Karl Löwith (Karl Loewith) (Monaco di Baviera, 9 gennaio 1897 – Heidelberg, 26 maggio 1973) è stato un filosofo tedesco di origini ebraiche, allievo di Martin Heidegger.
Nato in una famiglia di origine ebraica, si laureò in filosofia: ferito al fronte, poté partecipare alla celebre conferenza La scienza come professione, in cui Max Weber "aveva sostenuto che gli autentici eredi delle sue idee sarebbero stati i soldati che avrebbero fatto ritorno dal fronte: la generazione della Prima guerra mondiale. E così fu. (...) Löwith sarebbe diventato uno dei primi allievi di Heidegger, responsabile con molta probabilità di una serie di formulazioni di notevole intonazione weberiana nel primo Heidegger"[1].
Nel primo dopoguerra si diede all'insegnamento, ma fu costretto a lasciare la Germania nel 1933 durante il periodo nazista, a causa delle persecuzioni antisemite.
Si rifugiò in Italia, poi in Giappone fino al 1941 e infine negli Stati Uniti; tornò in patria nel 1952 per insegnare filosofia all'università di Heidelberg, città in cui morì.
Le sue due opere più famose sono Da Hegel a Nietzsche (Von Hegel bis Nietzsche, 1941) e Significato e fine della storia, quest'ultima pubblicata in inglese nel 1949 col titolo Meaning in History e in tedesco nel 1953 col titolo Weltgeschichte und Heilsgeschehen.
Nel primo libro Löwith analizza il pensiero filosofico successivo a Hegel: entrato in crisi il sistema hegeliano, subentrano le nuove prospettive dell’esistenzialismo (Kierkegaard) e del materialismo storico (Marx), fino alla radicale critica della filosofia portata avanti da Nietzsche.
In Significato e fine della storia l’autore sottopone a dura critica la filosofia della storia, come individuazione di un principio unico a cui sia sottoposto il processo storico e che consenta di prevederne il futuro. La filosofia della storia è tipica della modernità, essendone estranei sia il pensiero greco (che concepiva un tempo circolare) sia il pensiero cristiano-medievale (che concepiva un tempo lineare, ma privo di eventi significativi dopo l’Incarnazione). Essa rappresenta una secolarizzazione della prospettiva biblica di una provvidenza divina e di un futuro escatologico, a cui viene sostituito il concetto mondano di progresso. Questo schema si ritrova in modo inconsapevole in filosofi moderni pur privi di coscienza religiosa, come Condorcet, Comte, Hegel e Marx. Tali tentativi, volendo sostituire la fede con un sapere (fittizio), sono destinati al fallimento, perché a livello empirico la storia non mostra né senso né scopo.
Altro testo fondamentale del filosofo è Nietzsche e l'eterno ritorno (Nietzsche Philosophie der ewigen Wiederkehr des Gleichen) pubblicato per la prima volta nel 1935 e ripubblicato ampliato nel 1956. Il testo è affiancabile alle monografie di Karl Jaspers (Nietzsche. Introduzione alla comprensione del suo filosofare) e di Martin Heidegger (Nietzsche). Il testo pone al centro della filosofia di Nietzsche proprio l'eterno ritorno dell'uguale come è presentato dal filosofo in La gaia scienza e in Così parlò Zarathustra. In III,2,b,4 del testo Löwith giunge ad affermare l'impossibilità di conciliare l'eterno ritorno nei suoi due significati fondamentali: cosmologico e antropologico. La teoria contenuta in questo testo sarà di fondamentale importanza per le analisi future[2].
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