Duecento anni dopo, il dottor Choma Kruvajan e il suo assistente Andrej Gorobec penetrano nella cripta dove è stata sepolta la donna. A causa di un incidente, viene riportata in vita. La megera inizia, così, ad attuare la sua vendetta. A scontarne le conseguenze sarà la principessa Katia. Asa, infatti, cerca di impossessarsi del suo corpo, notando le incredibili somiglianze fisiche della nobile.
Per realizzare il copione, De Concini e Bava si ispirarono alla novella Vij di Nikolaj Vasil'evič Gogol', testo a cui il cineasta era particolarmente legato.[2]
Regia
È l'esordio di Mario Bava dietro la macchina da presa. Con un budget ridotto, il cineasta è riuscito a ricreare atmosfere gotiche e tenebrose negli studi Titanus di Roma, curando in prima persona anche gli effetti speciali e la fotografia. Da sottolineare, inoltre, la già elaborata tecnica registica dell'autore. Nella pellicola sono presenti numerosi piani sequenza, dettati da movimenti scorrevoli e precisi della macchina da presa.[3]
Cast
Grazie a questo film, Barbara Steele venne, in seguito, scritturata in tantissime pellicole horror. Per questo motivo, è considerata la "regina del gotico italiano".[4]
Mario Bava e Barbara Steele non andarono, in principio, d'accordo. Successivamente, i due si riappacificarono. L'attrice, in varie interviste, lo ha ricordato come un ottimo regista, oltre che «un vero gentiluomo».[5]
Riprese
Le riprese iniziarono il 28 marzo 1960 e terminarono il 10 maggio 1960.
Girato tra Roma e la provincia, la dimora della principessa Katia è, in realtà, il Castello Massimo di Arsoli.
Colonna sonora
L'edizione musicale italiana è stata curata da Roberto Nicolosi. A dirigere l'orchestra fu, invece, il maestro Pierluigi Urbini.
Esiste una versione americana, completamente differente, composta da Les Baxter.
Distribuzione
L'opera fu esportata all'estero e ottenne un ottimo successo di pubblico. In particolare, riscosse buoni incassi negli USA tanto che, ancora oggi, il film è considerato un cult. Quando uscì in America, venne inserito come double feature insieme a La piccola bottega degli orrori di Roger Corman.
In Italia, La maschera del demonio passò inosservato. Venne vietato ai minori a causa di alcune scene particolarmente violente per l'epoca. Nel Regno Unito, fino al 1968, fu addirittura bandito.
«È l'esordio nella regia di Bava, grande direttore della fotografia e geniale mago di trucchi che qui, appoggiandosi a un suggestivo apparato scenografico, esaltato da una fotografia virtuosistica che determina l'atmosfera, gli spazi, le emozioni, si cimenta in un esercizio di delirante necrofilia»
«Acclamato dai cinefili inglesi e francesi (...) resta ancora oggi semisconosciuto nel suo Paese (...) Fu un modello per molti registi italiani di horror»