Il territorio si estende su 921 km² ed è suddiviso in 42 parrocchie.
Storia
La tradizione petrina, comune a molte città della Puglia, attribuisce la diffusione del cristianesimo nella terra di Oria al passaggio e alla predicazione dell'apostolo Pietro che, nel suo viaggio da Antiochia a Roma, approdò nel golfo di Taranto e da qui raggiunse Oria, dove predicò il vangelo e consacrò il primo vescovo.[1] «Quasi sicuramente però l'incontro di questi territori con il cristianesimo è da attribuire sia alla presenza proprio a Oria di una fiorente comunità ebraica, sia al passaggio in queste zone dell'ultimo tratto dell'Appia, la più importante delle vie consolari romane, che non smise di fungere da arteria di comunicazione di uomini, esperienze, merci ed eserciti anche dopo la caduta dell'impero romano.»[2]
L'esistenza invece di una diocesi a Oria è da mettere in relazione con la distruzione della città di Brindisi da parte dei Longobardi (668-677), che causò il trasferimento della sede dei vescovi brindisini a Oria.[3] L'esistenza certa di un Uriatensis episcopus è attestata in un documento di papa Adriano I del 785.[4] Il primo vescovo di Brindisi a Oria fu Magelpoto, nome di origine longobarda, la cui iscrizione dedicatoria, databile all'VIII secolo, è stata trovata nel 1942. Tra i vescovi di questo periodo il più noto è Teodosio (o Teodoro), il cui episcopato è durato per circa trent'anni, dall'865 all'895: durante il suo episcopato convivevano nella diocesi di Oria il rito bizantino e il rito latino, seguiti rispettivamente dai fedeli di ceppo bizantino e longobardo.
Verso la fine del X secolo i rapporti tra bizantini e latini divennero più conflittuali ed ebbero una crisi in occasione dell'assassinio del vescovo Andrea nel 979 da parte di un funzionario dell'imperatore d'Oriente. Questo determinò forse l'allontanamento dei vescovi da Oria, perché il successore Gregorio I, nei suoi atti si nominò episcopus Ecclesie Brundisine et Monopolitane seu Stunense civitatis, ossia vescovo di Brindisi e Monopoli o della città di Ostuni. A partire dal successivo vescovo, Giovanni (primi decenni dell'XI secolo), è documentata l'elevazione della sede ad arcidiocesimetropolitana, con due diocesi suffraganee, Ostuni e Monopoli.
A partire dal 1089 con Godino, gli arcivescovi ricevettero in più occasioni l'ordine di trasferire la propria residenza a Brindisi, città che i Normanni, nuovi padroni della regione, avevano ricostruito dopo l'abbandono durato diversi secoli. Le reiterate disposizioni dei pontefici sono indizio che gli arcivescovi erano restii a ritornare a Brindisi. La bolla papale del 1089 attesta che la sede vescovile era stata in passato trasferita a Oria per la distruzione di Brindisi e che quindi non era mai stata eretta una diocesi a Oria, che invece era stata sede "momentanea" dei vescovi brindisini.[5] A causa delle proteste del clero e dell'università oritana, i papi dovettero intervenire in più occasioni per confermare la supremazia di Brindisi e la sottomissione di Oria agli arcivescovi brindisini.[6]
L'inasprirsi dei rapporti tra Oria e Brindisi nella seconda metà del XVI secolo determinarono i pontefici a dividere definitivamente le due città. L'8 maggio 1591, con la bollaRegiminis Universae Ecclesiae di papa Gregorio XIV, fu eretta la diocesi di Oria con territorio sottratto all'arcidiocesi di Brindisi e la nuova sede episcopale fu resa suffraganea dell'arcidiocesi di Taranto. La divisione poté essere attuata anche grazie alla decisione dell'arcivescovo Giovanni Carlo Bovio che più di vent'anni prima aveva provveduto a costruire un palazzo vescovile ad Oria, oltre a risiedere per diverso tempo nella città.
Fu nominato primo vescovo il teatino Vincenzo Del Tufo, che governò la diocesi solo per quattro anni. Il successore Lucio Fornari (1601-1618) indisse una visita pastorale della diocesi; altri vescovi, soprattutto religiosi, si impegnarono per la riforma della diocesi in attuazione dei decreti tridentini. Nel 1743 un terremoto danneggiò pericolosamente la cattedrale romanica fatta edificare dall'arcivescovo brindisino Pellegrino I nella prima metà del XIII secolo; la completa ricostruzione in stile barocco fu avviata durante l'episcopato di Castrese Scaia (1746-1755). Alla fine del Settecento si distinse in particolare il vescovo Alessandro Maria Calefati 1781-1794), erudito e storico, che ebbe cura di raccogliere tutta la documentazione relativa alla Chiesa di Oria.
L'Ottocento fu travagliato per la vita della diocesi, che vide lo scontro tra clero riformista e clero tradizionalista. Emblema di questo scontro le vicende del vescovo filo-borbonico Luigi Margarita (1851-1888), che fu costretto ad abbandonare per un certo periodo la diocesi a causa delle accuse di simonia rivoltegli da una parte del suo clero.
^I vescovi Giovanni I e Paone (o Paolo), inseriti in alcune cronotassi tra i vescovi brindisini, furono in realtà arcivescovi di Bari a cui i papi concessero di portare il titolo di Brindisi. Così scrive Carito: «L'egemonia di Bisanzio sul Salento determina il tentativo di comprendere le diocesi salentine nel patriarcato di Costantinopoli. Roma, a salvaguardia dei propri diritti, attribuisce il titolo della sede di Brindisi ai vescovi di Canosa [con sede a Bari]. Si hanno così vescovi residenti la cui elezione è confermata da Bisanzio e vescovi nominali cui il titolo è conferito da Roma» (Gli arcivescovi di Brindisi dal VII al X secolo, in Parola e storia, II (2008), n. 2, pp. 289-308).