«E tutte le fontane di Napoli sono lagrime: quella di Monteoliveto è formata dalle lagrime di una pia monachella che pianse senza fine sulla Passione di Gesù; quella dei Serpi sono le lagrime di Belloccia, una serva fedele innamorata del suo signore; quella degli Specchi è fatta delle lagrime di Corbussone, cuoco di palazzo e folle di amore per la regina cui cucinava gli intingoli; quella del Leone è il pianto di un principe napoletano, cui unico e buon amico era rimasto un leone che gli morì miseramente; e quella di fontana Medina sono le lagrime di Nettuno, innamorato di una bella statua cui non arrivò a dar vita.»
Il più antico acquedotto napoletano è quello della Bolla e ha fornito l'acqua alla città per più di duemila anni[3]. Esso iniziava il suo percorso dalle colline nell'entroterra casertano e attraversando la pianura denominata appunto Bolla o Volla da cui trae il nome, giungeva nella zona di Stadera. L'acqua veniva poi distribuita inizialmente nelle seguenti zone: Loreto, Mercato, Dogana, Annunziata e Cappella Vecchia.
L'antichità di questa struttura è testimoniata anche da vari fatti storici, come quello che vide Belisario nel 537 d.C. intento a cacciare i Goti dalla città.[4] Per assoggettarsi Napoli, il generale cominciò l'assedio tagliando l'importante acquedotto Claudio (poi distrutto nel corso dei secoli). Tuttavia, la popolazione non soffrì una reale mancanza di acqua, proprio per la presenza dell'acquedotto in oggetto. In quell'occasione la struttura dimostrò di essere più che sufficiente alle esigenze cittadine.
In epoca moderna con la crescita demografica[5], la peste del 1528 e la nuova disposizione urbanistica, il viceré Don Pedro de Toledo decise di espandere ulteriormente l'acquedotto della Bolla. I lavori furono affidati all'ingegnere Antonio Lettieri. Quest'ultimo pensò oltremodo anche di far rivivere una parte dell'acquedotto Claudio. Con queste nuove disposizioni anche le zone di Palazzo Reale, Vicaria, Tribunali, Foria, Santa Lucia e Toledo non ebbero più problemi di approvvigionamento idrico.
Tali nuove disposizioni non furono però effettivamente sufficienti, in quanto la città soffriva già del fenomeno dell'urbanesimo.[6] Il terremoto del 1626 e i vari danni ad esso collegati fecero sì che si facesse ancora più insostenibile l'ormai mediocre approvvigionamento idrico. Per far fronte a tali problematiche si convogliò ben presto verso Napoli l'acqua del fiume Faenza ad Airola, vicino a Sant'Agata de' Goti. I lavori furono diretti dall'Ingegnere Alessandro Ciminelli, a spese di Cesare Carmignano, da cui l'acquedotto prese il nome[7]. Grazie a questi nuovi lavori la città poté alimentare diverse fontane e mulini. Oltremodo questa struttura andava unendosi con l'acquedotto della Bolla, potendo così alimentare anche la zona della Villa Reale.
Le zone collinari della città non furono comunque raggiunte da un acquedotto almeno fino alla costruzione di quello del Serino (XIX secolo). Queste zone, per sopperire a tale manchevolezza, usarono delle cisterne che raccoglievano l'acqua piovana.
L'acquedotto del Serino venne costruito sotto Umberto I di Savoia e utilizzava appunto le sorgenti del Serino. Venne costruito nel periodo del Risanamento e convogliava le acque raccogliendole in due grandi serbatoi locati, uno a Capodimonte e l'altro allo Scudillo. Per l'inaugurazione di questo acquedotto venne costruita una grande fontana circolare posta al centro di piazza del Plebiscito.
Ancora oggi sono visibili, sia nel sottosuolo di Napoli che in superficie, vari esempi di questi acquedotti, dei veri e propri complessi sistemi idraulici che per secoli hanno accompagnato la storia della città.
Resti dell'acquedotto di epoca augustea (lungo ben 140 km, costruito per risolvere principalmente il problema di approvvigionamento idrico di Puteoli, Neapolis e Cuma) e la sorgente di acqua sulfurea del Chiatamone in una foto della metà del XX secolo
Infine, restando in tema di opere idrauliche, è da menzionare anche la notevole rete di canali lunga 56 km costruita in epoca spagnola ed ampliata notevolmente sotto i Borbone nel XIX secolo. Tra i primi architetti intervenuti vi fu Domenico Fontana. Furono costruiti per combattere le piene del fiume Clanio, che da secoli rendevano scarsamente popolata la zona, ma anche per permettere alla stessa Napoli di crescere verso nord. Oggi sono ritenuti dei veri e propri capolavori d'ingegneria idraulica.[8]
Le "sorgenti di quartiere": le acque sorgive di Napoli
L'approvvigionamento d'acqua proveniva dagli acquedotti oppure acque sorgive sparse in varie zone della città.
Per la sua leggerezza e freschezza, ma soprattutto per le sue abbondanti riserve d'acqua, la sorgente del convento di San Pietro Martire fu tra le più celebri acque sorgive della città. Alimentava le scomparse fontane del Tre cannoli e fu molto amata anche da importanti figure storiche come ad esempio Carlo V, che prima di lasciare Napoli fece rifornire le sue galee proprio dell'acqua di questo convento.[9]
A Napoli quasi ogni rione era provvisto di almeno un'acqua sorgiva, di conseguenza numerose altre sono passate alla storia, solo per citarne altre: a Santa Lucia vi erano due acque sorgive, ma quella che ha lasciato maggiori testimonianze di sé è la sorgente naturale che fuoriusciva dal Monte Echia[10]. Altre due erano site nella zona della basilica di San Paolo Maggiore e nel quartiere aristocratico di Chiaia, sempre nella zona di Santa Lucia ma sulla scogliera del Castel dell'Ovo (un'acqua sorgiva molto amata ed usata dai Borbone).
Storia
Periodo greco-romano
Le fontane e le stesse acque sorgive della Napoli antica entrarono a far parte della vita del popolo già nel periodo della Magna Grecia. Oltre che per l'aspetto utile, furono protagoniste di divinizzazioni e/o costituirono dei veri e propri punti di riferimento, dunque anche per quanto riguarda alcuni aspetti socio-religiosi, nonché esoterici; da quanto pervenuto nessuna fontana greca della città è sopravvissuta sino ad oggi.
Nel medioevo anche a Napoli nacquero raffinate fontane che, esattamente come accadeva in epoca antica, aggiungevano all'aspetto utilitario, ulteriori funzioni di decoro e arredo urbano. In questo periodo la città, che era diventata probabilmente la città più popolosa d'Occidente[12], necessitò di nuove risorse idriche, specie di fontane: un problema che si porrà in maniera più forte in età moderna.
Nella prima metà del Cinquecento vi fu un vero e proprio boom di fontane: Napoli stava superando i 200.000 abitanti e il popolo assetato chiese a gran voce più acqua. Alcune fontane pubbliche vennero costruite addossate a mura, chiese, palazzi o altri edifici, onde evitare che il popolo intralciasse piazze e slarghi o per consuete leggi emanate (vedi ad esempio la fontana del Capone). Si ricorda inoltre che alcune fontane della città furono costruite anche per motivi celebrativi, a rappresentanza di un determinato periodo storico o a raffigurazione di un sovrano.[13]
Le varie dinastie al potere spesso promossero le costruzioni di varie strutture idriche, anche al fine di aggraziarsi il consenso popolare; non di rado usarono far dono ai cittadini di nuove e magnifiche fontane, a simboleggiare la loro generosità o il loro potere[14]. Ciò accadde soprattutto fino al XVIII secolo. Con tale procedura, come è testimoniato da antiche mappe e/o documenti, Napoli si ritrovò con uno spropositato numero di fontane, in vari punti della città.
Allo stesso modo le fontane sono state anche "vittime" delle vicende storiche della città: spesso infatti capitava che vari ex regnanti, prima di lasciare la città perché soppiantati da un nuovo regnante o da una dinastia avversa, distruggessero o sfregiassero fontane o altre strutture idriche (un sorta di punizione inferta al "popolo traditore"). Altre ancora vennero invece razziate e portate nei luoghi d'origine (caso emblematico è quello della pregevole fontana della Venere giacente).[15]
Dal Risanamento alla prima metà del XX secolo
Nel corso del tempo vari progetti che prevedevano la costruzione di ulteriori fontane rimasero sulla carta, mentre alcune che già adornavano la città vennero ulteriormente spostate e/o modificate. Le fontane considerate inopportune, invece, ebbero vita breve (come nel caso della fontana del Serino del 1885 installata in piazza del Plebiscito, di cui una parte è stata spostata a Teano). Quest'ultimo periodo, passato alla storia come Risanamento, fu caratterizzato da svariate demolizioni prevalentemente per motivi igienico-funzionali che coinvolsero soprattutto i quartieri storici. Nella Napoli di fine Ottocento le autorità, speranzose di risolvere i numerosi problemi che affliggevano i quartieri popolari della città, applicarono le nuove concezioni urbane che sventrarono interi rioni popolari, distruggendo anche varie opere storiche.
Vero e proprio caso emblematico fu la distruzione di quel gruppo di strutture idriche che facevano bella mostra fuori dal centro, nelle immediate vicinanze del Cimitero di Poggioreale, di cui oggi ne è sopravvissuta soltanto una traccia, conservata nel chiostro di Sant'Eligio Maggiore.
Infine, il fascismo che in Napoli vide il punto di partenza ideale per una politicacoloniale[16], comportò la costruzione della Mostra d'Oltremare: un vasto complesso composto da numerosi edifici di vario genere e da numerose fontane.
Oggi, nonostante le vicissitudini patite e la mancanza di un adeguato piano di restauro e tutela di tali strutture, il numero delle fontane di Napoli è ancora considerevole; sono più di centocinquanta solo le fontane storiche della città (escluse le fontanelle e comprese anche quelle private site in chiostri, palazzi, ecc.) e sono racchiudibili in due categorie: quelle monumentali e quelle ornamentali. Altre fontane pubbliche sarebbero oltremodo rinchiuse nei depositi comunali del Chiatamone, in attesa di restauro e di visibilità.
Fontane monumentali
Le fontane monumentali di Napoli sono solitamente di grandi-medie dimensioni, ad eccezione dell'enorme fontana dell'Esedra (un'opera di epoca fascista del 1938); con un'estensione di 900 m²[17], è senza dubbio la più imponente e monumentale fontana napoletana, ispirata alla fontana della reggia di Caserta[18]. Di fatto, a tal proposito, andrebbe in realtà inclusa anche quest'ultima fontana monumentale, in quanto il palazzo reale di Caserta, così come anche le altre architetture del periodo costruite fuori le mura, rientrava a tutti gli effetti in quell'ambizioso programma di sistemazione e sviluppo urbanistico di stampo illuminista della capitale[19][20].
Le fontane monumentali sono state realizzate grossomodo in un arco di tempo che va dall'età moderna alla prima metà del XX secolo, tranne la fontana del Carciofo (1956).
La magnificenza scultorea di molte di queste è dovuta non solo ad artisti di livello (Bernini, Domenico Fontana, Michelangelo Naccherino, ecc.) ma, in alcuni casi, anche a sapienti scultori di ignote botteghe napoletane.
Di seguito, site nelle zone più disparate della città (dalle piazze ai parchi delle regge cittadine), vengono illustrate alcune tra le fontane più grandi, importanti e pregevoli di Napoli:
La fontana dell'Esedra (XX secolo) è sita nella Mostra d'Oltremare. È un'opera di Carlo Cocchia e Luigi Piccinato; essa può contenere una massa d'acqua di 4000 m³ ed emettere getti alti fino a 40 metri. Intorno è circondata da ottocento alberi d'alto fusto, soprattutto da pini e lecci. La fontana può contare su 76 vasche ad esedra[21], 1300 ugelli fatti di ottone e di bronzo, dodici fontane a cascata e altrettante elettropompe. Le decorazioni in ceramica sono di Giuseppe Macedonio.
La fontana del Sebeto (XVII secolo) fu voluta dal viceré Emanuele Zunica e Fonseca conte di Monterey, che ne affidò il progetto e la realizzazione a Cosimo Fanzago. Essa rappresenta le vicende del Sebeto (antico fiume che scorreva nel cuore di Napoli). L'acqua sgorga dai due mostri posti ai lati della struttura; la fontana è caratterizzata da un vecchio simboleggiante il corso d'acqua.
La fontana del Gigante (XVII secolo) è stata voluta dal duca d'Alba don Antonio Alvarez di Toledo e creata per opera di Pietro Bernini e di Michelangelo Naccherino. Viene detta del Gigante perché quando si trovava nell'originaria locazione, nei pressi di palazzo reale, era vicina alla colossale statua del Gigante. Ha ispirato l'icona del celeberrimo programma pubblicitario Carosello andato in onda tra il 1957 e il 1977.[22]
Fontana dell'Esedra
Notturna della fontana del Nettuno
Fontana del Sebeto
La fontana di Santa Lucia
La fontana di Monteoliveto
La fontana della Tazza di Porfido (proveniente dal Tempio di Era di Paestum) o delle quattro stagioni
La fontana del Formiello (XVI secolo) fu voluta da don Pedro Téllez-Girón, duca d'Ossuna. Il suo aspetto mostra un'elegante struttura in muratura costituita da vari materiali: ad esempio la vasca è in travertino, mentre le quattro colonne che la compongono sono in marmo di Cararra. Essa richiama spunti di architettura suddivisa in due ordini. In basso dove c'è la vasca ci sono le tre maschere leonine dalle quali sgorga l'acqua; invece al di sopra di queste vi sono piccole sculture in bassorilievo e tre grandi stemmi.
La fontana della Sirena (XIX secolo) è opera del prof. Onofrio Buccino (scultore), realizzata nel 1869 anche con la collaborazione di un giovanissimo Francesco Jerace. Essa è formata da una vasta vasca ellittica circondata di sua volta da giardini. Al centro si trova l'opera scultorea caratterizzata dalla Sirena Parthenope, da quattro animali marini e da motivi floreali.
La fontana del ratto di Europa, sita nella Villa Comunale, risale alla seconda metà del XVIII secolo ed è un'opera di Angelo Viva (rinomato seguace di Giuseppe Sanmartino). Il complesso scultoreo raffigura una donna intenta a trattenere il proprio manto che, sventolante sulla testa, forma una sorta di arco. Ai lati due sirene cercano di salvarla dalla furia del toro.
Fontana delle Sirene (reggia di Portici, nell'omonimo comune confinante con Napoli, opera del fiammingo Giuseppe Canart. La grande statua della sirena è oggi esposta nel MANN)
Fontane ornamentali
Le fontane ornamentali sono anch'esse situate nei posti più disparati della città e costruite da rilevanti artisti, specie quelle più antiche.
Qui sotto vengono illustrate alcune delle fontane ornamentali della città:
La fontana del Leone (XVIII secolo) fu voluta da Ferdinando IV di Borbone sul sito dove scorreva un'acqua molto fresca, tanto da essere richiesta anche dalla famiglia reale quando passava del tempo nella zona di Mergellina. La fontana ha una forma semicircolare e si raggiungono i gettanti attraverso una rampa di scale.
Il cortile delle carrozze era lo slargo dove venivano accolte tutte le carrozze in arrivo al Palazzo Reale. La fontana del Cortile delle Carrozze è una delle fontane presenti nei cortili della residenza reale. Seppur venne quasi sempre usata come abbeveratoio per cavalli, acquisì comunque un notevole fascino donatogli dalla statua proveniente dalla fontana dei Quattro del Molo.
La fontana del Capone risale al XV secolo ed è opera di Giovanni da Nola. Essa faceva parte del piano di rinnovamento dei servizi pubblici emanato da Don Pedro de Toledo. È caratterizzata da un mascherone in marmo bianco e da una vasca semicircolare il cui fondo è composto da lastre di pietra bianca e grigia.
La fontana degli Incanti fu costruita nel XVI secolo in piazza di Porto (o del Mercato di Porto), dove attualmente si apre piazza Bovio; la sua storia cominciò quando il viceréPedro Álvarez de Toledo volle realizzare una struttura idrica per l'approvvigionamento degli abitati del luogo. Fu disegnata da Giovanni da Nola ma al rifacimento di alcune parti andate distrutte partecipò anche lo scultore Annibale Caccavello, che scolpì la statua di Venere.
La fontana al Capo Posillipo fu costruita molto probabilmente tra il XIV e il XV secolo. La sua conformazione è tipicamente a edicola, in piperno, con lesene doriche e nicchia al centro. In origine vi si trovava una testa di leone che fungeva da gettante.
Le fontane della rotonda Armando Diaz furono inaugurate il 24 maggio 1936 e fanno parte del complesso monumentale dedicato al Duca della Vittoria Armando Diaz. Entrambe sono composte da due grosse vasche circolari racchiuse all'interno di una ringhiera caratterizzata da elementi acquatici, probabilmente delfini, ed intervallata da muretti in pietra.
Piazzetta del Leone, fontana del Leone
Cortile delle Carrozze (Palazzo Reale), fontana del Cortile delle Carrozze
Fontana del Capone
Fontana degli Incanti (attualmente in restauro, 2024, con l'aggiunta dei leoni ritrovati a distanza di 40 anni nei sotterranei del Maschio Angioino)[23]
Fontana del Capo Posillipo (in cattivo stato di conservazione)
Una delle fontane del chiostro di San Gregorio Armeno: Samaritana al pozzo
Pozzale del chiostro dei Procuratori (Certosa di San Martino)
Fontanella di un palazzo storico in via Chiatamone 5Bis (in abbandono), probabilmente appartenuta al palazzo Douglas del XIX secolo
Fontana di palazzo Castriota Scanderbeg
Generalmente, per quanto concerne questa tipologia di fontane, solo di alcune vi si conosce il nome o la storia per intero, mentre molte altre sono talmente sconosciute che non compaiono neanche in molti libri prettamente sulle fontane di Napoli o in libri riguardanti anche quest'argomento (è il caso della fontana di via Chiatamone sopra illustrata).
Infine, testimoni di pregevoli forme architettoniche, anche i pozzali della città meritano attenzione; in città ve ne sono di varie forme, dimensioni e stili, solo per citarne alcuni: i pozzali nei chiostri dei Girolamini alimentati dall'acquedotto della Bolla, quelli di San Lorenzo Maggiore, Santa Teresa degli Scalzi, San Paolo Maggiore, ecc..
Una delle "fontane gemelle" del cortile del Complesso degli Incurabili
Fontana centrale del chiostro del Carmine Maggiore
Fontana di palazzo, via Posillipo 290
Fontana del cortile di palazzo Gravina (in mediocre stato conservativo)
Fontana nel chiostro piccolo di San Pietro a Majella
Fontana nei pressi della chiesa di Santa Maria del Faro a Posillipo (probabilmente nei giardini di una villa storica, di forma circolare e stemmi intorno)
Fontana di palazzo in via San Nicandro al rione Sanità (civico 27?): piccola vasca rettangolare in piperno e bocca di leone
Fontane del giardino Orientale del palazzo del MANN
Fontanella di palazzo Carafa d'Andria a Pizzofalcone
Fontana del villino Gemma
Fontana del Fungo a Palazzo Nanà (Piazza Nicola Amore)
Fontana del Palazzo in via Matteo Renato Imbriani n.148
Fontana di Villa Torelli (via Capodimonte 27A)
Fontana del Palazzo in via Vincenzo Gemito n.64
Fontanelle
Numerosissime sono le piccole fontanelle; esse, di metallo o ghisa e perlopiù di forma cilindrica, si trovano solitamente nei parchi della città. Alcune sono caratterizzate da teste leonine poste più o meno alla sommità del cilindro. All'inizio del XXI secolo le opere di riqualificazione urbana hanno ulteriormente incrementato il loro numero.
Le nuove fontane (dalla seconda metà del XX secolo fino ai giorni odierni)
Nel secondo dopoguerra vennero costruite altre fontane. Sono degli anni cinquanta gli esempi più rilevanti di questo periodo, la monumentale fontana del Carciofo già citata precedentemente e le fontane di piazza Municipio (sia le quattro tazze dirimpettaie a Palazzo San Giacomo, sia la fontana rettangolare locata nei giardinetti di fronte al teatro Mercadante, oggi rimosse per i lavori della stazione della metropolitana).
Altre rilevanti costruzioni di fontane si ebbero poi negli anni novanta, con la realizzazione del Centro direzionale ad opera di Kenzō Tange. La più imponente di queste è la fontana di piazza Salerno.
Tuttavia, anche negli ultimi anni gli interventi di riordino e nuovo arredo urbano hanno donato alla città nuove fontane, solo per illustrarne alcune:
Fontana di piazza Italia
Fontana del parco Virgiliano
Fontana a cascata del parco del Poggio
Una delle fontane del CDN
Altre (elenco incompleto)
Fontane di Secondigliano
Fontana della Lava dei Vergini (situata in via Vergini)
Fontana Itaca (in via Alessandro Scarlatti)
Fontana dell'ARIN (situata lungo via Argine, presso la sede dell'azienda idrica municipale)
Degrado di alcune fontane della città, su corrieredelmezzogiorno.corriere.it. URL consultato il 9 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 12 febbraio 2010).
Video sulle fontane di Napoli, su aeroportomalpensa.it. URL consultato il 24 marzo 2010 (archiviato dall'url originale il 23 marzo 2010).