La formazione giovanile e gli inizi della carriera accademica
Agostino Oglialoro nacque da Francesco e da Angela Todaro, appartenente alla nobile famiglia palermitana dei baroni della Galia.[3]
Compiuti regolarmente gli studi medi, iniziò la sua formazione scientifica che avrebbe derivato principalmente dall'esercizio delle tecniche analitiche qualitative e quantitative, apprese e praticate come preparatore presso i laboratori delle R. Università, prima di Palermo e poi di Roma.[4]
Il suo percorso di studi universitari fu infatti discontinuo ed irregolare. Iscrittosi nel 1869 alla Facoltà di Matematica per conseguire la laurea in ingegneria, Oglialoro abbandonò gli studi dopo il biennio per poi riprenderli a Scienze naturali qualche anno dopo e laurearsi in chimica nel 1877, a trent'anni e grazie ad una riduzione temporale del percorso accademico, autorizzata dal ministero.[4]
Attratto dalla vita di laboratorio e dal lavoro analitico, nel dicembre 1872, Oglialoro era entrato come secondo preparatore presso il Laboratorio di Chimica generale della R. Università di Palermo, diventando uno stretto collaboratore del direttore Emanuele Paternò,[5] con il quale avrebbe poi pubblicato il suo primo lavoro.[3]
Sul finire del 1873 Stanislao Cannizzaro, direttore dell'Istituto chimico della R. Università di Roma, lo volle come preparatore nei nuovi laboratori di via Panisperna,[6] dove rimase fino all'ottobre del 1875 quando rientrò a Palermo nominato assistente e vice direttore presso il gabinetto di chimica generale e Scuola pratica di chimica della R. Università.[7]
Nel 1879 ottenne per concorso la cattedra di chimica generale presso le Facoltà di medicina e chirurgia e di Scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Università di Messina dove fu anche direttore del Gabinetto e laboratorio di chimica organica e inorganica.[8]
Insoddisfatto però della sede di Messina, per l'inadeguatezza dei locali e l'esiguità della dotazione strumentale del laboratorio,[9] Oglialoro vinse nel 1880 il concorso al ruolo di professore ordinario presso la R. Università di Torino e risultò secondo nell'analogo concorso a Napoli dopo Michele Fileti, anche lui chimico della scuola palermitana di Cannizzaro.[10]
D'accordo con Fileti chiese lo scambio di sedi e, nell'ottobre del 1881[11] ottenne di essere trasferito a Napoli come ordinario di Chimica generale presso la R. Università.[12]
L'arrivo a Napoli di Oglialoro segnò una svolta nel suo percorso scientifico e professionale e nella sua vita privata.
Il periodo napoletano, dalla ricerca sperimentale alla didattica
Dal punto di vista dell'attività scientifica, i suoi contributi di ricerca diminuirono progressivamente come pure andò parallelamente riducendosi la sua produzione bibliografica, fino a terminare del tutto intorno al 1910. Questo significativo cambiamento, rispetto ad anni precedenti che lo avevano visto cogliere risultati di gran lunga più significativi,[13] gli venne rimproverato sia da Cannizzaro che da Paternò che lo esortarono più volte a riprendere l'attività sperimentale e le pubblicazioni, adempiendo così il «dovere degli uomini di scienza»,[14] ma inutilmente.
Secondo alcuni dei suoi allievi e collaboratori, tra cui Oreste Forte, Orazio Rebuffat e Francesco Giordani, fu solo una sua scelta consapevole il motivo che lo portò a spendere tempo ed energie principalmente nella «cura coscienziosa e completa del laboratorio e della coltura dei giovani»[15] e nell'impegno civile, piuttosto che nella ricerca di nuovi risultati sperimentali e nell'arricchimento della produzione bibliografica personale.[16]
Ma forse ci furono anche altre ragioni. Non ultima, l'operare in «un ambiente difficilissimo quale quello dell’Università di Napoli»[14] dove «lo avevano accolto in sul principio con fredda ostilità»[17] e dove, a fronte dell'inesistenza di un vero istituto chimico e di laboratori funzionali,[18] «esistevano, invece,basse gelosie e competizioni personali [...] ribellioni volgari..., ostruzionismo ignorante e finanche - ho vergogna a dirlo - minaccia alla tranquillità ed alla integrità stessa personale».[19]
Ridotta, e poi smessa del tutto l'attività di ricerca, il magistero di Oglialoro a Napoli si espresse nella docenza, nel rapporto con gli studenti e nell'assunzione, come titolare, di responsabilità istituzionali in ambito accademico. Ricoprì le cariche di regio commissario nella R. Scuola superiore di Medicina veterinaria, di membro del Consiglio di amministrazione della Stazione zoologica, di direttore delle Scuole di Farmacia e di Magistero,[20] di preside della Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali e fu anche rettore della R. Università per due mandati, nei bienni 1897-99 e 1917-19.[2]
In ambito cittadino fu destinatario di svariati incarichi pubblici di cui non volle «assumere soltanto la parte onorifica e decorativa», ma volle disimpegnarne «le corrispondenti mansioni con assiduità, scrupolosità e coscienza».[22] Fu sub-commissario per la pubblica istruzione durante l'amministrazione straordinaria del Comune di Napoli del Commissario regioGiuseppe Saredo,[17] membro del Consiglio provinciale sanitario,[23] consigliere d’amministrazione degli Ospedali Riuniti,[24] consulente chimico onorario dell’Ospedale dei Pellegrini, presidente onorario dell'Associazione Farmaceutica Napoletana e, inoltre, delegato del Comune nella R. Stazione sperimentale per l’industria delle pelli, presidente della giunta di vigilanza nella R. Scuola Regina Margherita, presidente, nel 1891, della Società dei Naturalisti in Napoli, tesoriere generale della Società Reale, ininterrottamente dal 1892, e primo presidente, nel 1910, della neonata sezione napoletana della Società Chimica Italiana.[25][22]
Il nuovo Istituto di Chimica generale
Nel 1881, quando Oglialoro divenne il nuovo direttore dell'Istituto chimico della R. Università di Napoli, trovò una struttura che, «rimasta nello stato preciso della sua fondazione» - ad opera di Sebastiano De Luca nel 1862 - lasciava «ora molto a desiderare».[26]
Convinto che la preparazione universitaria di un chimico non potesse prescindere dal tirocinio di laboratorio, che comportasse l'addestramento al lavoro analitico e l'educazione alla pratica sperimentale,[27] Oglialoro fin dai primi anni della sua direzione fu consapevole dell'urgenza di realizzare un nuovo istituto chimico.[28]
L'occasione si presentò nel 1885 quando, a seguito della violenta epidemia di colera del 1884 a Napoli, fu varato dal governo di Agostino Depretis, il grande progetto urbanistico-architettonico Pel risanamento della città di Napoli. Questo prevedeva, tra l'altro, l'edificazione di nuove sedi universitarie, a valle dello storico complesso ex gesuitico della Casa del Salvatore, ed una radicale ristrutturazione delle sedi preesistenti, carenti di attrezzature e ormai insufficienti, a fronte dell'aumento considerevole della popolazione studentesca.[29]
In particolare furono costruiti tre nuovi edifici, il Palazzo dell'Università, prospiciente il neo corso Umberto I, e due blocchi edilizi arretrati che formavano un unico corpo di fabbrica con il Palazzo e che furono collegati con le sedi preesistenti tramite una scalinata monumentale esterna, lo Scalone della Minerva.[30]
Oglialoro si adoperò e ottenne che i locali di uno dei due corpi arretrati, quello prospiciente la vecchia via Mezzocannone, diventassero la sede del nuovo Istituto di Chimica Generale della R. Università di Napoli.[30]
Completati i lavori, il nuovo Istituto di Chimica fu inaugurato nel novembre del 1913 e da allora Oglialoro non risparmiò «alcun sacrifizio, perfino ricorrendo nei casi estremi a personali anticipi finanziarii, pur di affrettare la sospirata sistemazione dell'istituto e poter cominciare ad accogliere intorno a sé gli studiosi».[31]
La scuola di chimica di Oglialoro
A partire da una decina di frequentatori iniziali, la scuola di chimica di Oglialoro «andò di anno in anno accreditandosi».[32] Oglialoro vi accolse non solo gli iscritti al corso di Chimica ma diede «ospitalità larga e disinteressata» anche a studenti di Medicina, di Farmacia o di Ingegneria che, pur non seguendo gli studi chimici, desideravano praticare la chimica sperimentale.[27]
Moltissimi furono così gli studenti iniziati alla ricerca scientifica e molti furono i chimici che, formatisi alla scuola di Oglialoro, si sarebbero poi affermati in campo scientifico e professionale.[27] Tra questi Oreste Forte, Orazio Rebuffat, Antonio Cabella, Francesco Giordani, Francesco Mauro e, ovviamente, la prima donna laureata in chimica in Italia nel 1895 Marussia Bakunin, che «Gli fu dapprima allieva e poi Compagna diletta nella vita e nello studio»[15] e che Oglialoro, ormai quasi cinquantenne, sposò l’11 marzo del 1896.
Per sopraggiunti limiti di età fu collocato a riposo 12 agosto del 1922 e il 15 dicembre dello stesso anno fu nominato professore emerito.[41]
Morì nel giugno dell'anno successivo ed il Comitato, di allievi ed amici, che si era originariamente costituito per celebrarlo in occasione del suo pensionamento, decise allora di destinare il ricavato della pubblica sottoscrizione all'istituzione di un Premio triennale perpetuo intitolato ad Oglialoro da conferire, per concorso, ai migliori laureati in chimica pura della R. Università di Napoli.[42]
Attività scientifica
L'attività scientifica di Oglialoro ebbe inizio a Palermo con l'incarico di secondo preparatore presso il Laboratorio di Chimica generale di Emanuele Paternò, nel 1873, e si interruppero con la pubblicazione del suo ultimo lavoro, nel 1910.[43]
A parte i suoi contributi in chimica idrologica e in geochimica, il settore principale di indagine fu quello analitico, farmacologico e tossicologico. Si occupò principalmente dell'isolamento di sostanze organiche, estratte da prodotti naturali, come per l'essenza di pepe cubebe[44] e della preparazione di nuovi prodotti di sintesi. Di tutti questi composti, attraverso l'analisi elementare, ricavò la composizione centesimale e la formula grezza e ne descrisse in dettaglio le proprietà chimico-fisiche, la reattività e le modalità di preparazione, estendendo lo studio anche ai rispettivi prodotti organici derivati.
Gli anni da preparatore e l'inizio dell'attività di ricerca
Formatosi alla scuola di Cannizzaro e di Paternò, Oglialoro inizialmente ne seguì le impronte, sia per la scelta degli argomenti che per l’impostazione degli esperimenti e l’interpretazione dei risultati.[45] Il suo lavoro di esordio fu infatti uno studio sulla reattività del cloralio,[46] un cloroderivato dell'acetaldeide, che era stato già oggetto di indagine da parte di Paternò.
Cloralio (Cl3C-CHO). Formula prospettica a cuneo e tratteggio (a sinistra) e modello ball-and-stick (a destra).
Di questo composto, un tempo usato come sedativo e ipnotico, Oglialoro continuò a occuparsene anche dopo il trasferimento a Roma nei laboratori di Cannizzaro. In due successivi lavori riconobbe e illustrò le due fasi della reazione di bromurazione del cloralio anidro[47] e ne individuò il prodotto di addizione con l'alcol allilico.[48]
Rientrato a Palermo Oglialoro, in collaborazione con Paternò e poi da solo, si dedicò all'isolamento, alla purificazione e alla caratterizzazione chimico-fisica di estratti naturali di Lecanora atra,[49] di Cladonia rangiferina[50] e di Teucrium fruticans,[51] e dimostrò inoltre la non identità di altri due estratti naturali: la limonina, ricavata dai semi degli agrumi e la colombina, estratta dalle radici di calumba.[52]
Gli studi sulla natura chimica della picrotossina
La picrotossina è una fitotossina molto importante in tossicologia e di un certo interesse farmacologico, quale stimolante del centro del respiro nel trattamento dell’avvelenamento da barbiturici. Estratta dai semi di Anamirta cocculus (coccola di levante), per la prima volta, nel 1812, da Pierre François Guillaume Boullay,[53] fu oggetto di un lungo studio e di numerose pubblicazioni da parte di Oglialoro, sia da solo[54] sia in collaborazione prima con Paternò[55] a Palermo e, successivamente a Napoli con Forte.[56]
I due prodotti di dissociazione della picrotossina: la picrotossinina (a sinistra) di formula molecolare C15H16O6 e la picrotina (a destra) di formula molecolare C15H18O7.
Nel loro ultimo e conclusivo lavoro sulla natura chimica della picrotossina, Oglialoro e Paternò, confutarono le tesi degli Autori precedenti[57] e la correttezza delle formule molecolari da loro proposte, e riuscirono a «istabilire una formola definitiva non fondata sulla sola composizione centesimale»[58] rivelatasi successivamente come quella corretta. I due chimici palermitani assegnarono alla picrotossina la formula molecolare C30H34O13 a 30 atomi di carbonio, come era stato già anticipato da Oglialoro in una lettera a Cannizzaro del 1879.[59]
Stabilirono inoltre che la picrotossina, diversamente da quanto era stato sostenuto da Barth e Kretschy, non era un miscuglio di tre principi diversi (picrotossina, picrotina ed anamirtina) che preesistevano già isolati nel prodotto greggio (la picrotossina grezza), ma era una sostanza pura che, essendo però poco stabile in ambiente basico, facilmente si dissociava in due molecole di massa molecolare minore, entrambe a 15 atomi di carbonio: la picrotossinina C15H16O6 e la picrotina C15H18O7.[60]
I derivati dell’acido cinnamico e l'interpretazione della reazione di Perkin
Nel 1878 Oglialoro volle verificare l'esperienza di William Henry Perkin che, pochi mesi prima, aveva ottenuto l'acido cinnamico facendo agire l'acetato sodico e l'anidride acetica sulla benzaldeide. Secondo l'interpretazione del chimico inglese era l'anidride acetica a reagire con la benzaldeide mentre il sale organico, l'acetato sodico, agiva da condensante. Oglialoro ripeté la reazione usando come sale organico il fenilacetato di sodio.[61] Diversamente da quanto teorizzato da Perkin, secondo cui il prodotto di reazione avrebbe dovuto essere lo stesso qualunque fosse stato il sale organico utilizzato, Oglialoro ottenne l'acido fenilcinnamico, in luogo del cinnamico.[62]
L'evidenza sperimentale che il prodotto di reazione conteneva il radicale fenilico del sale organico implicava che fosse quest'ultimo a reagire con la benzaldeide e non l'anidride acetica, che agiva invece da disidratante. Secondo l'interpretazione di Oglialoro, la condensazione avveniva in seguito alla combinazione dell'ossigeno carbonilico della benzaldeide con i due idrogeni metilenici del fenilacetato, con formazione di una molecola d’acqua, eliminata per azione disidratante dell’anidride acetica[62][63]
Dal punto di vista della ricerca in chimica analitica questo fu il risultato più significativo di Oglialoro che legò il suo nome a questa reazione organica nota, da allora, come reazione di Oglialoro-Perkin.[64]
Negli anni successivi, ancora nei laboratori di Palermo e poi a Messina e a Napoli, Oglialoro portò avanti questa linea di ricerca e, «allo scopo di generalizzare sempre più la reazione»[65] realizzò la sintesi di diversi acidi carbossiliciα-βinsaturi facendo variare, a turno, o l’aldeide aromatica o il sale organico,[66] e dimostrando così che questa reazione poteva costituire il punto di partenza per la preparazione di un gran numero composti organici.[67]
Il periodo napoletano e la fine dell'attività di ricerca
Per i primi anni dopo il suo trasferimento a Napoli, Oglialoro proseguì la preparazione di nuovi composti organici, utilizzando la reazione di condensazione di Perkin. In collaborazione, in genere, con suoi allievi - tra cui Galileo Cannone, Emilio Rosini, Oreste Forte e, successivamente, Maria Bakunin - pubblicò nei Rendiconti della Società Reale di Napoli, una serie di lavori sui nuovi prodotti di sintesi e su numerosi loro derivati, tutti dettagliatamente caratterizzati.[68]
Nel 1890, con la pubblicazione di un'ultima nota sugli acidi creosolcinnamici e metacresolglicolico,[69] Oglialoro interruppe definitivamente l'attività di ricerca in questo settore. Negli anni a seguire, a parte un breve lavoro di geochimica sulle sabbie vulcaniche emesse dal Vesuvio,[70] Oglialoro si occupò di chimica idrologica pubblicando, tra il 1894 ed il 1910, numerose analisi qualitative e quantitative di acque naturali, minerali o termali di diverse sorgenti del napoletano,[71] spesso su incarico delle Amministrazioni Comunali e, praticamente sempre, con la collaborazione di suoi allievi o assistenti.
Opere
Lavori accademici di chimica analitica, farmaceutica e tossicologica
Poche notizie sulle sabbie emesse dal Vesuvio. Nota di A. Oglialoro., in Rend. Acc. Sc. Fis. e Mat. Soc. R. Napoli, XII, ser. III, Napoli, Tip. Acc. Sc. Fis. e Mat., 1906, pp. 135-136.
Analisi chimiche di acque naturali, minerali e termali
(in collaborazione con Francesco Mauro, F. Vetere, Orazio Rebuffat, Antonio Cabella, Oreste Forte e Vincenzo Vetere, Analisi chimica completa delle acque minerali di Castellammare di Stabia, eseguite per incarico del Municipio, in Pubblicazione privata, Napoli, M. de Rubertis, 1894, pp. 1-51, tab. 16.
(In collaborazione con Oreste Forte, Antonio Cabella, Luigi Nicotera, Luciano Armanni e G. Zagari), Analisi chimica completa qualitativa e quantitativa dell’acqua minerale di Marigliano, pozzo artesiano Montagna, eseguita dal prof. Agostino Oglialoro-Todaro, dagli assistenti dottori Oreste Forte ed Antonio Cabella, e dal dottor Luigi Nicotera, con l’analisi batteriologica eseguita dal prof. Luciano Armanni e dal dottor G. Zagari, in Pubblicazione privata, Napoli, Stab. Tip. R. Pesole, 1897, pp. 1-13.
Acque del Gurgitello delle Terme Belliazzi nell'Isola d'Ischia (Casamicciola). Analisi chimica eseguita dal Socio Ordinario A. Oglialoro-Todaro, in Rend. Acc. Sc. Fis, e Mat. Soc. R. Napoli, IV, ser. III, anno XXXVII, n. 5, Napoli, Tip. R. Acc. Sc. Fis. e Mat., 1898, pp. 190-195.
(in collaborazione con Oreste Forte, Antonio Cabella e U. Pane), Terme Belliazzi in Casamicciola: Analisi Chimica eseguita dal prof. A. Oglialoro-Todaro, coadiuvato dai dottori O. Forte e A. Cabella. Analisi batteriologica eseguita dal prof. U. Pane., in Pubblicazione privata, Napoli, Tip. Aurelio Tocco, 1899, pp. 1-65.
(in collaborazione con Marussia Bakunin e Francesco Arena), Analisi dell’acqua minerale di Valle di Pompei, Pompei, Scuola Tip. Pontificia Figli dei Carcerati, 1908, pp. 1-7.
Manuali didattici scritti sulla traccia delle lezioni di Oglialoro
Marco Sbriziolo, Trattato di chimica generale, inorganica ed organica, esposta sotto il punto di vista delle dottrine moderne, per cura del Prof. M. Sbriziolo. Opera compilata sulle orme delle lezioni dettate dal Cav. A. Oglialoro Todaro, 3 Vol., Napoli, Vincenzo Onofrio Mese, 1882, pp. 200 (I vol.), 244 (II vol.) e 204 (III vol.).
Ernesto Castellaneta, Elementi di chimica organica (secondo le lezioni del Prof. A. Oglialoro, raccolte dal Dott. E. Castellaneta), Napoli, Università di Napoli,, s.d., pp. 112.
Nozioni di chimica generale per studenti universitari secondo il corso ufficiale. Chimica inorganica, Napoli, Lorenzo Albano libraio-editore, 1901, pp. 392.
S. T. Liebler, Lezioni di chimica generale del chiarissimo Prof. Cav. A. Oglialoro raccolte dal Dot. S. T. Liebler, Napoli, Giuseppe Eschena Libraio Editore, 1901.
Lezioni di chimica generale secondo il corso ufficiale 1910 del Chiar.mo Prof. Cav. A. Oglialoro stenografate e con figure, Napoli, Giuseppe Eschena Libraio Editore, 1910.
L. d'Adernò, Lezioni di chimica organica secondo il corso ufficiale 1910 del Chiar.mo Prof. Cav. A. Oglialoro, Napoli, Giuseppe Eschena Libraio Editore, 1910.
Commemorazioni e necrologi
Michele Eugenio Chevreul, in Rend. Acc. Sc. Fis, e Mat. Soc. R. Napoli, III, ser. II, anno XXVIII, n. 5, Napoli, Tip. R. Acc. Sc. Fis. e Mat., 1889, pp. 114-115.
Ludwig Mond, in Rend. Acc. Sc. Fis, e Mat. Soc. R. Napoli, XV, ser. III, Napoli, Tip. R. Acc. Sc. Fis. e Mat., 1909, pp. 314-315.
(in collaborazione con Marussia Bakunin), In memoria di Stanislao Cannizzaro: parole lette nell'adunanza del di 14 maggio 1910 della R. Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli, in Rend. Acc. Sc. Fis, e Mat. Soc. R. Napoli, XVI, ser. III, Napoli, Tip. R. Acc. Sc. Fis. e Mat., 1910, pp. 135-142.
^Cannizzaro, ordinario di chimica generale nella R. Università di Palermo e senatore del Regno d'Italia per meriti scientifici si era trasferito a Roma nel 1871 «chiamato provvisoriamente a dare l’insegnamento della chimica organica presso la R. Università» (cfr. Ministero della Pubblica Istruzione, Università Regie. R. Università di Palermo, in Annuario dell'Istruzione Pubblica del Regno d'Italia pel 1871-72, Roma, Regia Tipografia, 1872, p. 94).
Nei primi anni all'Università di Roma Cannizzaro, non ritenendo di potersi avvalere di collaboratori scelti tra quelli formatisi nella capitale, scelse di far venire a Roma chimici della sua scuola palermitana come Michele Fileti e Agostino Oglialoro (cfr. Calascibetta, 2013b, pp. 79-80).
Oglialoro entrò nel laboratorio di Via Panisperna in qualità di secondo preparatore nel 1873, per poi essere promosso a primo preparatore nel 1874 e a vice direttore e assistente nel 1875 (cfr. Gruppo senior della Società Chimica Italiana, s.d., p. 34).
^Fu nominato con Decreto del Ministro della Pubblica Istruzione Enrico Betti del 27 ottobre 1875 (cfr. Colella e Zingales, 2013, p. 195).
^Cfr. Ministero della Pubblica Istruzione, Università Regie. Università di Messina, in Stato del Personale addetto alla Pubblica Istruzione del Regno d'Italia al 31 Dicembre 1879 (Appendice al Bollettino ufficiale del Ministero dell'Istruzione Pubblica), Roma, 1879, pp. 15-16.
^«È bene si sappia che in Laboratorio io non ho che una sola bilancia, sensibile al milligrammo ed ora In cattivissimo stato, e che mi manca una macchina pneumatica e financo un lambicco per l'acqua stillata» (cfr. Oglialoro, 1880a, p. 484).
^Fu nominato ordinario di chimica generale presso la Facoltà di medicina e chirurgia e presso le Scuole di Farmacia e di Magistero e ordinario di chimica organica ed inorganica presso la Facoltà di scienze fisiche, matematiche e naturali dove ebbe anche la direzione del Gabinetto di chimica generale e della Scuola pratica. Inoltre ebbe anche l'incarico di un corso di chimica analitica con esercizi di analisi qualitativa presso la Scuola di Farmacia (cfr. Ministero della Pubblica Istruzione, Università regie. Università di Napoli, in Annuario ufficiale del Ministero della Pubblica Istruzione, Roma, Stab. Tip. E. Sinimberghi, 1892, pp. 54-59).
^Agli inizi della sua attività, da preparatore non ancora laureato, Oglialoro aveva pubblicato, da solo o in collaborazione con Paternò, ben sette lavori originali, ed altrettanti ne avrebbe poi pubblicati nel biennio successivo alla laurea (cfr. Colella e Zingales, 2013, p. 196).
^«Più che ad ogni altro Egli dette a noi suoi allievi dell’Università di Napoli, cui sacrificò buona parte del suo tempo prezioso nel periodo più fulgido della sua carriera di scienziato, onde fornire una scuola - che gli eventi avevano praticamente annullata - di tutti i mezzi necessari alla formazione dei giovani chimici» (cfr. Giordani, 1923).
«Dopo il suo insediamento a Napoli le cure dell’insegnamento e i pubblici uffici, l’organizzazione del suo laboratorio e la direzione degli studi dei suoi numerosi allievi fecero sì che la sua produzione scientifica non fosse così copiosa come prima. A ciò contribuì anche la generosità del suo animo che lungi dal trarre profitto dal lavoro degli allievi lasciava che questi sviluppassero le sue idee e traessero profitto dalle sue precedenti ricerche» (cfr. Rebuffat e Zambonini, 1923).
^«Un istituto chimico, che rispondesse a tal nome, non esisteva, in quell'epoca, a meno che sotto il detto nome non si vogliano comprendere pochi banchi inadatti, alcuni barattoli e qualche grossolano fornello, in un locale umido e mal distribuito e dove, fino allora, nessuna vera e propria ricerca scientifica aveva trovato il modo e l'ambiente di compiersi» (cfr. Forte, 1924, p. 100).
^Direttore della Scuola di farmacia nel 1896-98 e nel 1906-09 e, per un ventennio, di quella di Magistero di cui fu anche presidente dal 1904 al 1921 (cfr. Forte, 1925, p. 109).
^Marussia Bakunin, allora ventitreenne, laureata da appena un anno, era all’epoca solo preparatore presso il laboratorio di Chimica della R. Università di Napoli. La sua presenza in una foto che ritrae invece alcuni dei massimi esponenti della chimica italiana dell'Ottocento fu dovuta probabilmente solo al fatto che era diventata, da qualche mese, la moglie di Oglialoro (cfr. Colella, 2014, p. 134).
^Fu nominato per la prima volta nel 1888 e tenne ininterrottamente questo incarico per trentacinque anni (cfr. Forte, 1924, p. 109).
^Come consigliere degli Ospedali Riuniti, fu in prima linea durante l'epidemia di colera a Napoli del 1884 «per assistere i più disagiati, per alleviare le sofferenze dei colpiti dal morbo e per rendere meno duri gli effetti nefasti dell’epidemia» dando le opportune indicazioni circa le necessarie opere di disinfezione (cfr. Colella e Zingales, 2013, p. 109). In particolare fu incaricato dal rettore Luigi Capuano di dirigere le operazioni di disinfezione dei locali dell'Università (cfr. Oglialoro, 1884c).
^Dopo quelle di Roma e di Milano, la terza sezione della Società Chimica Italiana venne fondata a Napoli nel 1910 per iniziativa di un comitato presieduto dal direttore dell’Istituto di chimica farmaceutica, Arnaldo Piutti. Oglialoro, che era già consigliere non residente della sezione romana, ne fu il primo presidente e tenne questo incarico anche per un secondo mandato nel 1814-15 (cfr. Gruppo senior della Società Chimica Italiana, s.d., p.34).
^Sebastiano De Luca fondò il primo Istituto chimico della R. Università di Napoli, nel 1862, adattando a laboratori e sale di lavoro «un antico e lungo porticato» prospiciente il Cortile monumentale (o Cortile delle Statue) del complesso architettonico ex gesuitico della Casa del Salvatore. Così era denominata nel 1768 la struttura, prima che divenisse nel 1777 la nuova sede della R. Università di Napoli. Se da un lato l'Istituto di De Luca colmava finalmente la lacuna dell'inesistenza di una localizzazione delle attività di tipo chimico nell'ambito dell'Università di Napoli, dall'altro i locali umidi e spesso mal ventilati, situati l'uno di seguito all'altro con il conseguente continuo passaggio del personale, rendevano, già in partenza, la sistemazione logistica inadeguata in un campo particolarmente rischioso quale quello della chimica sperimentale (cfr. Mazzarella, s.d., pp. 1-2 e Alisio, 2004, p. 101).
^Fu socio ordinario dal 23 dicembre 1883 nella Classe di Scienze naturali di cui fu anche segretario aggiunto nel 1887 (cfr. Soci residenti divisi per Classi, in Atti Acc. Pontaniana, XXXVII, ser. II, vol. XII, Napoli, R. Tip. Francesco Giannini e Figlio, 1807, p. VIII).
^Fu socio ordinario residente dal 12 agosto del 1882 nella Classe di Scienze naturali. Ricoprì inoltre la carica di Segretario nel 1889 e quella di Tesoriere generale ininterrottamente dal 4 dicembre 1892 (cfr. Leonardo Merola e Giuseppina Pugliano, Annuario della Società nazionale di Scienze, Lettere e Arti in Napoli (PDF), Napoli, Officine grafiche Francesco Giannini & Figli S.p.A., 2018, p. 164, p. 166 e p. 321).
^Fu socio collaboratore di prima classe dal 16 settembre 1877 (cfr. R. Accademia di Scienze, Lettere e Belle Arti di Palermo, Elenco dei Soci. Soci collaboratori, in Bull. R. Acc. Sc., Lett. e Belle Arti di Palermo, VII (1891), n. 4-6, Palermo, Tip. F. Barravecchia & Figlio, 1892, p. 129).
^Fu socio corrispondente residente dal 1878 e non residente dal 1879 (cfr. Società di Scienze naturali ed economiche di Palermo, Elenco dei Soci, in Giorn. Sc. Nat. e Econ., XV (1880-1882), Palermo, Stab. Tip. LAO, 1882).
^Fu socio ordinario residente dal gennaio 1882 (quando la Società si chiamava ancora Circolo degli Aspiranti Naturalisti) e ricoprì la carica di Presidente nel 1891 (cfr. Giuseppe Zirpolo, Società dei Naturalisti in Napoli dal 1881 al 1931, in Boll. Soc. Nat. in Napoli, XLIV - 1932, Napoli, Stab. Tip. N. Jovene, 1933, p. LXXI e p. LXXVI).
^Cfr. Regia Università degli Studi di Napoli, Facoltà di Scienze naturali, in Annuario scolastico 1888-89, Napoli, Tip. R. Università, 1889, p. 59).
^Dall'Ordine della Corona d'Italia fu insignito delle onorificenze di Commendatore, nel 1905, e di Grande Ufficiale nel 1920. L'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro gli conferì le onorificenze di Cavaliere, nel 1898, Ufficiale nel 1902 e Commendatore nel 1922 (cfr. Forte, 1924, p. 109).
^Dagli estratti di questo lichene, proveniente dai monti a ovest di Palermo, Oglialoro e Paternò isolarono due acidi deboli, di cui uno identico al già noto acido usnico e l'altro di nuova individuazione, da loro denominato acido atranorico (cfr. Oglialoro e Paternò, 1877a).
^Da questa pianta di interesse farmacologico usata in medicina popolare come antifebbrile, Oglialoro isolò una prima sostanza, non meglio caratterizzata, avente le proprietà di un idrocarburo, ed un'altra, un glicoside affine alla salicina, da lui denominata teucrina (cfr. Oglialoro, 1878b e 1883b).
^Da quando era stata isolata per la prima volta, la natura chimica della picrotossina era rimasta ancora indeterminata per via di «risultati analitici differenti ottenuti da diversi ricercatori» e, soprattutto, per «la difformità delle formule proposte da quelle ottenute per i suoi derivati» (cfr. Colella e Zingales, 2013, p. 200).
Il primo autore che ne fece un'analisi chimica ponderale fu Oppermann nel 1833 che le assegnò la formula molecolare C5H6O11. In seguito Pelletier e Cuerbe nel 1836, sulla base di nuove determinazioni centesimali, dedussero la formula C12H14O5, poi confermata da Barth nel 1863 e ripresa da Barth e Kretschy nel 1880 (Cfr. Oglialoro e Paternò, 1881a, pp. 36-37).
^Nei lavori precedenti di Oglialoro e Paternò le due molecole erano state denominate rispettivamente picrotosside e idrato di picrotosside (cfr. Oglialoro e Paternò, 1881a, p. 50).
^Come si sarebbe dimostrato in seguito, erano le condizioni sperimentali sotto cui avveniva la reazione che determinava quale sarebbe stato il reagente che avrebbe partecipato alla condensazione (cfr. Calascibetta, 2013a).
^Così, partendo dal fenilacetato e dall'aldeide salicilica, ottenne l’acido acetilfenilortocumarico e da questo preparò la fenilcumarina (Oglialoro, 1879d) mentre facendo reagire il fenilacetato con l'aldeide anisica sintetizzò l’acido paraossimetilfenilcinnamico da cui ottenne l’ossimetilstilbene (Oglialoro, 1879e). E ancora, nel laboratorio dell'Università di Messina, sintetizzò l’acido ossifenilcinnamico mettendo a reagire l'aldeide paraossibenzoica e il fenilglicolato sodico (Oglialoro, 1880a).
Giancarlo Alisio, La Sede centrale, in Arturo Fratta (a cura di), Il patrimonio architettonico dell’Ateneo Fridericiano, Napoli, Arte Tipografica Editrice, 2004, pp. 95-115, ISBN88-87375-60-7.
Francesco Giordani, Agostino Oglialoro-Todaro, in Giornale di Chimica Industriale e Applicata, V, Milano, Società Anonima Editrice di chimica, 1923, pp. 371-372.
Orazio Rebuffat e Ferruccio Zambonini, Agostino Oglialoro Todaro, in Rend. Acc. Sc. Fis. e Mat. Soc. R. Napoli, XXIX, ser. III, Napoli, 1923, pp. 123-127.