Fu poeta e musico e, poiché si vantava di cantar meglio delle Muse, suscitò l'ira delle figlie di Zeus che, per punirlo, lo accecarono, gli tolsero la memoria e lo privarono delle sue capacità canore.
Nell'Iliade
La vicenda di Tamiri è brevemente narrata nell'Iliade:
«E quelli che Pilo abitavano e l'amabile Arene,
e Trio, guado dell'Afeo, ed Epi ben costruita,
e Ciparissento ed Anfigénia abitavano,
e Pteleo ed Elo e Dorio, là dove le Muse
fattesi avanti al tracio Támiri tolsero il canto,
mentre veniva da Ecalia, da Euríto Ecaleo
e si fidava orgoglioso di vincere, anche se esse,
le Muse cantassero, figlie di Zeus egíoco!
Ma esse adirate lo resero cieco e il canto
divino gli tolsero, fecero sì che scordasse la cetra...»
(Iliade, libro II, vv. 591-600)
Altri miti
In un'altra leggenda, Tamiri è trasformato dalle Muse in un usignolo.
Era anche annoverato come uno degli amanti di Giacinto: i due sarebbero stati addirittura i primi mortali maschi legati da un rapporto omoerotico e il poeta il creatore della pederastia come istituzione sociale.[1]