La Saga degli Ynglingar (Ynglinga saga) racconta che dopo aver viaggiato con dodici compagni per l'attuale Turchia e Russia, scomparve in una roccia ingannato da un nano:
(NON)
«Svegðir tók ríki eptir föður sinn; hann strengði þess heit at leita Goðheims ok Óðins hins gamla. Hann fór með 12 menn víða um heiminn, hann kom út í Tyrkland ok í Svíþjóð hina miklu ok hitti þar marga frændr sína ok vini, ok var í þeirri för 5 vetr. Þá kom hann aptr til Svíþjóðar, dvaldist hann þá enn heima um hríð. Hann hafði fengit konu þá er Vana hét út í Vanaheimi; var þeirra son Vanlandi. Svegðir fór enn at leita Goðheims. Ok í austanverðri Svíþjóð heitir bœr mikill at Steini, þar er steinn svá mikill sem stór hús. Um kveldit eptir sólarfall, þá er Svegðir gékk frá drykkju til svefnbúrs, sá hann til steinsins, at dvergr sat undir steininum. Svegðir ok hans menn váru mjök druknir ok runnu til steinsins. Dvergrinn stóð í durum ok kallaði á Sveigði, bað hann þar inn ganga, ef hann vildi Óðin hitta. Svegðir hljóp í steininn; en steinninn laukst þegar aptr, ok kom Svegðir eigi aptr[2].»
(IT)
«Sveigðir prese il regno dopo suo padre, e sua madre gli fece giurare di trovare Ásgarðr e Óðinn. Andò con dodici uomini per il mondo, e andò in Turkestan e nella Grande Svíþjóð, dove trovò molte tracce. Era il quinto anno di questo viaggio; e quando tornò a casa in Svezia rimase la per un po' di tempo. Prese una moglie nel Vanaheimr, che si chiamava Vana, e il loro figlio si chiamò Vanlandi. Sveigðir ripartì successivamente alla ricerca di Ásgarðr, e venne in un possedimento ad est di Svíþjóð chiamato Stein, dove c'era una grande casa. Alla sera dopo il tramonto, quando Sveigðir stava andando dal tavolo da bere a letto, gli cadde lo sguardo su una pietra, e vide che un nano stava sedendo sotto di essa. Sveigðir e i suoi uomini erano molto ubriachi e corsero verso la pietra. Il nano stava alla porta, e chiamò Sveigðir, e disse di venire con lui, e che poteva vedere Odino. Sveigðir corse nella pietra, che istantaneamente si chiuse dietro di lui, e Sveigðir non tornò mai indietro.»
«En dagskjarr
Dúrnis niðja
salvǫrðuðr
Sveigði vélti,
þás i stein
enn stórgeði
Dusla konr
ept dvergi hljóp,
ok salr bjartr
þeira Sǫkmímis
jǫtunbyggðr
við jǫfri gein.[3]»
(IT)
«Guardingo del giorno,
il guardiano della sala
dei figli di Dúrnir,
illuse Sveigðir,
quando il magnanimo
nipote di Dusli
balzò nel macigno
seguendo il dvergr,
e la fulgida sala
di quelli di Søkkmímir,
gremita di giganti,
ingoiò il principe.»
Dúrnir è un nano (dvergar in norreno), creatura ctonia (da χθόνιος, sotterraneo) che compare in altri due poemi scaldici (Dverga heiti e Laufás-Edda) e quindi si suppone che fosse abbastanza noto nella mitologia norrena.
I macigni, come quello verso cui corse Sveigðir, erano sovente posti sui tumuli. In alcune saghe li vediamo aprirsi affinché i defunti possano parlare ai vivi; o viceversa, per permettere ai vivi di unirsi ai congiunti deceduti. Quindi, questo brano presenta un inquietante messaggio: per incontrare Odino è necessario morire.