Nato nel Galles, a Barry da Mary Catherine Edwards e da Joseph Livesey. Dopo la morte del padre, Mary si risposò con il cognato Sam Livesey (fratello di Joseph), ingenerando con queste nozze confusione nelle note biografiche di Roger Livesey, che alcuni segnalano erroneamente come figlio di Sam[senza fonte].
Livesey studiò alla Westminster School e successivamente all'Italia Conti Academy of Theatre Arts, una scuola di recitazione fondata a Londra dall'attrice Italia Conti[1]. Dopo aver debuttato in teatro all'età di undici anni, si affermò durante gli anni trenta come interprete teatrale e cinematografico, serio e di talento, dai modi tipicamente inglesi e dalla recitazione sempre controllata[1].
Alto, bruno e atletico, con una bassa voce roca, Livesey toccò l'apice della sua carriera cinematografica alla metà degli anni quaranta, grazie ai tre film interpretati sotto la direzione di Michael Powell ed Emeric Pressburger. In Duello a Berlino (1943), l'attore diede la sua prova più importante con il ruolo di Clive Candy, ritratto durante tutto l'arco della sua esistenza, da giovane e coraggioso ufficiale subalterno fino agli anni della maturità e della vecchiaia[1]. Livesey rese nel personaggio gli aspetti dell'essere inglese tanto cari a Powell, ovvero lo spirito conservatore britannico, l'imperturbabilità e la capacità di far emergere il lato sentimentale[2]. In So dove vado (1945) Livesey interpretò il ruvido ufficiale di marina Torquil McNeil, che in un'atmosfera fiabesca nelle isole Ebridi si innamora di Joan Webster (Wendy Hiller), giunta da Manchester per sposare un ricco magnate più anziano di lei. Nel terzo e ultimo film interpretato con Powell e Pressburger, Scala al paradiso (1946), Livesey impersonò il neurochirurgo Reeves, amante della motocicletta, che muore in un incidente stradale e giunge in Paradiso, dove si rivolge al Tribunale Celeste per perorare la causa di un pilota (David Niven), il quale chiede una proroga al suo destino, essendosi innamorato di una radiofonista immediatamente prima dell'azione durante la quale è caduto con il proprio aeroplano[1].
Livesey continuò la propria carriera di attore anche negli anni cinquanta e sessanta. Tra le altre sue interpretazioni, da ricordare il fine e prezioso ritratto che fece di un anziano attore di music-hall, ancora capace di dominare la scena, nel film Gli sfasati (1960), padre del protagonista (Laurence Olivier)[1].