Nel 1848-1849, durante la rivolta indipendentista della Sicilia, la nave, al comando del capitano di fregata Viglieco, venne più volte inviata in Sicilia per reprimere la ribellione[3]. Nell'aprile del 1849 la pirofregata bombardòTaormina, Messina e Catania e, per ordine del comandante di squadra, tolse dalla bandiera i colori nazionali che vi erano stati aggiunti nel febbraio 1848 in seguito alla proclamazione dello Statuto. Il 2 aprile l'unità, insieme alle pirofregate Roberto e Carlo III, si portò nelle acque di tra Schisò e Taormina, che si arrese l'indomani sera[4].
Successivamente la pirofregata effettuò numerose crociere nelle acque del Mar Mediterraneo, fino all'11 febbraio 1851, quando entrò nei cantieri di Castellammare per esservi sottoposta a lavori di grande manutenzione[3].
Nel 1854 l’Archimede, al comando del capitano di fregata Gonzales, prese a rimorchio il brigantino statunitense Golden Rule, impedendo che naufragasse: per questa coraggiosa azione il Congresso di Washington insignì il comandante Gonzales di Medaglia d'oro al merito[3].
Il 20 aprile 1860, durante i moti siciliani che precedettero l'impresa dei Mille, l’Archimede venne inviata a perlustrare, insieme alla pirocorvetta Stromboli, la costa tra Mazara e Capo Passero[5]. Il 27 maggio 1860, giorno dell'attacco garibaldino a Palermo, l’Archimede, al comando del capitano di fregata Carlo Flores ed assegnata alla squadra del brigadiere Luigi Chrétien, si trovava nel porto siciliano.
Successivamente, il 7 settembre 1860, la pirofregata, che si trovava a Napoli, disobbedì all'ordine di seguire Francesco II a Gaeta, e passò alla Marina sarda, come la maggior parte della flotta del Regno delle Due Sicilie[3].
Il 17 marzo 1861 l’Archimede venne incorporata nella neocostituita Regia Marina[3]. L'armamento venne ridotto a sei pezzi da 160 mm (40 libbre), quattro a canna liscia e due a canna rigata[2][3].
L'11 dicembre 1862 l'unità venne inviata a Rodi Garganico, nel luogo dove due giorni prima era naufragato il rimorchiatoreSan Pietro di cui recuperò i rottami, trasportandoli poi ad Ancona.
Nel giugno 1863 la nave venne declassata a pirocorvetta[3]. In quello stesso anno l’Archimede portò soccorso al piroscafo italiano Cairo, incagliato presso Bari, e qualche tempo dopo (durante lo stesso anno) alla pirofregata Garibaldi, incagliata presso Brindisi.
Negli anni successivi la nave fu tra le più attive nelle crociere nel Mediterraneo[2], trascorrendo anche vari periodi in disarmo[3].
Nel maggio 1879 la pirofregata subì una nuova sostituzione dell'armamento, che divenne composto da un cannone a canna rigata da 179 libbre e quattro da venti libbre[3]. Al comando del capitano di fregata Raffaele Cabarra, l’Archimede venne quindi inviata (1879) in America Latina come stazionaria, per proteggere gli interessi delle comunità italiane là stabilitesi[3]. Nell'occasione la nave risalì il Paranà[6]. Dopo lo scoppio della guerra tra Cile e Perù, la pirofregata attraversò lo stretto di Magellano e si trasferì così nell'Oceano Pacifico, quindi, dopo aver stazionato per diverso tempo in Perù, venne inviata a Panama, dove comandante ed equipaggio vennero sostituiti con personale appena giunto dall'Italia sul trasporto Città di Genova[3]. Con un nuovo equipaggio, l’Archimede fece rotta verso sud e stazionò nei porti del Cile, recandosi più volte anche in Ecuador[3].
Ormai obsoleta ed usurata, la vecchia nave, con lo scafo troppo malconcio per poter convenientemente riattraversare l'oceano e tornare in Italia, venne disarmata nell'agosto 1883[7] a Callao, dove il 30 novembre di quell'anno, giorno della radiazione, avvenne l'ultimo ammainabandiera[3]. L'equipaggio tornò in Italia sul pirotrasporto Conte di Cavour, mentre l’Archimede venne ceduta per demolizione ai fratelli Barabino & C. di Callao, al prezzo di 173.230 lire[3].
Nel corso dei 37 anni di servizio della nave si erano succeduti venti comandanti: nove borbonici, due sardi e nove italiani[3][8].
Note
^abcCopia archiviata (PDF), su marinai.it. URL consultato il 5 settembre 2011 (archiviato dall'url originale il 4 gennaio 2011).
^in ordine cronologico: tenente di vascello Luigi Chrétien, capitani di fregata Viglieco e di nuovo, con il grado di capitano di fregata, Luigi Chrétien, t.v. Ferdinando Cafiero, c.f. Domenico Ferro, Gonzales, Girolamo Vergara, Carlo Flores, Francesco Beneventano, Antonio Imbert, Francesco Vicuna, Francesco Baldisserotto, Luigi Bertelli, Gustavo Alziary di Malaussena, Orazio Persichetti, Pietro Carcano, Raffaele Noce, Augusto Conti, Raffaele Carabbia e Giovanni Cafaro.
Bibliografia
Uldarico Ceci. Cronistoria del naviglio italiano da guerra. Roma, USSMM, 1940.
Gallizioli A. Cronistoria del naviglio nazionale da guerra (1860-1906). Roma, Officina poligrafica, 1907, p. 27, 9;