Il nome di Macaone è basato probabilmente sulla radice greca μάχομαι (máchomai) o μάχη (máchē), "combattere", comunissima nell'onomastica greca[1][2].
Il mito
Nella guerra di Troia
Giunse al porto di Aulide insieme al fratello Podalirio, portando con sé 30 navi. Curava le ferite degli Achei con Vino ed erbe ma combatteva comunque nelle battaglie. Guarì la ferita di Menelao causatagli dalla freccia di Pandaro. Venne a sua volta ferito quando i troiani attaccarono il muro acheo e fu costretto a ritirarsi insieme a Nestore nella sua tenda. Curò l'ulcera di Filottete quando questi venne portato via dall'isola di Lemno dove era stato confinato.
La morte
Secondo la tradizione più accreditata, ripresa anche nell'Eneide, fu tra i guerrieri che si nascosero nel cavallo di legno e morì per mano di Euripilo, figlio di Telefo, secondo un'altra tradizione morì prima della conquista di Troia e fu l'amazzone Pentesilea a ucciderlo. La sua salma venne riportata in Grecia da Nestore.
Letteratura postclassica
Macaone è invocato da Antonio Abati nella sua opera Le Frascherie. Nella sua satira sulla pazzia scrive:
«Sian de’ fusti d’Anticira ripiene Spetial Botteghe, e Machaone dia Con gli Ellebori suoi purga à le vene.»
Macaone è visto cioè quale dispensatore di "libertà" se accettiamo le sue medicine anti-inibitorie. Da questa esortazione si evince forse una concessione nell'assunzione di Elleboro. Il riferimento ad Anticira città greca famosa per l'abbondante rigoglio di tale pianta è desunto da un luogo delle Satire di Persio (Sat. IV, 16).