«Antico far ceramica recuperato rinnovato inventato, per fare cose con gioia dentro, comunicata dalle mani che toccano smalti splendenti, fuori, nella natura, la terra, l'acqua, il fuoco, gli amici e l'amore ti fanno vivere giovane»
Proveniente da una famiglia siciliana di Comiso, Nino Caruso nasce e cresce a Tripoli dove frequenta le scuole elementari. Il 1 giugno del 1940 viene imbarcato insieme a centinaia di bambini sulla nave "Duilio" per raggiungere le colonie estive sulla costa adriatica. Dopo dieci giorni scoppia la guerra che gli preclude il ritorno a casa in Libia; viene quindi trasferito in un collegio a Ferrara dove rimarrà due anni, lontano dalla propria famiglia. Rientra a Comiso nel 1942 presso la casa dei nonni materni e frequenta la scuola professionale di tipo industriale a Vittoria. Per motivi economici interrompe gli studi a 16 anni e inizia a lavorare in un oleificio fino a quando nel 1947, grazie ad un permesso dell'autorità britannica, può ricongiungersi con la famiglia a Tripoli. Qui viene assunto all'Alfa Romeo come tornitore meccanico e diventa segretario del sindacato dei lavoratori. Partecipa e coordina le attività del clandestino Partito Comunista Libico, impegno che causerà nel 1951 la sua espulsione da Tripoli, insieme a Valentino Parlato ed altri compagni[2].
Villa Massimo, gli anni 50 e le prime mostre
Dopo l'espulsione raggiunge Roma e viene introdotto dal ceramista comisano Salvatore Meli a Villa Massimo, dove conosce Guttuso, Mazzacurati, Leoncillo, Brunori, Greco e gli scrittori Carlo Levi, Cesare Zavattini, Enrico D'Arrigo. Frequenta gli artisti di Piazza del Popolo, Via Margutta, Via del Babuino e dopo il servizio militare, nel 1954 decide di intraprendere l'attività di ceramista, diplomandosi presso l'Istituto Statale di Arte di Roma[3]. Nel 1956 espone per la prima volta alla galleria "L'incontro" insieme a Renato Guttuso, ma dopo qualche giorno un incendio distrugge diverse opere di entrambi gli artisti[4]. Nel 1957 invitato da Zoran Krzisnik, al tempo direttore della galleria d'arte moderna di Lubiana, espone per la prima volta all'estero presso la galleria Jacopicef[5].
Gli anni 60 e l'incontro con il design industriale
A partire dal 1965 inizia ad usare il polistirolo per realizzare stampi a colaggio in cui versa l'argilla, rivoluzionando il suo metodo di lavoro. Continuando a sperimentare, realizza sculture in diversi materiali, alla ricerca di un nuovo rapporto scultura-architettura.
Inizia un profondo studio della modularità che assume una precisa funzione architettonica, sistema che gli aprirà collaborazioni significative con le aziende Ceramica Cava a Cava dei Tirreni e Marazzi ceramiche a Sassuolo. Nel 1966-67 realizza l'intera superficie delle pareti interne della Chiesa Evangelica di Savona progettata dall'architetto Carlo Aymonino[10].
Nel 1966 contribuisce insieme a Carlo Zauli, Pompeo Pianezzola, Alessio Tasca, Nanni Valentini e altri alla costituzione del Centro Italiano delle Produzioni d'Arte (CIPA) di cui assume il ruolo di segretario con la presidenza affidata all'architetto Gio Ponti. Nel 1967 vince il primo premio alla Biennale del Metallo di Gubbio[14]. Dopo lo scioglimento del CIPA, dal 1968 al 1985 fonda il Centro Internazionale di Ceramica[15] con sede nel proprio studio di Roma, presso l'antico monastero della confraternita del Pio Sodalizio dei Piceni, coinvolgendo artisti da tutto il mondo.
Nel 1970 sostituisce lo scultore Leoncillo Leonardi, prematuramente scomparso, all'Istituto Statale di Arte di Roma, vincendo il concorso per la cattedra di progettazione ceramica, che insegnerà per quindici anni.
Gli anni settanta - novanta
Dalla metà degli anni settanta stringe collaborazioni frequenti con alcune università statunitensi dove organizza mostre, workshop e seminari.
Matura gradualmente una vasta conoscenza delle tecniche ceramiche, come quelle antiche ancora in atto nelle civiltà orientali, e apprende direttamente, grazie a lunghi soggiorni in Giappone, le sperimentazioni più innovative. Nel 1973 si aggiudica un premio al Concorso Internazionale di Ceramica a Nagoya. Espone in una mostra personale itinerante a Kyoto presso la Asahi Gallery, al Centro di Ricerca Tokoname e all'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo.
Legato alle influenze delle antiche culture mediterranee, realizza una nuova serie di sculture ed elementi architettonici create con tecniche sia tradizionali sia innovative. Nel 1980, è segnalato dalla critica per il Catalogo Nazionale Bolaffi per la scultura. Nel 1985 durante le celebrazioni per "l'anno degli etruschi" espone in alcune città legate alla civiltà etrusca[16]. La città di Orvieto apre un lungo percorso che si snoda attraverso Perugia, Arezzo, Firenze, Ferrara, Bagni Ducali, Civita Castellana[17][18].
Nel 1984 vince a Faenza il primo premio al Concorso Internazionale per l'Arredo urbano[19]. Nel 1989 espone per la prima volta in Corea presso la Galleria d'Arte Moderna di Seoul mentre due anni più tardi realizza presso il Ceramic Cultural Park di Shigaraki in Giappone l'opera permanente "Il Vento e le stelle"[20]. Espone a Pechino nel 1992[21] e lo stesso anno realizza un bassorilievo permanente all'ingresso della stazione ferroviaria di Gijon in Spagna[22]. Trasferisce definitivamente il suo studio a Todi e inizia una lunga attività in Umbria particolarmente a Torgiano che ospita un museo a lui intitolato e diverse opere permanenti open air.
Il 2000: Cina e Corea
Nel 2000 a Coimbra in Portogallo inserisce venti grandi sculture permanenti nella Piazza "La Rotunda". Nel 2005 il Clayarch Gimhae Museum in Corea lo invita per una personale e acquista due opere da destinare alla collezione permanente. Nel 2008 viene invitato a Guangzhou in Cina per un'esposizione ed una serie di conferenze e workshop sulla ceramica contemporanea. Nel 2010 ancora al Clayarch Gimhae Museum viene invitato come primo artista a partecipare ad una mostra intitolata Master Show[23].