoltre numerose amanti tra le quali la celebre attrice Adrienne Lecouvreur. Una delle ultime fu Marie Rinteau de Verrières (1730–1775), dalla quale ebbe una figlia illegittima, Maria Aurora di Sassonia (1748–1821), legittimata da Maurizio poco prima della morte, che sposò certo Claude Dupin de Francueil, per cui Maurizio fu il bisnonno della scrittrice francese George Sand, il cui vero nome era Amantine Aurore Lucile Dupin de Francueil.
È il protagonista del dramma di Eugenio Scribe e di Ernest Legouvé, Adriana Lecouvreur, dal quale fu tratta l'omonima opera lirica di Cilea.
Il Marchese di Sassonia, insieme a Madame de Pompadour, l'amante preferita del re di Francia, Luigi XV, è oggetto di versetti satirici che Thomas Mann fa recitare al poeta di Lubecca, Jacques Hoffstede, uno dei personaggi del suo primo romanzo, I Buddenbrooks:
(DE)
«Als Sachsens Marschall einst die stolze Pompadour Im goldnen Phaeton – vergnügt spazierei fuhr, Sah Frelon dieses Paar - o, rief er, seht die beyde! Des Köenigs Schwerdt – und seine Scheide!»
(IT)
«Quando una volta il Maresciallo di Sassonia, la fiera Pompadour conduceva a spasso divertita su una dorata Phaeton[1] - Frelon vide questa coppia - oh, esclamò, guardali entrambi! La spada del Re – ed il suo fodero!»
L'ironia dei versetti non è percepibile in lingua italiana, poiché si basa sul doppio senso del termine tedescoSheide, che in quella lingua ha il significato di "fodera" o "guaina", ma anche, volgarmente, di "vagina".
^Phaeton era una carrozza molto leggera e veloce per due persone, interamente scoperta e guidata direttamente da uno dei passeggeri (il cocchiere sedeva, per ogni evenienza, su un apposito sedile posto dietro e leggermente abbassato), ideale per una scarrozzata durante le belle giornate.
Bibliografia
(EN) Jon Manchip White Marshal of France: The Life and Times of Maurice, Comte de Saxe (1696-1750), Rand McNally & Company, Chicago, 1962.
(DE) Arbeitskreis Sächsische Militärgeschichte (Hrsg.): Moritz Graf von Sachsen. Marschall von Frankreich. Selbstverlag, Dresden 1996, ISBN 3-9805398-1-4.
(FR) Jean-Pierre Bois: Maurice de Saxe. Fayard, Paris 1992, ISBN 2-213-03007-3.
(DE) Heinrich Theodor Flathe: Moritz (französischer Feldmarschall, in Allgemeine Deutsche Biographie (ADB), Band 22, Duncker & Humblot, Leipzig 1885, S. 305–307.
(FR) Frédéric Hulot: Le Maréchal de Saxe. Pygmalion, Paris 1997, ISBN 2-85704-295-7.
(DE) Michael Ranft: Leben und Thaten des weltberühmten Grafens Mauritii von Sachsen, Marschalls von Franckreich. Heinfius, Leipzig 1746 (Digitalisat).
(DE) Bärbel Stephan: „Nach der Geburt ein Teutscher, im Handeln und Denken aber ein Franzose“. Graf Moritz von Sachsen, Maréchal de France, gestorben am 30. November 1750 auf Schloss Chambord − Eine Betrachtung. In: Dresdner Hefte. Nr. 46, 1996, S. 19−28.
(DE) Gerd Treffer: Moritz von Sachsen – Marschall von Frankreich. Pustet, Regensburg 2005, ISBN 3-7917-1946-7.
(DE) Karl von Weber: Moritz, Graf von Sachsen, Marschall von Frankreich. Nach archivalischen Quellen. Tauchnitz, Leipzig 1863 (Digitalisat).