Totò e le donne è un film del 1952 firmato ufficialmente da Mario Monicelli e Steno, ma in realtà diretto dal solo Steno (i due avevano ricevuto l'incarico di scrivere e dirigere due film a quattro mani, questo e Le infedeli, ma all'insaputa dei produttori si divisero i film, una pellicola a testa, e Monicelli scelse Le infedeli). È il primo di numerosi film in cui Totò e Peppino De Filippo appaiono insieme.[1]
Trama
Il cavalier Scaparro, commesso in un negozio di stoffe, ha a che fare con delle clienti incontentabili; quando torna a casa, trova la moglie insoddisfatta e invadente che gli anticipa chi è l'assassino dei suoi preferiti romanzi gialli. Si rifugia quindi in soffitta dove, con lo sguardo rivolto verso la cinepresa, rivolge un appello agli spettatori del film, esortandoli a "soffittizzarsi" per sfuggire all'attenzione delle mogli, dove possono fumare spargendo cenere dove capita, leggendo in pace libri gialli dove le vittime sono preferibilmente donne.
«Uomini di genere maschile! Contro il logorio della donna moderna, soffittizzatevi.[2]»
Proseguendo nel suo racconto agli spettatori, il cavaliere racconta come deve sopportare anche la domestica, incapace di ricordare chi lo ha cercato al telefono per un grosso affare, sembrandole che si trattasse di un melone (in realtà un milione di lire).
Ci sarebbe anche la prosperosa figlia a dargli problemi, ma fortunatamente c'è il dottor Paolo Desideri che, fisicamente attratto dalla giovane, nonostante gli avvertimenti del cavaliere vuole sposarla, anche se questa gli telefona in ospedale pretendendo che il suo "passerottino" le cinguetti al telefono per dimostrarle il suo amore. Qualche dubbio il dottore comincia ad averlo quando si ricorda della rissa scoppiata in un autobus affollato, dove la fidanzata ha accusato un energumeno di averla toccata al seno.
Anche quando la moglie va in vacanza il cavalier Scaparro, rimasto solo e libero, illudendosi di potersi divertire con qualche donnina, non ha migliore sorte. In un locale, infatti, incontra una giovane che, invece di intrattenerlo, approfitta della sua comprensione per raccontargli tutti i suoi guai, commuovendolo sino alle lacrime.
Alla fine, in un litigio con il marito, la moglie decide di tornare dalla madre e gli rivela come, con il suo scarso stipendio, ha potuto risparmiare: per anni gli ha cucinato carne di cavallo spacciandola per vitello, gli ha dato vino annacquato d'accordo col vinaio e, durante una malattia del marito, ha venduto il bracciale d'oro che il marito le aveva donato, sostituendolo con uno di ottone.
Il cavalier Scaparro capisce di dover essere grato alla moglie.
In occasione delle nozze della figlia con il dottor Desideri (che, nonostante gli avvertimenti ricevuti, pur consapevole di quello che lo aspetta non vede l'ora d'iniziare la luna di miele), si riconcilia con la sua metà, avvertendo ancora una volta gli spettatori di come non si possa rinunciare alle donne.
Luoghi delle riprese
La scena dell'incontro con l'amante al caffè venne girata al caffè Canova di piazza del Popolo a Roma, mentre quella nella stazione venne girata nella stazione Ostiense della capitale.
La critica cinematografica
«Non è un film. È una specie di festino in famiglia tra Totò e i suoi mille e mille tifosi. La farsa, basata sulle battute e le prestazioni che fecero e fanno la popolarità del comico sul palcoscenico, vuol essere una antologia di lamentazioni sulla vita del marito e dell'uomo in genere seviziato dal sesso debole. È un film grossolano ma fa ridere a crepapelle[3].»
«Stavolta non siamo al cinema ma a una conferenza. È sulla cattedra il celebre professor Totò, con la sua mutria a scaleno, e infatti indirizzandosi direttamente al pubblico egli comincia sin dal principio a sviluppare la sua tesi, essere il genere femminile un genere abominevole e pestifero [..][4].»
«(...) Si tratta di una serie di "siparietti" a tema fisso, divagazioni sull'eterno femminino, a cura di Steno e Monicelli. A Totò è associata, fra gli altri, anche Lea Padovani che avvilisce le sue indubbie qualità di attrice drammatica, bizzarramente ingrata verso se stessa. Ma Totò per primo vi trascina fino all'estremo la propria personalità (...) smarrendosi nell'arzigogolo e nel caos fragoroso della rivista di bassa lega (...)[5].»
Note
^«il primo dei sedici film girati insieme al vecchio amico e collega dei tempi bui». (in Enrico Giacovelli, Enrico Lancia, I film di Peppino De Filippo, Gremese Editore, 1992, p. 71)
^«Soffittizzarsi 'ritirarsi, trovare riparo in soffitta'... per invocare, con maschilismo tradizionale da avanspettacolo, la necessità per il laborioso uomo italiano di difendersi dalle irrazionalità femminili, cercando, di quando in quando, rifugio in un luogo appartato. Siamo nel 1952, il boom è ancora di là da venire, gli italiani non hanno grandi risorse. Non possono permettersi attici, mansarde (tanto meno loft) o terrazze chiuse e condonate. Devono ricorrere alla soffitta condominiale...» (In Silverio Novelli, Treccani - Lingua italiana)
^Alfredo Orecchio, Paese Sera, Roma, 28 dicembre 1952
^Filippo Sacchi, Epoca, 119, Milano, 17 gennaio 1953
^Tino Ranieri, Rassegna del Film, 11 febbraio 1953