Nacque il 23 maggio 1876 a Cernusco sul Naviglio, in provincia di Milano, da Francesca Lepori e Salvatore D'Aragona, appartenente ad una famiglia agiata, abbandonò a dieci anni la casa paterna e "si avviò a percorrere le dure vie del mondo, a cominciare da quelle dell'America Latina, maturando, da autodidatta, nel sudato lavoro subalterno, nel volontario sacrificio di ogni comodo familiare, nel dolore anche, nelle privazioni, una profonda esperienza delle condizioni di vita degli operai e dei contadini, del proletariato insomma, del quale, per elezione, volle essere parte".
È comunque all'attività sindacale che avrebbe dedicato il massimo delle sue energie, anche se col tempo la sua influenza sarebbe diventata estremamente rilevante non solo sul movimento operaio ma pure nel PSI. Fra i pionieri del movimento camerale, fu segretario della Camera del lavoro di Milano ed, in seguito, di Pavia, Brescia e Genova-Sampierdarena (a Genova avrebbe risieduto fino al 1909); fu inoltre fra i fondatori della Federazione Italiana Operai Metallurgici (FIOM).
A partire dal 1909 ebbe rilevanti incarichi in seno alla Confederazione Generale del Lavoro di cui fu il segretario dal 1918 al 1925. Nei suoi confronti, così come verso Emilio Colombino e Gino Baldesi, Giacomo Matteotti fu severissimo, portando avanti «nei loro confronti una battaglia politica dura schierandosi senza incertezza contro le tentazioni di “collaborazione tecnica” con il fascismo, come veniva prefigurata da molti che non rifuggivano la speranza di un compromesso con Mussolini e in tale contesto operavano per non inasprire troppo il rapporto con il governo»[1].
Dopo essere stato eletto deputato dal 1919 al 1924, all'indomani della marcia su RomaBenito Mussolini gli propose di entrare nel suo governo come Ministro: D'Aragona accettò, ma il capo del fascismo ritirò successivamente la sua offerta per l'opposizione di molti gerarchi[2]; nell'agosto del 1923, durante un discorso al Comitato nazionale della CGL, D'Aragona spiegò che la collaborazione non sarebbe stata "politica" ma soltanto "tecnica"[2].
Dopo il delitto Matteotti, l'approvazione delle leggi fascistissime e la piena affermazione del regime, D'Aragona visse a Parigi, dove rimase fino alla fine del Ventennio. Fu eletto all'Assemblea costituente, a seguito delle elezioni tenute contestualmente al referendum con cui, il 2 giugno 1946, l'Italia scelse di darsi un ordinamento repubblicano. Nel 1948, invece, fu nominato senatore di diritto.