Storia delle unità di misura utilizzate in Lombardia fino al XVI secolo.
Secondo gli scritti di Angelo Mazzi, nel secolo XI a Milano vennero adottate unità di misura derivate da quelle romane e longobarde:[1]
Nella rubrica XXXI del Liber consuetudinum Mediolani del 1216 erano raccolte alcune indicazioni per le unità di misura milanesi.[2] Il campione di riferimento per le unità di lunghezza era dato dalla pietra della Pescaia (de Piscaria). Le unità di peso dovevano essere in metallo; la libbra giusta (libra iusta) era di 28 once con possibilità di errore di sei denari in eccesso e due denari in difetto; la libbra sottile da 12 once era valida se entro tre denari in eccesso e due in difetto.
Per l'anno 1228 Bernardino Corio cita una riforma delle unità di misura e di peso, senza specificarne i dettagli.[3] Con questa riforma, secondo il Mazzi, venne modificato il valore dello staio per gli aridi: uno braccio cubo passò da 16 staia a 12 staia, cioè uno staio passò da 108 a 144 once cubiche del braccio.[1]
Negli Statuti del XIV sec. era considerato come campione del braccio milanese quello inciso in una pietra presso il Broletto. Nel 1775 tale campione era indicato come non più esistente,[4] mentre nel 1778 si indicava una pietra nel terreno in Piazza Mercanti posta di fronte alla Casa dei Panigarola con incise tre diverse misure di lunghezza,[5] forse i tre antichi bracci (braccio da seta, braccio da legname, braccio da panno) in uso a Milano prima della riforma del 1781.
Il braccio da seta e quello da panno erano in uso fin dal XIV sec. e chiamati rispettivamente anche braccio minore e braccio maggiore.[4] Secondo alcuni autori, in origine costituivano rispettivamente un quinto e un quarto del trabucco.[6]
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