Figlio di Leopoldo, commerciante di origini dalmate (il cognome della famiglia era in origine Metlicovich) e di Angela Sbisà[1], giovanissimo inizia a lavorare nell'attività familiare e a quattordici anni entra come apprendista in una tipografia di Udine, dove impara la tecnica della litografia. Trasferitosi a Milano nel 1888 per lavorare presso la ditta Tensi, azienda di prodotti fotografici, viene qualche anno dopo notato da Giulio Ricordi, titolare della omonima casa musicale e delle Officine Grafiche, che gli propone una collaborazione.[2]
Nel 1892 entra in Ricordi come direttore tecnico[3]. All'inizio fa pratica trasponendo i lavori di altri celebri cartellonisti come Hohenstein e Mataloni sulla pietra litografica, poi, grazie al suo talento pittorico sempre più apprezzato, inizia l'attività come disegnatore autonomo creando manifesti e illustrazioni per Ricordi. Verso la fine del secolo, il suo lavoro si lega sempre più all'attività teatrale e musicale milanese: molte delle opere dei più famosi compositori dell'epoca sono reclamizzate dai cartelloni firmati da Metlicovitz, da quelle di Giacomo Puccini come Tosca (1900), Madama Butterfly (1904) e Turandot (1926) a Iris di Pietro Mascagni (1898), a Conchita di Riccardo Zandonai (1911).[4] Oltre che cartellonista, è scenografo e costumista per il Teatro alla Scala, illustratore di libretti, spartiti, calendari e riviste.[1]
Grazie a Giulio Ricordi conosce personalmente Verdi e Puccini e può usufruire del palco riservato alla famiglia Ricordi alla Scala. In questo periodo di intense frequentazioni artistiche, Metlicoviz conosce Elvira Lazzaroni (1887-1941), attrice di teatro di quasi vent'anni più giovane di lui, che più tardi diverrà sua moglie.
A fine Ottocento i Grandi Magazzini Mele di Napoli cominciano ad affidare alle Officine Ricordi la campagna pubblicitaria per i propri capi di abbigliamento, una delle prime su larga scala. La collaborazione durerà dal 1898 al 1915 e gli artefici del successo sono i manifesti creati da Metlicovitz insieme ad Aleardo Terzi, Dudovich, Cappiello ed altri.[5]
Nel 1906, in occasione della grande Esposizione Universale a Milano, Metlicovitz vince il concorso per il manifesto simbolo della fiera, dedicata al Traforo del Sempione, affermandosi sempre più come cartellonista. Sono decine le copertine di riviste, spartiti e libretti d'opera pubblicati da Ricordi, che recano la sua firma fra cui le riviste Musica e musicisti (1902-1905) e Ars et Labor (1906-1912); suoi lavori come illustratore appaiono anche su La Lettura (1906-1907,1909) mensile del Corriere della Sera.[6]
A partire soprattutto dagli inizi del Novecento dalle Officine Grafiche Ricordi escono in vendita diversi prodotti frutto di un merchandisingante-litteram, grazie allo spirito imprenditoriale di Giulio Ricordi, e molti recano la firma di Leopoldo Metlicovitz come L'Almanacco Verdiano del 1902 o le serie di cartoline illustrate di tema musicale come quelle per le opere La Bohème, Tosca, Madama Butterfly, o Germania di Alberto Franchetti.[7]
Con Elvira Lazzaroni, Metlicoviz gira l'Europa visitando le città e le capitali più ricche di fermenti culturali e di vita mondana. Nel 1907, su incarico di Ricordi, si reca a Buenos Aires per valutare la gestione di un'azienda grafica locale; arriva il primo figlio, Roberto (Milano, 1908-?) e i due decidono di unirsi in matrimonio. Nel 1910 i coniugi compiono un secondo viaggio in Argentina (vissuto dai due anche come viaggio di nozze) sempre per conto di Ricordi, che vorrebbe affidare a lui la direzione dell'azienda locale, incarico che l'artista tuttavia non ricoprirà. Molti cartelloni realizzati per il mercato argentino verranno poi riprodotti in Italia negli anni '20.
Il 1912 è un anno cruciale: nasce la seconda figlia, Leopolda (1912-2008) e muore Giulio Ricordi; Metlicoviz si sposterà gradualmente nella villa di Ponte Lambro, che prima veniva utilizzata solo nei periodi di villeggiatura e nel 1915, sfollato dal capoluogo lombardo, diventerà la sua dimora fissa, pur continuando ad utilizzare lo studio presso la Ricordi. In quegli anni il matrimonio entra in crisi e la moglie abbandonerà lui e i figli tanto che la sorella di Leopoldo verrà chiamata a vivere con loro per sostituire la figura materna.[1]
Nel 1914 Metlicovitz è anche uno dei disegnatori, insieme ad Armando Vassallo, Luigi Caldanzano e Adolfo De Carolis, coinvolti nel lancio del film Cabiria, un kolossal del muto sceneggiato da Gabriele D'Annunzio, per cui realizzerà ben quattro manifesti. Sue anche alcune serie di Figurine Liebig e il marchio di fabbrica che ancora oggi viene utilizzato dalle Fratelli Branca Distillerie, produttrici del Fernet Branca, raffigurante un'aquila che ghermisce con le ali spiegate una bottiglia del liquore al di sopra di un globo terracqueo.[8]
Terminata nel 1938 la collaborazione con Casa Ricordi, si concentra sempre più sulla pittura, prediligendo il paesaggio e il ritratto e partecipando alle prime edizioni del Premio Cremona (1939-1940). Il 19 ottobre 1943 muore nella sua casa a Ponte Lambro.[2]
Giovanna Ginex (a cura di), Metlicovitz, Dudovich: grandi cartellonisti triestini: manifesti della Raccolta Achille Bertarelli del Castello Sforzesco di Milano, catalogo mostra, Ginevra-Milano, Skira, 2001, ISBN88-8491-184-2.
Giovanna Mori (a cura di), Le vacanze degli italiani attraverso i Manifesti Storici della Raccolta Bertarelli, catalogo mostra, Cinisello Balsamo, Silvana, 2004, ISBN88-8215-789-X.
Cartolina di propaganda a firma di Metlicovitz, e breve nota biografica: «Sempre avanti!» (1919). URL consultato il 20 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 15 maggio 2006).
Cenni biografici, su comune.pontelambro.co.it (archiviato dall'url originale il 30 agosto 2013).