La Ferrari250 GT California è un'autovettura sportiva a due posti costruita dalla casa automobilisticaitalianaFerrari dal 1957 al 1963[1]. Fu fabbricata in due serie, una prima denominata “passo lungo” chiamata anche LWB (Long Wheel Base) e realizzata dal 1958 al 1960 (con un prototipo costruito nel 1957), ed una seconda a “passo corto” chiamata anche SWB (Short Wheel Base), prodotta dal 1960 al 1963, con l'ultimo esemplare finito all'inizio di quest'ultimo anno[1].
Profilo e contesto
Nascita e sviluppo
Gli Stati Uniti d'America erano divenuti un mercato di grande interesse per la Ferrari, soprattutto grazie alla reputazione di affermate vetture sportive prodotte dalla casa di Maranello, ed al lavoro di Luigi Chinetti, importatore della stessa. L'idea di proporre un modello studiato per il mercato statunitense fu di John Von Neumann, fiduciario della West Coast, che propose a Chinetti una serie di vetture adeguate al mercato americano. Chinetti fece propria l'idea e persuase Enzo Ferrari. Il proposito ebbe dunque seguito, con la produzione di 106 esemplari, di cui nove interamente in alluminio[1].
La parola “spider” nella denominazione che fu data originariamente alla vettura è improprio, infatti il modello è più una cabriolet con tettuccio ripiegabile. La 250 GT California ebbe origine dalle berlinette di quegli anni, dove rappresentava la versione aperta. Il nome “spyder” le fu dato per distinguerla dalle altre cabriolet, che erano in produzione in concomitanza con il modello, ma nascevano dalle 250 GT Coupé stradali[1].
Tecnica e meccanica
La carrozzeria fu progettata e costruita da Scaglietti per entrambe le serie. Fu costruita in lamiere d'acciaio, tranne per le portiere ed il cofano, che erano in alluminio. Nove esemplari furono però fabbricati totalmente in alluminio, sempre prodotti dalla Scaglietti[1].
La 250 GT California fu fabbricata sulle stesse linee produttive delle berlinette, e condivideva con queste ultime le sospensioni, i freni e lo sterzo. Gli esemplari fabbricati avevano la guida a sinistra. Sugli ultimi modelli prodotti della prima serie furono introdotti i freni a disco sulle ruote, in sostituzione dei freni a tamburo. Le vetture della serie a “passo corto” erano piuttosto somiglianti alle “passo lungo”, tranne che per il passo del telaio, che era lungo 2400 mm invece di 2600[1].
I primi esemplari della prima serie avevano in dotazione un motore V12 da 3 litri di cilindrata, che fu sviluppato e migliorato durante gli anni. La distribuzione era a monoalbero per bancata di cilindri, con candele comprese nella “V” del propulsore. In un primo momento l'accensione era costituita da una bobina d'accensione e singolo distributore, successivamente cambiata in una doppia bobina e relativo distributore. I modelli di transizione tra le due serie avevano invece le candele esterne alla “V” del motore, con sistema di distribuzione doppio, ed un impianto d'alimentazione con carburatori potenziati. Le ultime vetture della seconda serie conservavano il sistema di alimentazione con questa ultima soluzione e le candele esterne alla “V” del motore[1].
Le competizioni
Alcuni esemplari della “250 California” parteciparono a competizioni, con il motore interessato ad un'evoluzione che portò ad importanti sviluppi tecnici. Il miglior risultato fu il quinto posto alla 24 Ore di Le Mans del 1959 con alla guida Bob Grossman e Fernand Tavano. Quest'ultimo esemplare partecipò anche ad altre gare negli Stati Uniti d'America ed ottenne buoni risultati[1].
Il telaio era tubolare in acciaio. Le sospensioni anteriori erano indipendenti, con quadrilateri trasversali e molle elicoidali; quelle posteriori a ponte rigido con balestre longitudinali. Entrambe montavano ammortizzatori idraulici. All'inizio furono installati freni a tamburo per poi essere sostituiti da freni a disco. Il cambio era a quattro rapporti più la retromarcia, mentre lo sterzo era a vite senza fine e settore dentato[1].
La 250 GT California raggiungeva una velocità massima che andava da 225 a 250 km/h per la prima serie e da 250 a 270 km/h per la seconda serie a seconda del rapporto al ponte finale che veniva montato[1].