Lombardia (regione storica)

L'Italia settentrionale, areale al quale si estese il termine Lombardia, qui in una mappa del 1667 disegnata da Pietro Marchetti.

La Lombardia è una regione storica dell'Italia geografica, i cui confini convenzionali sono variati nel corso dei secoli: il suo nome è stato infatti utilizzato originariamente per indicare l'intera Italia settentrionale,[1] per poi ridursi progressivamente con il sorgere di nuove realtà statuali e regionali (come il Veneto, la Romagna, la Liguria, il Piemonte, l'Emilia e la Svizzera italiana),[2] che ne hanno infine delimitato il significato alla sola regione contemporanea.[3]

Storia

Epoca carolingia

Il Regno Longobardo nell'Impero carolingio (418-814).

Dall’XI secolo il vocabolo Longobardia veniva comunemente utilizzato per indicare tutte le terre occupate dai Longobardi, compresi i ducati di Spoleto e Benevento.[4] Il suo uso oscillò per tutto il secolo successivo, alternandosi al nuovo termine Lombardia, ora però indicando una regione più ristretta rispetto a prima.[5]

I territori dell’attuale Lombardia nel periodo del Sacro Romano Impero (XI secolo).

Ancora nei giuramenti tra città del XII secolo emerge l'uso di Longobardia per indicare l'intera Val padana, da Susa a Comacchio; a sua volta era distinta dal termine Italia, che indicava i territori del Regnum Italiae compresi dunque la Toscana e i ducati del sud.[6]

Età comunale

Durante l'età comunale il termine Lombardia designava semplicemente uno spazio geografico compreso tra le Alpi a nord, il mar Tirreno, gli Appennini a sud; a est i confini erano segnati dal fiume Mincio, che la separava dalla Marca di Verona, e dal fiume Reno, che delimitava la cosiddetta Romandiola, all'epoca sotto l'influenza dell'Arcidiocesi ravennate.[5]

Città della prima e della seconda Lega Lombarda (1167 e 1226).

Tuttavia, il termine Lombardia acquisì presto un'accezione politica, venendo ad indicare lo schieramento anti-imperiale delle città padane. Ovviamente il suo uso era più ristretto geograficamente e variava a seconda degli orientamenti assunti da ogni singola città.[7] Questo uso è attestato a partire dalla fine degli anni sessanta del Millecento, anni in cui l'intensità del conflitto tra i comuni italiani e Federico Barbarossa raggiunse il suo apice. In un atto del 1167 sono nominati infatti i rappresentanti delle città di Lombardia, assieme a quelle della Marca veronese, di Venezia e Ferrara.[8]

Se infatti la Marca di Verona veniva ancora riconosciuta come entità precisa sia geografica che politica anche dagli stessi imperatori, la stessa cosa non avvenne con la Marca obertenga che si dissolse (assieme alle strutture politiche del Regnum Italiae) con la frantumazione dei possedimenti obertenghi tra i vari rami della casata (Malaspina, Estensi, Pallavicino).

Dunque le città di questi territori usarono la definizione di civitates Lombardie per distinguersi dalle città della Marca e della Romagna, le quali avevano connotazioni più precise.[9] Da questa sfumatura politica del termine Lombardia origina l'uso odierno di Lega Lombarda per designare il giuramento tra i comuni italiani in funzione anti-imperiale, definita per esteso come Societas Lombardie, Marchie et Romanie.[10]

Età moderna

Carta del Regno Lombardo-Veneto (1815-1866).

Passata l'epoca delle signorie cittadine, la Lombardia storica si presentava divisa in diversi organismi statuali, tra cui il Marchesato di Mantova, il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia;[11] il toponimo continuò ad essere utilizzato per indicare una buona parte dell'Italia settentrionale (come attestato da opere letterarie ancora nel XVIII secolo),[12][13] ma cadde in progressivo disuso in favore dei nuovi stati e realtà regionali che andavano formandosi.

Tra il XV e il XVI secolo il territorio fu inoltre interessato dalle incursioni dei Confederati elvetici, che intervennero a più riprese nelle lotte per il potere nel Ducato di Milano:[14] ritiratisi definitivamente dopo la celebre Battaglia di Marignano, conservarono però il controllo su una parte del territorio (conosciuta come Lombardia svizzera),[15] la quale era in realtà costituita da otto baliaggi separati e variamente controllati dagli stati elvetici;[14] nel periodo napoleonico, tali baliaggi saranno aboliti per andare a costituire dapprima i cantoni di Lugano e Bellinzona, e infine quello dell'odierno Canton Ticino, nato dalla fusione tra i due.[14]

Mappa della regione dello stato italiano oggi chiamata Lombardia.

Età contemporanea

Solo nel 1815, dopo la parentesi napoleonica, con l'istituzione del Regno Lombardo-Veneto (Lombardia-Venezia) come parte dell'Impero austriaco, il termine torna ad essere di uso comune, ma per indicare la sola amministrazione occidentale del regno, con sede a Milano, conosciuta appunto come Lombardia austriaca[11].

La definizione contemporanea di Lombardia come regione dell'Italia settentrionale nasce quindi ai tempi di Alessandro Manzoni e Carlo Cattaneo, conquistandosi una coscienza di popolo con il Risorgimento e con il processo di industrializzazione del XX secolo[11]; nel 1948, con l'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana, la Lombardia diviene una regione a statuto ordinario, operativa a partire dal 1970.

Lingue

Koinè padana

A partire dal XII-XIII secolo, con la diffusione delle pubblicazioni in volgare, si sviluppò una lingua letteraria comune, diffusa a quasi tutta l'Italia settentrionale, all'epoca conosciuta come lingua lombarda (oggi indicata invece come koinè padana, o anche lombardo-veneta o alto-italiana); questa sopravvisse fino al XV secolo, quando iniziò ad affermarsi la norma toscana, portando poi alla frammentazione delle successive grafie locali.[16]

«Fu già da molti osservato che durante i primi due secoli della nostra letteratura allato alla lingua del centro d'Italia [...] esisteva nel settentrione d'Italia una specie d'idioma letterario, il quale sebbene in certe parti tenesse or dell'uno or dell'altro dialetto, secondo la patria dello scrittore, aveva però molti caratteri comuni. Era un parlare non privo di coltura, con non poche reminiscenze latine, con gran numero di quelle eleganze che non erano né toscane né provenzali né francesi esclusivamente, ma proprie di tutti gl'idiomi neolatini, che nel medio evo pervennero a letterario sviluppo. Se le condizioni letterarie e politiche le fossero state propizie, una tal lingua scritta si sarebbe fissata nel settentrione dell'Italia e sarebbe diventata un nuovo idioma romanzo, molto affine all'italiano, ma pure distinto da esso [...]. Per buona ventura dell'Italia tali condizioni mancarono; cosicché fra breve quest'ombra di lingua letteraria, speciale al settentrione, sparì, ed i dialetti si restrinsero nei limiti loro naturali»

Al 1280 risale il più antico documento che parla di “lingua lombarda”, probabilmente facente riferimento al moderno gallo italico: in un testo di Salimbene de Adam si legge che "[...] optime loquebatur gallice tuscice et lombardice [...]", ossia "parlava bene francese, toscano e lombardo"[17]. Anche nel codice poetico occitano del XIV secolo Leys d'amors “il Lombardo” viene citato insieme ad altri idiomi europei: "[...] Apelam lengatge estranh coma frances, engles, espanhol, lombard [...]", ossia "linguaggi stranieri come francese, inglese, spagnolo, lombardo"[18].

Dante Alighieri, nel suo De Vulgari Eloquentia, all'inizio del XIV secolo, tratterà poi della regione dal punto vista linguistico, parlando di un volgare proprio della Lombardia, composto dai dialetti di città quali Bergamo, Cremona, Piacenza, Ferrara e Modena,[19][20] che separa dai volgari della Romagna e della Marca Trevigiana con Venezia.[21]

Durante il fenomeno del tuchinaggio, avvenuto a fine XIV secolo nell’area del Canavese, si fa riferimento alla lingua lombarda, ovvero alla lingua parlata dai canavesani tuchini, considerata differente da quella dei valdostani. [22]

Finanche al XIX secolo, nell’appendice Saggio della dialettologia italiana, curata dal filologo Francesco Cherubini e compresa nel Vocabolario milanese-italiano di Giuseppe Banfi (1870), vengono riportati come basso-lombardi i dialetti emiliani e lombardi, e come alto-lombardi o pedemontani i dialetti piemontesi.[23]

Lombardo contemporaneo

A partire dal XIX secolo, la regione linguistica indicata come lombarda inizierà ad essere ridotta alla sua estensione attuale, analogamente alla regione geografica, in particolare dalla pubblicazione del Saggio sui dialetti gallo-italici di Bernardino Biondelli (1853), il quale la definisce come l'area approssimativamente compresa tra il crinale delle Alpi (a nord) e i corsi della Sesia (a ovest), del Po (a sud) e del Mincio (a est); in questo senso viene quindi distinta dalle altre due principali varietà gallo-italiche, che chiama pedemontano ed emiliano (comprendente anche il romagnolo).[24]

Usi estesi del termine "lombardo"

La Basilica di Sant'Ambrogio di Milano, esempio di romanico lombardo

Attorno al XII secolo si diffuse l'uso di lombardo, al di fuori dell'Italia, come etnonimo per indicare gli italiani, specie se dediti alle attività bancarie e commerciali. Quest'attestazione è rimasta nella celebre Lombard Street di Londra, nel Regno Unito.[25]

Storia dell'arte

Lo stesso argomento in dettaglio: Romanico lombardo.

Dall'uso medievale di Lombardia per indicare il Nord Italia deriva il concetto di architettura lombarda, applicato in particolar modo all'architettura romanica; esso si riferisce ad uno stile architettonico comune diffusosi a partire dall'XI secolo, ma col proprio apice nel secolo successivo. Pur riferendosi ad una zona d'Italia abbastanza precisa (l'area padana dell'Italia settentrionale) questo termine in realtà è da ritenere come piuttosto generico: l'architettura lombarda fu molto articolata al suo interno, senza caratteristiche omogenee nettamente prevalenti.[26]

Dunque è più lecito considerare l'area lombarda come un esteso "sistema territoriale", dentro il quale emersero varie tendenze policentriche favorite dal comune clima culturale. Lo sviluppo dei liberi comuni all'interno di questa cornice territoriale unitaria, e più in generale il rinnovato dinamismo dei centri urbani, fu infatti determinante per il sorgere dell'architettura romanica lombarda.[27]

Resti toponimici

Diverse località dell'Italia settentrionale conservano (o hanno mantenuto fino a tempi recenti) un epiteto riferibile all'antico significato esteso del coronimo:

  • Reggio nell'Emilia fu, fino all'annessione al Regno d'Italia, Reggio di Lombardia;
  • Massa Lombarda, in provincia di Ravenna;[senza fonte]
  • Mezzolombardo, in provincia di Trento.[senza fonte]

Note

  1. ^ lombardo in Vocabolario - Treccani, su www.treccani.it. URL consultato il 12 novembre 2022.
  2. ^ Lombardia in "Enciclopedia Dantesca", su www.treccani.it. URL consultato il 12 novembre 2022.
  3. ^ Lombardia, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  4. ^ Andenna, p. 3.
  5. ^ a b Andenna, p. 4.
  6. ^ Andenna, p. 9.
  7. ^ Andenna, pp. 4-5.
  8. ^ Andenna, p. 5.
  9. ^ Andenna, pp. 6-7.
  10. ^ Andenna, pp. 8-12.
  11. ^ a b c Guida d'Italia, volume Lombardia, Touring Club Italiano, pp. 19-20.
  12. ^ Vincenzo Maria Coronelli, Lombardia, ch' abbracia gli stati de' duchi di Savoja, Mantova, Parma e Modona, e del Milanese, 1706.
  13. ^ Dizionario di geografia moderna composto per l'enciclopedia metodica dalli signori Robert, Masson, Mentelle, Bonne, ec. traduzione dal francese con molte aggiunte tomo 1. [-4.], 1797. URL consultato il 12 novembre 2022.
  14. ^ a b c Ticino (cantone), su hls-dhs-dss.ch. URL consultato il 12 ottobre 2022.
  15. ^ Morinini, pp. 10, 23-52, 68-73.
  16. ^ Glauco Sanga, La lingua lombarda. Dalla koinè alto-italiana delle Origini alla lingua cortegiana, 1990. In: Sanga, Glauco (a c. di), Koinè in Italia dalle origini al Cinquecento, Bergamo, Lubrina: 79-163, pp. 146-147.
  17. ^ (FR) Emmanuel Bury, Tous vos gens a latin: le latin, langue savante, langue mondaine (XIVe-XVIIe siècles), su books.google.it.
  18. ^ Alberto Varvaro, XIV congresso internazionale di linguistica e filologia romanza, Napoli, 15-20 Aprile 1974 : atti, su books.google.it.
  19. ^ Dante Alighieri, De Vulgari Eloquentia, Libro I, cap. X: «Ora in entrambe queste due metà, e relative appendici, le lingue degli abitanti variano: così i Siciliani si diversificano dagli Apuli, gli Apuli dai Romani, i Romani dagli Spoletini, questi dai Toscani, i Toscani dai Genovesi e i Genovesi dai Sardi; e allo stesso modo i Calabri dagli Anconitani, costoro dai Romagnoli, i Romagnoli dai Lombardi, i Lombardi dai Trevigiani e Veneziani, costoro dagli Aquileiesi e questi ultimi dagli Istriani. [...] Ecco perciò che la sola Italia presenta una varietà di almeno quattordici volgari. I quali poi si differenziano al loro interno, come ad esempio in Toscana il Senese e l'Aretino, in Lombardia il Ferrarese e il Piacentino; senza dire che qualche variazione possiamo coglierla anche nella stessa città, come abbiamo asserito più sopra nel capitolo precedente.»
  20. ^ Dante Alighieri, De Vulgari Eloquentia, Libro I, cap. XV: «Ed è così che gli abitanti della città suddetta prendono dagli Imolesi il morbido e il molle, e invece dai Ferraresi a dai Modenesi una certa chioccia asprezza che è propria dei Lombardi e che crediamo sia rimasta agli abitanti della regione in seguito alla mescolanza con gli stranieri Longobardi.»
  21. ^ Dante Alighieri, De Vulgari Eloquentia, Libro I, cap. XIX: «Infatti, come è possibile trovare un determinato volgare proprio di Cremona, così è possibile trovarne uno proprio della Lombardia; e come si trova quest'ultimo, così è possibile reperirne uno proprio di tutta la parte sinistra dell'Italia; e come per tutti questi, così è dato reperire quello che appartiene all'Italia intera. E come l'uno si definisce cremonese, e l'altro lombardo, e il terzo semi-italiano, così questo, che appartiene all'Italia intera, si chiama volgare italiano. Di esso infatti si sono serviti i maestri illustri che in Italia hanno poetato in lingua volgare, come Siciliani, Apuli, Toscani, Romagnoli, Lombardi e uomini dell'una e dell'altra Marca.»
  22. ^ All'arme! All'arme! I priori fanno carne! Pag 147-148 Alessandro Barbero
  23. ^ Giuseppe Banfi, Vocabolario milanese-italiano, terza, Milano, Gaetano Brigola, 1870, pp. XX-XXII.
  24. ^ Bernardino BiondelliSaggio sui dialetti gallo-italici, p. XLVI: «Restringendoci ora a favellare della sola famiglia gallo-itàlica, e fondandoci sulle proprietà distintive degli innumerevoli dialetti che la compóngono, ci si offre spontànea la prima sua divisione in tre rami, che dalla regione rispettivamente occupata abbiamo distinto coi nomi lombardo, emiliano e pedemontano. Sebbene parecchi fra i dialetti componenti il primo ramo non appartengano politicamente alla Lombardia propriamente detta, ed all'opposto alcuni di quelli che vi si parlano spettino al secondo, ciò nullostante l'abbiamo denominato lombardo, perché infatti il maggior numero dei dialetti che lo compóngono, tra i quali i principali, sono parlati in Lombardia, e perché in tempi non molto da noi lontani la divisione polìtica meglio corrispondeva alla linguìstica, che non al presente. I suoi confini sono: a settentrione le Alpi rètiche e lepòntiche, dalla catena camonia sino al monte Rosa; ad occidente, il corso del Sesia, che da questo monte scaturisce, sino alla sua foce nel Po; a mezzogiorno, il corso di questo fiume dalla foce del Sesia fino a quella dell'Ollio, tranne un pìccolo seno, il quale abbraccia la città di Pavia e i vicini distretti sino alla foce del Lambro e al tèrmine del Naviglio dì Bereguardo; ad occidente, una linea trasversale dalla foce dell'Ollio a Rivalta sul Mincio, indi il corso di questo fiume da Rivalta a Peschiera, il lago Benaco, i monti che divìdono le valli della Sarca e del Mincio e la catena camonia. È quindi manifesto, che il ramo lombardo comprende i dialetti parlati nel regno Lombardo, tranne il pavese e il mantovano; i dialetti della Svizzera italiana, ossia Cantone Ticinese; e i dialetti del regno sardo compresi tra il Sesia, il Po ed il Ticino.»
  25. ^ Lombardo, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  26. ^ Tosco, p. 64.
  27. ^ Tosco, pp. 157-159.

Bibliografia

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