Multiplices inter è un'allocuzione di Pio IX pronunciata il 25 settembre 1865 nella quale si rinnova la condanna dell'appartenenza dei cattolici alla massoneria e alle sette segrete.
Contenuti
In apertura del discorso, Pio IX entra subito in argomento individuando la Massoneria"fra le molteplici macchinazioni e le astuzie con le quali i nemici del nome cristiano osarono assalire la Chiesa di Dio, e si sforzarono, benché inutilmente, di rovinarla e di distruggerla" e definendola una "perversa società di uomini ... la quale prima si unì nei nascondigli e nelle tenebre, e poi uscì fuori con impeto, a comune danno della religione e della società umana". [1]
Pio IX ricorda poi che già molti predecessori hanno espresso la loro condanna alla società massonica:
«I Romani Pontefici Nostri Predecessori, memori del loro ufficio pastorale, appena ne scoprirono le insidie e le frodi, stimarono opportuno non indugiare ad arrestare con la loro autorità, a colpire con la sentenza di condanna, come una lancia, e a disperdere quella setta, la quale esprimeva scellerataggine e fabbricava molti e nefandi mali contro le cose sacre e pubbliche. Invero Clemente XII Nostro Predecessore, con le sue Lettere apostoliche proscrisse e riprovò la setta medesima, e sotto pena di scomunica da incorrersi ipso facto e da assolversi soltanto dal Romano Pontefice, proibì a tutti i fedeli non solo di iscriversi ad essa, ma anche di promuoverla ed aiutarla in qualsiasi maniera. Benedetto XIV confermò poi in una sua Costituzione questa giusta e dovuta sentenza di condanna e non tralasciò di eccitare i sommi Principi cattolici, affinché contribuissero con tutte le forze e le cure per estirpare questa perdutissima setta, e per allontanarla a comune salvezza.[1]»
Ricorda che i suoi predecessori Pio VII e Leone XII estesero analoga condanna anche alla Carboneria e alle altre sette segrete anticlericali:
«Inoltre, non deponendo i malvagi il loro furore, Pio VII, Nostro Predecessore, fulminò con anatema la setta dei Carbonari, nata di fresco e diffusa ogni dove, specialmente in Italia; e Leone XII, acceso di pari amore per la salute delle anime, con sue Lettere apostoliche condannò, e proibì a tutti i fedeli, sotto la gravissima pena della scomunica, tanto quelle prime società clandestine, che abbiamo menzionate, quanto le altre, qualunque esse siano e comunque si chiamino, le quali cospirano contro la Chiesa ed il potere civile.[1]»
Il pontefice afferma poi che la clandestinità e il vincolo di segretezza imposto agli iniziati sono sintomo evidente di empietà e nefandezza perché, citando le sacre scritture: "chi opera male, ha in odio la luce"[1].
Prosegue inoltre:
«Occorre dire quanto dissimili da queste sono le pie società dei fedeli, che fioriscono nella Chiesa Cattolica! In queste niente vi è di celato o di nascosto; sono manifeste a tutti le leggi con cui si reggono; sono manifeste le opere di carità che si esercitano secondo la dottrina del Vangelo. Eppure queste associazioni cattoliche così salutari, così opportune a dare eccitamento alla pietà, e conforto ai poveri, non senza dolore vediamo in alcuni luoghi osteggiate, ed in altri anche soppresse; mentre al contrario viene favorita od almeno tollerata la tenebrosa setta Massonica, tanto nemica della Chiesa di Dio, tanto pericolosa per la sicurezza dei Regni.[1]»
Detto ciò, Pio IX conferma espressamente la condanna alla Massoneria dei suoi predecessori:
«Venerabili Fratelli, e qui nel consesso vostro confermando le ricordate Costituzioni dei Nostri Predecessori, con la Nostra autorità apostolica riproviamo e condanniamo quella setta Massonica e le altre società dello stesso genere, che con la diversità delle sole apparenze si costituiscono di giorno in giorno e congiurano contro la Chiesa e le legittime potestà, sia in pubblico come in privato; vogliamo che da tutti i fedeli di Cristo di ogni condizione, grado e dignità, ed in qualunque luogo della terra si trovino, esse siano tenute come proscritte e come riprovate con le stesse pene che sono contenute nelle sopra citate Costituzioni dei Nostri predecessori.[1]»
Ne consegue l'ammonimento ai fedeli a tenersi lontani dall'organizzazione segreta:
«Con paterno affetto dell'animo Nostro ammoniamo ed eccitiamo i fedeli, che per caso si fossero iscritti a tali sette, che vengano a più sani consigli, e che abbandonino quei gruppi funesti e quelle conventicole affinché non precipitino nel baratro dell’eterna rovina; altresì per la sollecita cura delle anime, da cui siamo stimolati, esortiamo tutti gli altri fedeli affinché si guardino dalle ingannevoli parole dei settari, che mostrando una certa apparenza di onestà con odio acceso sono spinti contro la religione di Cristo e contro i legittimi Principati, ed a questo solo tendono ed operano: a manomettere tutti i diritti, tanto divini quanto umani. Si rendano conto che questi seguaci delle sette sono come lupi che, coperti della pelle di agnelli, come Gesù Cristo predisse, verranno a sterminio del gregge; intendano che debbono essere tenuti nel numero di coloro la cui consuetudine e compagnia l’Apostolo ci proibisce in tal maniera, che apertamente comandò che neppure li salutassimo.[1]»
L'allocuzione si conclude con la richiesta di intercessione a Dio da parte della Vergine Maria.[1]