La collocazione tassonomica delle specie di questo genere nel corso del tempo ha subito più di una variazione. Linneo inizialmente le aveva collocate nel generePolyandria; probabilmente pensando al concetto di “poliandria primaria”[3], ossia una struttura primitiva (dal punto di vista evolutivo) caratterizzata da numerosi stami in disposizione spiralata, tipica dell'androceo delle piante di questo genere. Ma dopo vent'anni lo stesso Linneo, le trasferì al genereAnemone. Qui rimasero in questa collocazione finché non vennero trasferite in un nuovo genere di nome Hepatica[4].
Elenco delle specie
All'interno del genereHepatica sono attualmente incluse 7 specie[1]:
Il nome generico (Hepatica) venne introdotto dal botanico scozzese Philip Miller (Chelsea,1691 – Chelsea, 1771) in una pubblicazione del 1754 e deriva dal greco“hèpar” oppure ”hèpatos” (= fegato), nome derivato dalla forma particolare delle foglie ma anche dal colore della pagina inferiore della foglie stesse[4].
Il nome comune (“Erba trinità”) deriva dal Medioevo in quanto negli affreschi di carattere religioso spesso le foglie (a forma triloba) delle piante della specie più nota in Europa (Hepatica nobilis) servivano a simboleggiare uno dei dogmi cristiano-cattolici relativi alla natura di Dio.
Descrizione
Non sono piante molto alte in quanto sia le foglie che gli scapi fiorali si diramano con brevi fusticini dall'apparato radicalerizomatoso. La forma biologica prevalente (almeno per le specie europee) è geofita rizomatosa (G rhiz), ossia sono piante con organi sotterranei portanti gemme, dotate di rizoma, un fusto sotterraneo dal quale, ogni anno, si dipartono radici, foglie e scapi fioriferi. Queste piante contengono diversi alcaloidi della benzilisochinolina[2].
Radici
Le radici sono secondarie da rizoma; sono inoltre molto fitte.
Fusto
Parte ipogea: la parte sotterranea dei fusti consiste in brevi rizomi fusiformi.
Parte epigea: la parte aerea dei fusti è praticamente assente in quanto sia la rosetta basale (e quindi le foglie) che gli scapi fioriferi partono direttamente dalla parte emergente del rizoma.
Foglie
Le foglie (unicamente basali o radicali) sono lobate (a 3 lobi o 5 lobi). Le insenature dei lobi raggiungono quasi la parte centrale della foglia. Generalmente sono carnose e il picciolo è riccamente pubescente. Il margine può essere sia intero che dentato. Normalmente appaiono dopo la fioritura e sono persistenti.
Infiorescenza
L'infiorescenza è composta da scapi fiorali uniflori inseriti direttamente sul rizoma (all'ascella di squame ellittiche). Questi sono interamente afilli e pubescenti (quasi lanosi).
Fiori
I fiori di questo genere sono considerati di tipo arcaico e sono più o meno “aciclici” (non hanno una struttura ben definita in calice, corolla e parte riproduttiva). Il perianzio[5](o anche più esattamente il perigonio[2]) di questi fiori è derivato dal perianzio di tipo “diploclamidato”, formato cioè da due verticilli: i tepali e i nettari (che in questo caso specifico sono assenti). I fiori sono inoltre attinomorfi e ermafroditi.
Calice: il calice è formato da tre piccole foglie caulinesessili. In realtà sono delle vere e proprie foglie bratteali che essendo appressate al fiore simulano un calice (probabilmente sono derivate da tre foglie cauline superiori normali riunite in verticillo che a poco a poco si sono appressate alla base del fiore). Questa parte assolve alla funzione protettiva tipica del calice nel perianzio delle Dicotiledoni.
Corolla: la corolla è dialipetala, formata da diversi petali (tepalipetaloidi) ellittici (o ovoidali) arrotondati all'apice. I colori (per le specie europee) variano dal lilla verso il rosa e persino verso il bianco o più normalmente azzurro tendente al violaceo. Questa parte del perigonio assolve alla funzione vessillare e sono persistenti, mentre i nettari veri e propri sono assenti.
Androceo: gli stami sono numerosi e in disposizione spiralata. I filamenti sono filiformi e le antere sono bilobate a forma ellissoide. Il polline, come in tutte le Dicotiledoni, è “tricolpato” (con tre aperture perpendicolari al piano equatoriale).
Gineceo: anche i carpelli sono numerosi e spiralati formanti tutti un ovariosupero (ovario “apocarpico” – ossia con carpelli liberi). Questi si presentano con l'apice allungato: lo stilo - il rostro nel frutto.
Fioritura: in genere queste piante sono le prime a fiorire (fine inverno, inizio primavera).
Quelle di questo genere sono piante abbastanza comuni. In preferenza crescono su substratocalcareo, in zone ombreggiate dei sottoboschi (soprattutto faggio), ma anche macchie e pascoli in pieno sole, ma a quote più elevate. In inverno tollerano molto bene una lettiera o uno strato di neve.
Usi
Farmacia
Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
Nelle piante di questo genere sono presenti diverse sostanze come “anemonina”, “epatotrilobina” e saponina[7] che nel passato sono state utilizzate nella medicina popolare. Comunque in genere risultano piante velenose in quanto contengono sostante tossiche per l'uomo.[8].
Giardinaggio
Attualmente l'unico impiego delle specie di questo genere è nel giardinaggio[9]. In Giappone ad esempio esiste una lunga tradizione orticola già dal XVIII secolo durante la quale sono stati prodotti diversi cultivar a fiori doppi e svariati colori dalle specie più interessanti.