Nacque a Grottammare, provincia di Ascoli Piceno, l'11 luglio 1877[2] e dopo essersi laureato a Pisa in Scienze Agrarie nel 1903, si dedicò presto e con passione alla costruzione di aeromobili: Vittorio Luce in un articolo sulla "Rivista Marchigiana Illustrata" del 12 agosto 1911 scrive «un signore marchigiano ha quasi ultimato un aeroplano di sua speciale struttura.»
L’autore Mario Cobianchi (Pionieri dell'Aviazione in Italia, Roma1943) riferisce che Giulio Laureati costruì nel 1909 un biplano battezzato "Veleggiatore Laureati" e dallo stesso provato nel 1910 a Centocelle. Dopo quelli di Corazza, Bertelli, Calderara, Forlanini e Antoni, fu questo il nono apparecchio della sua categoria a volare in Italia.[3]
Prima della grande guerra
Chiamato come soldato di leva nel Regio Esercito l'8 giugno 1897, fu posto in congedo illimitato (3°cat.). Richiamato in servizio attivo l'11 gennaio 1912 fu nominato sottotenente nell'Arma del genio, ed assegnato al Battaglione Specialisti del Genio per il servizio di prima nomina.[1]
Il 1º agosto 1912 è destinato al Campo di Aviazione di Pordenone dove il 9 ottobre dello stesso anno consegue il suo brevetto di pilota.[1] Il 1º maggio 1913 viene incaricato dell'impianto e della preparazione del Campo d'aviazione di Centocelle[1] e poi inviato in missione speciale in Francia, presso le Officine Hotchkiss di Saint Denis, e poi al balipedio di Nettuno[1] dove dirige esperienze di tiro contro palloni, assieme al Cap. Poggi.[4]
Il 2 novembre 1913 compie da solo il raid Roma-Bracciano-Civitavecchia- Roma e si brevetta pilota militare, destinato al servizio presso lì11ª Squadriglia di stanza a Centocelle, poi alla Malpensa, e quindi in Carnia.
Nel 1919 elaborò un piano di volo dall'Italia al Brasile che fu inoltrato alla Direzione dell'Aeronautica in Roma dal suo superiore tenente colonnello Cristoforo Ferrari, Direttore Tecnico dell'Ufficio di Milano, prevedendo una rotta di 8.460 km. Il Ferrari "apprezza i nobili intendimenti e lo spirito di iniziativa del Laureati, ma ritiene prematura l'iniziativa perché l'apparecchio previsto della SIA non ha ancora offerto garanzie di sicure prestazioni. Ad ogni modo il suo progetto verrà tenuto presente appena si avrà possibilità di esaminare il Raid Atlantico".
«Piloti d'aeroplano, durante un'azione offensiva sul nemico, spezzatosi uno dei motori del loro apparecchio mentre eseguivano lancio di bombe, compievano ugualmente il loro mandato dopo aver provveduto, con ammirevole sangue freddo, ad eliminare il pericolo di un incendio a bordo. Con lunga e difficilissima navigazione, seppero, poi, ricondurre al campo il velivolo, che progressivamente perdeva quota, sotto l'efficace ed intenso fuoco d'artiglieria nemica. Lubiana, 18 febbraio 1916.[7][N 4]»
«Pilota d'aeroplano da bombardamento, compì numerose azioni offensive, difficili per avverse condizioni atmosferiche, aspre per intenso fuoco di artiglierie antiaeree nemiche, che gli colpirono sovente l'apparecchio in parti di vitale importanza. Il primo agosto 1916, percorrendo circa 150 km su terreno avversario, superato con serena calma l'intenso fuoco di sbarramento, raggiungeva Fiume e ne colpiva efficacemente importanti opere militari, navigando a bassa quota per meglio precisare l'obbiettivo. Esempio costante di sereno sprezzo del pericolo, di singolare ardimento e di profondo sentimento del dovere. Trentino-Carsia Giulia, febbraio-novembre 1916.[7]»
^abistitutonastroazzurro.org, su decoratialvalormilitare.istitutonastroazzurro.org. URL consultato il 2 febbraio 2015.
Bibliografia
Mario Cobianchi, Pionieri dell'Aviazione in Italia, Roma, Editoriale Aeronautico, 1943.
Alessandro Fraschetti, Prima organizzazione dell'Aeronautica Militare in Italia dal 1884 al 1925, Roma, Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico, 1986.
Luigi Mancini (a cura di), Grande Enciclopedia Aeronautica, Milano, Edizioni Aeronautica, 1936.
Domenico Ludovico, Gli aviatori italiani nel bombardamento nella guerra 1915-1918, Roma, Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare, 1980.