Alcuni studiosi distinguono un celtico continentale da un celtico insulare, argomentando che le differenze tra le lingue goideliche e quelle brittoniche si sono originate dopo la separazione fra lingue continentali e insulari. Altri studiosi distinguono invece un celtico-Q da un celtico-P, a seconda dello sviluppo della consonante indoeuropea kʷ.
La lingua bretone è brittonica, non gallica. Quando gli anglo-sassoni si trasferirono in Gran Bretagna, alcuni dei nativi gallesi (Welsh, dalla parola germanica *Walhiskaz che designava i "Galli" o "Celti") attraversarono la Manica e si stabilirono in Bretagna. Questi ultimi portarono con sé la loro madrelingua che diventò in seguito il bretone, che rimane ancora oggi parzialmente intelligibile con il gallese moderno ed il cornico.
Ci sono al giorno d'oggi due diversi schemi di categorizzazione in competizione. Uno schema, sostenuto da Schmidt (1988) tra gli altri, collega il gallico al brittonico in un gruppo celtico-P, lasciando il goidelico come celtico-Q. La differenza tra le lingue P e le lingue Q è nel trattamento di *kw in proto-celtico, che divenne *p nel celtico-P e *k in goidelico. Un esempio è la radice verbale proto-celtica *kwrin- "comprare", che divenne pryn- in gallico ma cren- in antico irlandese.
L'altro schema, sostenuto per esempio da McCone (1996), lega insieme il goidelico al brittonico in un ramo celtico insulare, mentre il gallico ed il celtiberico sono raggruppate in un ramo celtico continentale. Secondo questa teoria, il cambiamento fonetico del "celtico-P" da [kʷ] a [p] è avvenuto indipendentemente o si è trattato di influenza areale. I sostenitori dell'ipotesi celtica insulare focalizzano su altre innovazioni condivise tra le lingue celtiche insulari, incluse le preposizioni flesse, l'ordine delle parole VSO, e la lenizione della [m] intervocalica in [β̃], una a fricativa bilabiale sonora nasalizzata (un suono estremamente raro). Non esiste, comunque, nessuna prova che le lingue celtiche continentali discendano da un comune antenato "proto-celtico-continentale". Infatti lo schema insulare/continentale generalmente postula che il celtiberico sia stata la prima branca a separarsi dal proto-celtico, ed il gruppo rimanente si sia in seguito diviso in gallico e celtico insulare.
Ci sono argomenti legittimi in favore di entrambe le ipotesi. I sostenitori di ogni schema si disputano sull'accuratezza e l'utilità delle categorie dell'altra ipotesi. Poiché la scoperta che il celtiberico fosse una lingua celtica-Q avvenne solo negli anni '70 del XX secolo, la divisione in celtico continentale ed insulare è la teoria più diffusa.
Quando ci si riferisce alle moderne lingue celtiche, poiché la branca celtica continentale non ha discendenti viventi, "celtico-Q" è equivalente a "goidelico" e "celtico-P" è equivalente a "brittonico".
All'interno della famiglia indoeuropea le lingue celtiche sono state a volte accorpate con le lingue italiche in una comune sub-famiglia italo-celtica. Ma per alcuni linguisti invece il rapporto tra lingue celtiche e lingue italiche è dovuto essenzialmente agli stretti contatti linguistici tra le comunità pre-celtiche e pre-italiche.
Il modo in cui l'albero genealogico sia disposto dipende dal tipo di ipotesi presa in considerazione.
Anche se ci sono molte differenze tra le lingue celtiche individuali, esse mostrano ancora molte somiglianze dovute alla comune discendenza. Queste includono:
Mutazioni consonantiche (solo nel celtico insulare)
Preposizioni flesse (solo nel celtico insulare)
Due generi grammaticali (solo nel celtico insulare moderno; l'antico irlandese e le lingue continentali avevano tre generi)
Un sistema numerico vigesimale (contando per venti)
Un'interazione tra il congiuntivo, il futuro, l'imperfetto e l'abituale, al punto che alcuni tempi e modi hanno eliminato gli altri
Una forma verbale impersonale o autonoma che serve come passivo o intransitivo
Gallese: dysgais significa "Ho insegnato", mentre dysgwyd significa "fu insegnato, si è insegnato"
Scomparsa degli infiniti, rimpiazzati da una forma verbale quasi nominale chiamata nome verbale o nome-verbo
Uso frequente di mutazioni vocaliche a livello morfologico, ad esempio per la formazione dei plurali, la coniugazione verbale, ecc.
Uso di particelle preverbali per segnalare subordinazione della proposizione successiva
Relativizzatori/subordinatori distinti per mutazione
Particelle di negazione, interrogative e occasionalmente per le dichiarazioni affermative
Pronomi infissi posizionati tra le particelle ed i verbi
Mancanza di un verbo semplice per "avere", con il possesso espresso da una struttura composita, normalmente essere + preposizione
Uso di costruzioni perifrastiche per esprimere il tempo verbale, la voce o distinzioni aspettuali
Distinzione della funzione delle due versioni di essere, tradizionalmente etichettate come esistenziale e copula
Struttura dimostrativa biforcata
Supplementi pronominali suffissi, chiamati pronomi supplementari o di conferma
Uso di singolari e/o di forme speciali di nomi numerabili e utilizzo di un suffisso di singolare per formare i singolari dai plurali, dove gli antichi singolari sono scomparsi
Esempi:
(Irlandese) Ná bac le mac an bhacaigh is ní bhacfaidh mac an bhacaigh leat.
(Traduzione letterale) Non infastidire con-figlio il GEN-mendicante e non FUT-infastidire figlio il GEN-mendicante con-te.
bhacaigh è il genitivo di bacach. -igh è il risultato dell'affezione; bh- è la forma sotto lenizione di b.
leat è la seconda persona singolare flessa della preposizione le.
L'ordine è VSO nella seconda parte.
(Gallese) pedwar ar bymtheg a phedwar ugain
(Traduzione letterale) quattro su quindici e quattro-venti
bymtheg è una forma mutata di pymtheg, che si compone di pump ("cinque") più deg ("dieci"). Allo stesso modo, phedwar è una forma mutata di pedwar.
I multipli di dieci sono deg, ugain, deg ar hugain, deugain, hanner cant, trigain, deg a thrigain, pedwar ugain, deg a phedwar ugain, cant.
^Kenneth Jackson ha proposto l'origine non-indoeuropea per il pitto, insieme ad una lingua pretenica. Questa teoria non viene generalmente accettata. Si veda Language in Pictland: the case against 'non-Indo-European Pictish' , di Katherine Forsyth Etext. Si veda anche l'introduzione di James e Taylor al Index of Celtic and Other Elements in W.J.Watson's 'The History of the Celtic Place-names of Scotland' EtextArchiviato il 20 febbraio 2006 in Internet Archive.. Si compari anche il trattamento del pitto in The Languages of Britain di Price (1984) con il suo Languages in Britain & Ireland (2000).
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Schmidt, K. H., On the reconstruction of Proto-Celtic, in G. W. MacLennan (a cura di), Proceedings of the First North American Congress of Celtic Studies, Ottawa 1986, Ottawa, Chair of Celtic Studies, 1988, pp. 231–48, ISBN0-09-693260-0.