Raimondo nacque a Bellvís, un piccolo paese della provincia di Lleida, in Catalogna in una famiglia che contava sette zie monache e due zii sacerdoti. Uno dei suoi fratelli, Faustino, era già Clarettiano e anche Raimondo sentì presto la vocazione alla vita religiosa, ma dovette aspettare di raggiungere l'età minima per il pre-noviziato. Come i confratelli, studiò a Cervera, Alagon e ancora a Cervera.Pronunciò i voti religiosi il 15 agosto 1930.
Da subito apparve evidente che Raimondo era dotato di una spiritualità legata alla liturgia: si sforzava di seguire fedelmente le norme della vita conventuale e divenne presto uno dei migliori studenti del corso. Leggeva correntemente in greco ed ebraico, collaborò con molte riviste missionarie e, in occasione della beatificazione del Fondatore, scrisse un dramma.
Il 1 luglio 1936 venne trasferito al seminario di Barbastro per ricevere l'istruzione premilitare al termine della quale era prevista l'ordinazione sacerdotale[1][2][3]
Il 20 luglio 1936 il seminario venne assaltato e perquisito dalle milizie anarchiche per cercare armi e munizioni. Insieme alla maggior parte dei confratelli Luigi venne arrestato e rinchiuso nel salone degli atti accademici della scuola degli Scolopi, che divenne la loro prigione improvvisata.
Attraverso i confratelli Hall e Parussini, che poterono lasciare il carcere perché di nazionalità Argentina, Raimondo riuscì a far pervenire alla famiglia la sua lettera di addio:
«Vi informo che è piaciuto al Signore porre nelle mie mani la palma del martirio. Quando riceverete questo scritto, cantate al signore per l'immenso beneficio che mi ha concesso.
Mai cambierei il carcere sofferto con il dono dei miracoli, né il martirio con l'apostolato, che pure era il sogno della mia vita.»
(Luigi Lladó Teixidor, Firma sulla lettera di offerta alla Congregazione)
Insieme a 19 suoi confratelli Luigi Lladó Teixidor è stato fucilato nelle prime ore del 15 agosto sul ciglio di una strada fuori città, fece parte del quarto gruppo di claretiani di Barbastro che subirono il martirio. I loro corpi sono stati gettati in una fossa comune.
Nel 2013 è uscito un film sulla vicenda intitolato Un Dio vietato per la regia di Pablo Moreno.[4]
Culto
Dopo la guerra i resti dei martiri furono riesumati dalle fosse comuni e, grazie alle medagliette metalliche cucite dalla lavanderia del seminario sulle loro tonache, è stato possibile risalire ai nomi delle singole persone. I resti sono composti in teche e si possono oggi venerare nella cripta della chiesa annessa al museo.[5]
Il 20 maggio 1947 nella diocesi di Barbastro si aprì il processo informativo circa il martirio che si chiuse il 23 settembre 1949. L’8 febbraio 1961 fu promulgato il Decreto sugli scritti. La dichiarazione di validità del processo, con Decreto del 9 febbraio 1990, portò alla trasmissione della “Positio super martyrio” alla Congregazione delle Cause dei Santi nello stesso anno.
A seguito della riunione della commissione teologica che si tenne il 4 febbraio 1992 e di quella dei cardinali e vescovi della Congregazione si arrivò, il 7 marzo 1992, alla promulgazione del Decreto sul martirio. La beatificazione avvenne a Roma, ad opera di Giovanni Paolo II, il 25 ottobre 1992.
La Chiesa cattolica lo ricorda il 15 agosto.[6][7][8]